Rete 34+ scrive di nuovo alle Istituzioni evidenziando gravi violazioni dei principi democratici e giuridici da parte del sindaco di Messina
Riportiamo di seguito la nota inviata inviata ieri da Rete 34+ al Premier Giuseppe Conte, al Ministro degli Interni Luciana Lamorgese, al Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e al Prefetto di Messina Maria Carmela Librizzi:
“Sin dall’inizio di questa vicenda avevamo segnalato alle istituzioni che a vario titolo potevano svolgere una funzione di controllo oltreché sanzionatoria, la scelta strategica deliberatamente assunta dal Sindaco di Messina di introdurre un sistema di costante e volontaria conflittualità tra i vari livelli di Governo, facendo surrettiziamente passare l’idea di una equiparazione giuridica tra fonti statali, fonti regionali e ordinanze comunali, e rendendo vistosamente pubbliche le presunte incongruenze dei provvedimenti via via adottati dal Governo, al punto da fare ritenere che esse fossero soggette a sostituzione, integrazione e modifica come se si trattasse di misure equivalenti quanto a forza ed efficacia.
Il compito di vigilanza sull’attività normativa eccezionale dei Sindaci è affidato ai Prefetti, quali titolari degli uffici territoriali di Governo. Per fornire alle autorità amministrative indicazioni operative maggiormente dettagliate, il Ministro dell’Interno, il 26 marzo 2020, ha emanato una circolare sulle misure atte a fronteggiare l’emergenza sanitaria. La circolare specifica ulteriormente che le ordinanze sindacali adottate per ragione di sanità possono essere emanate solo ed esclusivamente nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri con efficacia limitata fino a tale momento e solamente per specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario nel territorio del comune interessato.
Per quanto detto, in radice è interdetto ai Sindaci un potere di ordinanza, conseguenza ovvia della natura mondiale dell’epidemia e quindi della stringente necessità di un ordine costituzionale volto ad assicurare un trattamento omogeneo dei diritti fondamentali in tutto il territorio nazionale. Difatti, il sempre richiamato ricorso ai canoni di adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità delle misure, può essere realizzato soltanto attraverso una visione generale e scientificamente probante degli interventi. Inoltre i delicati bilanciamenti tra diritti e libertà fondamentali non possono ovviamente soffrire deroghe di natura territoriale, ma vanno operati in via generale e, peraltro, con la copertura di un provvedimento avente forza legislativa qual è il decreto legge, assicurando così la conformità costituzionale degli interventi anche in un momento di straordinaria portata mondiale e di ovvio allentamento dei vincoli di natura sostanziale e procedimentale. In particolare, il punto più inquietante dello straripante protagonismo politico-istituzionale del Sindaco di Messina si registra in relazione alla disciplina da applicare per ciò che concerne l’attraversamento dello Stretto.
Si tratta di un atto di inaudita gravità, poiché si esplicita l’aberrante principio secondo cui la libertà di circolazione sul territorio nazionale sia disciplinabile e comprimibile attraverso un’ordinanza del Sindaco, peraltro totalmente vietata dalle norme che abbiamo citato. Inoltre, in tempi meno drammatici, apparirebbe perfino puerile e grottesca l’affermazione secondo cui la “proprietà” del suolo comunale legittimerebbe l’adozione di norme che possano interdirne o negarne il passaggio.
Una sorta, pertanto, di potere di tipo feudale e personale insopportabile per uno Stato che, anche nell’emergenza, vuole preservare i suoi valori fondanti iscritti nella Costituzione Repubblicana. Dunque, siamo ben oltre quella rottura unilaterale e volontaria del principio di leale collaborazione istituzionale che, sin dall’inizio, e con preoccupazione, avevamo segnalato. Senza, peraltro, confortanti riscontri.
Siamo all’affermazione di un potere sovraordinato e dunque illegale. Se ciò non verrà adeguatamente contrastato nelle sedi previste dall’Ordinamento, si giungerà a tollerare che la sola forza, un presunto o reale consenso, e il mero fatto, divengano l’origine della validità delle Norme, secondo un classico del pensiero costituzionalistico che ha avuto la sua concreta realizzazione nei periodi storici più bui.
Non si tratta quindi di richiedere o invocare un’astratta autorità dello Stato, ma, al contrario, di richiedere un corretto funzionamento dei poteri di controllo e di garanzia, poiché, dall’inizio dell’emergenza coronavirus, in questa città, si sta attentando a libertà e a diritti costituzionalmente preziosi, non ultimo quello alla sicurezza giuridica già indebolito per la straordinaria vicenda che stiamo vivendo, ma ancor più fiaccato da un dissennato e abusivo intervento regolativo del Sindaco.
Concludendo, si vuole altresì evidenziare come il suddetto Sindaco stia gestendo l’emergenza con chilometriche e alluvionali dirette social. Non c’è dubbio che, a parte la veste formale, si tratti di comunicazione istituzionale, poiché si tratta del Sindaco, poiché si opera all’interno di sedi pubbliche come quella della Protezione Civile, poiché si utilizzano beni materiali e immateriali dell’Amministrazioni, poiché si utilizzano informazioni istituzionali di cui si è in possesso in ragione del proprio ufficio.
In ragione della totale esclusione della stampa da ogni contraddittorio o richiesta di approfondimento, nonché del Consiglio comunale da ogni compartecipazione alle decisioni, riteniamo altresì che si stiano anche qui violando platealmente i principi di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione, di rispetto del principio del contraddittorio nell’ambito della comunicazione pubblica, dell’accertamento della verità dei fatti che sono, come saprete benissimo, manipolati e alterati nel corso di queste dirette, e anche dei diritti alla dignità personale e alla riservatezza. Tutto ciò, ovviamente, determina un ulteriore vulnus a diritti e a libertà fondamentali, primo fra tutti quello del diritto all’informazione e alla conoscenza come condizione essenziale per l’esercizio di una cittadinanza democratica.