Un buon Sindaco, o un buon candidato?

StrettoWeb

Reggio Calabria, i partiti si interrogano in vista delle prossime elezioni comunali: meglio un buon candidato, o un buon sindaco?

A due mesi esatti dalle elezioni comunali di Reggio Calabria, impazza il toto-candidato: chi sarà davvero, alla fine, a sfidare Falcomatà? L’impressione è che stavolta non sia soltanto una partita a due: tra centrodestra, Klaus Davi, Fabio Foti del Movimento 5 Stelle, Pazzano a sinistra e un polo civico che potrebbe riunire molti degli altri papabili aspiranti sindaci, stavolta sembra inevitabile un ballottaggio tra i due candidati che avranno ottenuto il più alto numero di preferenze al primo turno. Perchè il 50%+1 in questo momento sembra un miraggio per tutti, soprattutto in funzione del voto disgiunto che consente agli elettori di votare un candidato a sindaco di una coalizione differente rispetto alla lista e al candidato al consiglio comunale che si decide di scrivere sulla scheda. Ecco perchè, al netto di progetti politici, il nome del candidato è così importante: può infiammare i cittadini, entusiasmarli o al tempo stesso deluderli soltanto per ciò che rappresenta, a prescindere dai contenuti che andrà a sostenere. E’ la democrazia. Ma nel primo ballottaggio della storia, quello voluto da Ponzio Pilato, la gente preferì Barabba a Gesù. E allora si capisce perchè il più grande dilemma che sta letteralmente affligendo le segreterie dei partiti è quello dei candidati.

Il Pd ha risolto la questione nel modo più sbrigativo, senza le scocciature che sarebbero esplose se qualcuno avesse formalmente messo in discussione la ricandidatura di Falcomatà. In fondo la situazione locale e nazionale è quella che è, il partito è fermo al 20% e neanche quando trova un candidato civico, popolare e stimato com’è stato con Pippo Callipo alla Regione Calabria, nonostante il traino di tutti gli altri partiti di un’ampia coalizione, riesce a raggiungere il 30%. Perchè, quindi, andare a complicarsi la vita per cercare altri candidati senza ombra di dubbio migliori, magari più presentabili nei confronti della città e del suo futuro, ma comunque destinati ad una sconfitta già scritta?

Ben differente, invece, è la situazione nel centrodestra e nella società civile, che vivono un forte dibattito e un proliferare di liste e candidati da un lato sintomo della voglia di dare alla città un futuro diverso, dall’altro evidenza della consapevolezza di avere nelle mani il pallino della partita nel momento decisivo, perchè è tra questi candidati che si giocherà la vittoria.

E allora nelle segreterie dei vari partiti e nelle riunioni di assemblee, associazioni e gruppi civili, ci si interroga sul candidato. Con un quesito enorme: sarà un buon candidato? E soprattutto: una volta eletto, sarà un buon sindaco? Purtroppo spesso e volentieri una cosa esclude l’altra. I nomi che potrebbero rivelarsi maggiormente popolari al punto da assicurare una vittoria elettorale, suscitano enormi dubbi sulla riuscita del progetto politico. Al contrario, i profili delle figure che potrebbero ben figurare da sindaci trovano enormi ostacoli per la campagna elettorale: “tizio non riesce a parlare alla pancia della gente“, “caio non ha il linguaggio della politica di oggi“, “sempronio non ha neanche un profilo su facebook e instagram e vuole vincere le elezioni nel 2020? Pensa tu…“.

E così il tema, triste, drammatico, diventa tra vincere e governare. Anzi, se vincere o governare. Bisogna scegliere, o l’uno o l’altro. E vincere sembra più semplice che governare. Ma gli unici a volere soltanto un buon candidato possono essere gli avvoltoi della politica, gli speculatori dell’area grigia, gli ‘ndranghetisti che brulicano se manca una leadership sana e competente. Insomma, tutti coloro che vogliono continuare a fare i loro porci comodi e basta, come accaduto fino ad oggi.

E poi ci sono gli ingenuotti anti-sistema, quelli che ancora nonostante tutti i pasticci che l’ideologia dell’antipolitica ha provocato nell’ultimo decennio in Italia continuano a pensare che basta un volto pulito di un uomo qualunque per amministrare bene un territorio. Ma Reggio quest’esperienza l’ha già fatta con Falcomatà, e adesso non vuole un altro Toninelli o una Virginia Raggi dello Stretto. Abbiamo già dato, grazie.

Quant’è davvero importante, quindi, che sia un “buon candidato”?

Certo, bisogna vincere. Ma l’impegno dei partiti dovrà essere profuso proprio a convincere la gente di aver scelto un buon sindaco, e non un buon candidato. Per quanto la partita possa sembrare inizialmente difficile e zeppa di difficoltà, dovere morale di un partito serio è quello di scegliere un buon sindaco, non un buon candidato. Se il candidato sarà un buon sindaco, la campagna elettorale dei prossimi due mesi sarà il passaggio più difficile e complicato di tutta la legislatura. Ma superata quella, la strada si presenterà in discesa nonostante le sfide più complesse e difficili, perchè ci sarà un Comandante al timone di Palazzo San Giorgio. E con un bravo Comandante, si può superare ogni tempesta.

Se invece il prossimo sindaco era soltanto un buon candidato per le elezioni, potrebbe anche aver vinto in scioltezza la battaglia elettorale parlando alla pancia della gente, cavalcando le paure che attanagliano una città mai così depressa (e di questi tempi, dal coronavirus agli immigrati non ci vuole un genio per speculare sui timori della popolazione…), ma dal giorno dell’insediamento a Palazzo San Giorgio inizierà un nuovo incubo. Un incubo di immobilismo e abbandono che la città vive nella sua realtà quotidiana da ormai 8 lunghissimi anni. Perchè il timone sarà abbandonato a se stesso e oscillerà semplicemente sbattuto dalle onde… E allora sarà cambiato tutto per non cambiare niente.

Condividi