“Alla base della diffusione del Coronavirus ci sono solo le condizioni climatiche. E non è una grande novità”
“Il Coronavirus è in Italia da ottobre” sostiene Pasquale Mario Bacco, medico legale pugliese, intervistato dal giornale scientifico MeteoWeb. A questa conclusione Bacco è arrivato insieme al suo gruppo dopo mesi di ricerche, di dati incrociati e di volontà di capire quali fossero le vere origini del Sars-Cov2 e soprattutto quando davvero il nuovo Coronavirus sia arrivato in Italia. “Abbiamo trovato una concentrazione molto elevata di positivi tra fine febbraio e inizio marzo nel bresciano, con una concentrazione dell’81% di anticorpi di tipo G (cosiddetti ‘vecchi’), ovvero quelli che maturano tardivamente nelle infezioni. Ciò implica un salto di circa tre mesi e mezzo indietro, e indicando dunque una data tra il 15 e il 20 ottobre come momento in cui questi soggetti abbiano contratto il Coronavirus, abbiamo anche arrotondato per difetto“, precisa Bacco. Dunque se i soggetti presi in esame hanno contratto il virus in quel periodo, è assodato che in Italia, ad ottobre, circolasse già.
“In Toscana, Emilia, Piemonte, Lombardia e Veneto, i medici hanno registrato concentrazioni di polmoniti interstiziali mai avute prima in Italia – prosegue il dott. Bacco –. A ottobre a Brescia ci sono state molteplici polmoniti collegate alla legionella, definite polmoniti atipiche. Mai negli ultimi decenni, in Italia, si era verificata una concentrazione così elevata di polmoniti. Il virus è presente da molto più tempo di quello che noi pensiamo, ma è probabile che per diventare maggiormente aggressivo debba trovare le condizioni climatiche ideali”.
E in merito al vaccino? “Il vaccino servirà a ben poco. Il virus muta. Quello del morbillo, ad esempio, resta sempre uguale, quindi l’anticorpo rimane stabile e il vaccino ha un senso e soprattutto una enorme utilità. Nel caso del Coronavirus non è e non sarà mai così”. “E’ evidente che ci sono cose che noi non sappiamo – confida il medico –. Io non ho sponsor, non ho un marketing dietro. Della nostra ricerca si è parlato su molti giornali europei, ma mai in Italia, o almeno non senza cadere nella polemica politica e nella speculazione. Non è questo che io e i miei collaboratori vogliamo: noi vogliamo solo che ciò che abbiamo visto noi sia noto a tutti, perché sul Coronavirus c’è molta disinformazione“.