I Moti di Reggio 50 anni dopo e lo speciale di StrettoWeb, il racconto del 22 luglio 1970: la tragedia del direttissimo Palermo-Torino, avvenuta a Gioia Tauro colpisce Reggio Calabria, che ferma le proteste
Nella notte scontri fra manifestanti e carabinieri, colti da lanci di pietre e bottiglie molotov. Le rappresaglie si calmano durante la giornata, poi nel pomeriggio Reggio si ferma per la tragedia del direttissimo Torino-Palermo in cui persero la vita sei persone. Continua così la speciale rubrica di StrettoWeb che rivive quei giorni di protesta per la città grazie alla ricostruzione del libro “Buio a Reggio” scritto da Luigi Malafarina, Franco Bruno e Santo Strati nel 1972 e pubblicato da Parallelo 38:
Lo strascico delle manifestazioni di Villa S. Giovanni si protrae per tutta la notte. Alle ore 1, sull’autostrada all’uscita della seconda galleria, una colonna della Celere viene attaccata dall’alto e fatta bersaglio di pietre e bottiglie molotov.
I «celerini» che da Villa sono diretti ai loro acquartieramenti a Reggio, riescono ad aprirsi un varco con lo sparo di gas lacrimogeni. I «commandos» si ritirano sulle montagne che costeggiano il tratto autostradale.
Anche l’ingresso in città, allo sbocco di via Montevergine, è difficoltoso, e la colonna per poter passare deve farsi precedere da una cinquantina di agenti a piedi che hanno il compito di sgomberare le barricate innalzate lungo tutte le strade del rione S. Caterina.Ore 2: lo stesso gruppo di «commandos», allo stesso posto, intercetta una colonna di carabinieri che sta per rientrare in città: piovono ancora pietre e bottiglie incendiarie dall’alto, e tra i carabinieri si registrano diversi contusi. Tuttavia la colonna forza l’ostacolo e giunge in città dove la situazione si presenta calma. Il comitato d’agitazione sospende lo sciopero generale.
Tutta la mattinata, a Reggio, trascorre tranquilla. Commenta l’inviato di un giornale francese:
«Il solleone di oggi anziché accendere gli animi dei reggini, li ha consigliati a cercare riparo al gran caldo, sulle belle spiagge cittadine o in montagna. L’asfalto sudato, e quasi liquefatto dai cocenti raggi, ha sconsigliato ogni lotta. L’apatia, logica conseguenza del gran caldo, deve aver permeato anche i dimostranti più accesi e i commandos più agguerriti. È anche questa, una giornata di lotta per ambo le parti, polizia e dimostranti, ma il nemico stavolta è comune: è lo stesso caldo afoso che ha consigliato i reggini ad abbandonare ogni velleità e costringe la Celere a fare i turni per rinfrescarsi nelle acque del Lido della polizia, a Pentimele».Ore 17,10. Nella sede scambi di entrata della stazione di Gioia Tauro, deraglia il direttissimo Palermo-Torino. Sei i morti e quasi cento i feriti. Questi i nomi delle vittime del più terrificante deragliamento ferroviario che si sia mai verificato nella provincia reggina: Andrea Gangemi, 60 anni, da Palermo; Adriana Vassallo, 22 anni, da Agrigento; Rosa Fazzari, 68 anni, da Catania; Rita Cacicia, 35 anni, da Bagheria: Letizia Palumbo, 48 anni, da Casteltermini; Nicolina Mazzocchio, 60 ani, da Casteltermini. Cinque di esse si recavano a Louders,
Scrive Gazzetta del Sud:
«Il treno del sole era come una lunga biscia nera schiazzata di sangue, il parroco del Duomo, con la stola violacea, passava lungo l’interminabile convoglio di dolore per dare l’estrema unzione ai morti, inginocchiandosi accanto ai corpi martoriati».La scena del disastro così si presenta: il locomotore e le prime cinque vetture sono ferme a trenta metri dalla stazione, la sesta vettura è deragliata su un asse, la settima è deragliata su quattro assi, come pure l’ottava (vagone letto). La nona vettura (cuccette di II classe) è ribaltata sul terzo e quarto binario, dopo un volo di circa cinquanta metri. La decima vettura (cuccette miste di I e II classe) si trova ribaltata a una distanza di circa sessanta metri dal lato del cavalcavia di Palmi (tra la diciassettesima e la decima vettura c’è una distanza di circa cento metri). L’undicesima carrozza (I classe) è deragliata su tre assi. In queste tre ultime vetture ci sono stati cinque morti, mentre altri corpi si trovano imprigionati tra la nona e la decima vettura. Dalla dodicesima alla diciassettesima vettura sono tutte deragliate su quattro assi. Poi il convoglio si spezza di nuovo, la diciottesima vettura e il bagagliaio deragliano anch’essi completamente.
Il treno con circa duecento passeggeri, aveva traghettato sull’Iginia alle 14,35, proveniva da Villa e stava per entrare in stazione alla velocità di circa 100 Kmh.
Fra i passeggeri vi era una comitiva di cinquanta persone comprendente anche tre sacerdoti, diretta in pellegrinaggio a Lourdes.Racconta il capostazione di servizio di Gioia, Isidoro Mazzù:
«Ho sentito un boato tremendo, urla strazianti. Una colonna di fumo si è subito innalzata alta dal convoglio deragliato. Una scena apocalittica. Il caos più completo. I passeggeri si buttavano giù dalle vetture, cercayano spasmodicamente di afferrare i loro cari, avevano il viso annerito dal fumo e le carni straziate dalle lamiere».I vigili del fuoco, provenienti da Palmi, Cittanova e Reggio, affrontano con decisione, sotto le direttive dello ing. Cannata, il taglio delle lamiere, per cercare di estrarre al più presto i corpi dei passeggeri. Nel loro lavoro vengono coadiuvati da reparti della Celere e dei carabinieri di stanza a Reggio.
I feriti vengono condotti su autovetture agli ospedali di Reggio, Palmi, Polistena e Taurianova. Inizia in tutto il reggino la ricerca di plasma.Osserva Lino Rizzo su Il Telegrafo:
«Gli agenti sono stati fatti segno ad una calda manifestazione di simpatia, sia all’uscita delle caserme sia davanti agli ospedali da parte di numerosi reggini, che hanno apprezzato lo slancio e la solidarietà dimostrati nella dolorosa circostanza dalle forze di polizia. Infatti agenti e funzionari della questura di Reggio sono stati tra i primi ad accorrere negli ospedali per dare il sangue».Le cause del deragliamento, stando alle prime dichiarazioni del questore Santillo, sono da attribuirsi allo sbullonamento del carrello n. 2 dal corpo della nona vettura, la prima delle due rovesciatesi.
Un attentato è da escludere in quanto dieci minuti prima del direttissimo era transitato un convoglio di vetture vuote che si era fermato poi nella stazione di Gioia, per lasciare la precedenza al treno «PT».Riporta Alfonso Madeo sul Corriere della Sera:
«”Per carità, non diffamiamo la Calabria”, ci ha dichiarato il questore Santillo sul posto stesso della sciagura, fra ululati di sirene e rida di disperazione, mentre la fiamma ossidrica dei vigili del fuoco cercava, ostinata, di agevolare il tentativo per strappare al groviglio delle lamiere gli ultimi corpi straziati… La scena del disastro si è presentata agli occhi dei primi soccorritori in tutta la sua gravità. Gente che fuggiva, calpestandosi. Membra umane che sporgevano sanguinanti dal groviglio. Corpi dilaniati, sfigurati. Pianti, isterismi, paura, disperazione. Tutto intorno valigie e fagotti».Il dramma dei passeggeri del «treno del sole» provoca enorme sgomento a Reggio. Tutto si ferma. La gente resta attonita e medita.
Così Franco Pierini su Il Giorno:
«Un senso di pesante tristezza grava sulla città nelle prime ore della notte. Questa rivolta in fondo non ha reso allegro nessuno. Questa volta, e si sa perché, la rivoluzione non è ștata una festa. Reggio ha vissuto ore angosciose fino a quando non sono giunte notizie precise riguardanti il disastro di Gioia e soprattutto il fatto che le cause di esso non hanno nulla a che fare con la sommossa per Reggio capitale. I problemi della Calabria e del Sud, sono tutti in quel lungo treno affollato di emigranti che rimane la realtà, assai di più dell’orgoglio di diventare capoluogo di Regione».