Tifoso Reggina aggredito a Soverato, quando il “se l’è cercata” è ancora peggio del gesto stesso…

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Tifoso Reggina aggredito a Soverato, a far più paura del gesto stesso è chi condanna il ragazzo perché “se l’è cercata”…

Siamo nel 2020. La civilizzazione dell’uomo dovrebbe aver raggiunto un grado abbastanza rassicurante. Abbiamo scoperto la ragione, abbiamo imparato a parlare e ad adattarci alla vita sulla Terra, abbiamo imparato a cacciare per sopravvivere. E ancora abbiamo inventato la ruota, la pila, abbiamo fatto passi avanti sulla tecnologia nell’ultimo secolo.

Perché tutto ciò? Non vuole essere questa una puntata di Piero Angela, ma quantomeno far capire che, dopo tutte queste invenzioni, dopo tutti questi passi avanti, ancora ci si trova a dover commentare, nel 2020, l’aggressione di più persone ad un ragazzo solo perché indossava una semplicissima maglia celebrativa di una promozione. Il riferimento è ovviamente a quanto avvenuto ieri a Soverato, dove il tifoso reggino Filippo Forti è stato aggredito da alcuni soggetti in uno stabilimento balneare. Fermo restando che la violenza va condannata a prescindere, il ragazzo aveva per caso una maglia con su scritto “Catanzaro vaffa”? No. Forse c’era scritto “Catanzaro m***a”? No. C’erano riferimenti storici, culturali o insulti razzisti e offensivi verso la città di Catanzaro? No. Catanzaro, città e squadra, non c’entravano proprio niente. La maglia sarà stata sicuramente acquistata giorni fa, dopo la notizia della promozione in B della Reggina, ed era celebrativa della splendida impresa condotta dalla squadra amaranto.

Ma ciò che fa ancora più male, e fa pensare che “forse stiamo sbagliando completamente strada”, è leggere i commenti sui social di chi condanna addirittura lo stesso ragazzo. Se l’è cercata, dicono. “Non si va in una città calcisticamente rivale con la maglia della tua squadra del cuore”, dicono. “E’ chiaramente una provocazione, e che adesso si prenda la reazione”, dicono.

Insomma, lo schifo dello schifo più assoluto. Ancora peggio del gesto stesso. Viene da pensare a tutte quelle donne aggredite o violentate perché “camminavano in minigonna”. Un modo di pensare già vecchio di 20 anni, eppure ancora radicato nella società attuale. Sia chiaro, non si vuole qui generalizzare. E’ sempre sbagliato farlo, in qualsiasi occasione. C’è chi ha condannato il gesto, e menomale, ma il pensiero di tanti altri fa riflettere. E tanto. E quei “tanti altri” non sono pochi, questo è certo. Basta scorgere le bacheche Facebook, tempestate da commenti sull’argomento, per capire subito la strana direzione che ha preso la vicenda.

Il calcio, Signori, è un gioco. Va vissuto con passione, tifo, ansia, delusione, rabbia per il risultato, ironia (!!!), gioia. Ma forse, qualcuno, continua a non capirlo. E, così, rimarremo ancorati alla società di 40 anni fa…

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