Coronavirus a Villa San Giovanni: le proposte del Comitato del Commercio villese

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Coronavirus a Villa San Giovanni, il Comitato del Commercio villese: “in questa disperata situazione occorre prendere coscienza che l’esercizio di quel principio generale di solidarietà ci consentirà di venirne fuori, tutti insieme”

“I commercianti e in genere l’imprenditoria villese non chiede privilegi ma nemmeno vuole essere danneggiata da una situazione di generale difficoltà, derivante non da scelte individuali ma da una pandemia che ha colpito il mondo intero. La preclusione ad esercitare l’attività o, per alcuni, l’obbligo a proseguirla per garantire una pubblica necessità, quindi in condizioni ridotte e con evidente calo di fatturato, non può tradursi in un costo che ricade esclusivamente su quanti hanno scelto di esercitare un’attività imprenditoriale con evidenti riflessi sociali”, è quanto scrive in una nota il Comitato del Commercio Villese. “Il Governo Centrale, Regionale e Locale e più in generale tutte le pubbliche istituzioni -prosegue la nota- devono comprendere che l’obbligo di chiusura ovvero l’obbligo di tenere aperte le attività, non costituisce una scelta imprenditoriale autonoma ma risponde ad una esigenza di salvaguardia della salute pubbliche disposta dal Governo ma i cui costi devono, equamente, ricadere su tutte le categorie sociali. Un approccio di questo genere deve portare ad una ridistribuzione dei costi che non può essere sopperita con il solo sforzo dell’Amministrazione Centrale che rischia di essere vanificato dagli oneri derivanti dalla necessità del mantenimento in vita di attività che comporta non solo il pagamento di utenze ma anche di affitti troppo spesso esosi che lasciano, in questo contesto, le imprese prive di liquidità con riflessi negativi anche sulla vita familiare. A nulla, peraltro, valgono i tentativi di affrontare in sede centrale il tema del credito d’imposta o il blocco degli sfratti. Il primo perché è una misura che interviene a posteriori, una volta che il rateo d’affitto è stato già saldato, con un recupero parziale; la seconda perché una volta superata la fase d’emergenza, l’esigua liquidità non consentirà di raggiungere un accordo con il proprietario dell’immobile e spesso il riavvio delle procedure di sfratto verrà utilizzato come alibi per raggiungere fini diversi”.

“Occorre dunque affrontare questo tema – aggiunge– nella sua complessità, senza lasciare al buonsenso delle parti le intese che finiscono comunque per recare danni bilaterali, facendo in modo che le Amministrazioni locali diventino parte di un percorso virtuoso dentro il quale i costi vengano equamente divisi. In questo senso lanciamo un appello al Sindaco e all’Amministrazione Comunale affinché si facciano promotori, insieme alla Camera di Commercio e all ‘ associazione dei proprietari immobiliari per trovare un punto di equilibrio capace di soddisfare tutti gli interessi in campo. In questo senso noi riteniamo di poter proporre una piattaforma rivendicativa che veda da una parte una riduzione degli affitti di almeno il 50% per i mesi in cui le attività siano rimaste chiuse ovvero abbiano operato a regimi minimi con la possibilità che la restante quota venga versata ai proprietari immobiliari in modo dilazionato una volta che le attività abbiano raggiunto, quanto meno, il 70% della loro operatività. Dal canto suo, tuttavia, le pubbliche amministrazioni dovranno farsi carico di avviare iniziative agevolative, in pari percentuale, sulle tasse e imposte a carico dei proprietari immobiliari e di introdurre una norma a termine che consenta il pagamento delle tasse sul totale incassato dai proprietari. Il tutto attraverso un accordo per il quale dovrà essere esclusa qualsiasi spesa di registrazione. D’altro canto, in questa disperata situazione occorre prendere coscienza che l’esercizio di quel principio generale di solidarietà ci consentirà di venirne fuori, tutti insieme”, conclude la nota.

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