Reggio e la Calabria dopo il Coronavirus: quali prospettive?
Calabria, estremo Sud d’Italia e d’Europa, regione meravigliosa quanto isolata, confine territoriale del Vecchio Continente ai confini dell’economia italiana ed europea.
In attesa del Piano Marshall del ventunesimo secolo, in cui la solidarietà europea non riesce a sfondare il muro degli interessi economici, gli Stati dell’UE discutono e non si accordano su Coronabond ed Eurobond, MES e MES light, Fondo Salva-Stati e cassa integrazione europea, in un braccio di ferro in cui gli equilibri già fragili rischiano di cedere definitivamente.
Il Governo italiano spara tutta la sua potenza di fuoco per il sostegno economico, ma non risponde alle esigenze di cittadini e imprese di liquidità immediata e si scontra con la nota burocrazia nazionale e con sistemi difficilmente pronti ad affrontare l’estrema esigenza di celerità.
Il Sud, in genere, registra un consumo pro-capite che non ha più raggiunto i livelli del 2008, ha un livello occupazionale nettamente inferiore a quello del Nord e fattori demografici di spopolamento e di emigrazione che non accennano a diminuire. Un altro elemento interessante da analizzare per costruire un quadro realistico è che la spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche al Sud nel decennio 2008-2018 ha anch’essa il segno meno, attestandosi a – 8,6%, contro il +1,4% del Centro-Nord.
Un esempio tra tutti, in questo momento, è la Sanità. La scelta di adottare le stesse misure di contenimento in tutta Italia, in aree toccate dal virus in modo così differente, nasce innanzitutto dalla necessità di contenere al minimo la diffusione, per l’assoluta incapacità strutturale della Sanità di affrontare un eventuale aumento dei casi. La Sanità calabrese, commissariata da anni, non avrebbe potuto in alcun modo sostenere un’onda d’urto simile a quella lombarda.
Analizzato il divario tra nord e sud d’Italia, non si può tuttavia dimenticare che anche l’Italia produttiva del Nord risulta in netta difficoltà rispetto all’Europa centro-settentrionale che ha ritmi di crescita ben più sostenuti. Al punto che l’Italia è il Sud d’Europa non solo in senso territoriale, ma nella stessa accezione del rapporto tra sud e nord Italia.
Questo è il punto in cui ci siamo fermati e il contesto economico su cui dobbiamo ragionare. Ribaltiamo questi dati nella drammatica situazione odierna.
La crisi post-Covid sarà ben più impattante della crisi del 2008, con una perdita di PIL eccezionale e una crisi sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda senza precedenti. Tutti gli economisti ci prospettano una catastrofe economica, non quantizzabile, non conoscendo i tempi di contenimento dell’emergenza sanitaria, al punto di parlare di depressione globale.
Sembra passata un’eternità, concentrati come siamo sul tempo surreale che stiamo vivendo. Oggi stiamo a casa e abbiamo lasciato quel tempo, lì immobile. E mentre Il Nord Italia inginocchiato dal Virus, che da solo conta il 30% del Pil italiano, preme per riaprire, noi, soltanto sfiorati, fortunatamente, dal Virus, come riapriremo?
Agricoltura, turismo slow, economia green, vaste aree verdi e incontaminate, bassi livelli di inquinamento, cultura, mare, clima, solo per citare alcune parole chiave, sono un potenziale immenso di sviluppo sostenibile proprio nei settori che potrebbero fare la differenza in un pianeta che chiama aiuto e davanti ad un radicale cambiamento economico e sociale.
Non è tutto perso, ma la prova di responsabilità non terminerà con l’emergenza sanitaria, la prova di responsabilità sarà quella di rinascere dalle macerie che erano già precedenti alla pandemia, perché il Sud, la Calabria e Reggio siano il centro del Mediterraneo e non le ultime periferie dell’Italia e del vecchio continente.