Cosa c’entrano le pecore?

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Il Coronavirus, le pecore e gli uomini

Di Kirieleyson -Da sei mesi il coronavirus COVID è l’argomento più discusso nel mondo.

Oltre a doverne affrontare le conseguenze, la politica ha spesso cercato di appropriarsene per i propri fini, anche se con esiti ben diversi.

Alcuni governi hanno preso subito sul serio l’emergenza sanitaria, anche emanando decreti impopolari ed i loro leader si sono trovati a vedere rafforzati il proprio ruolo.

Tra questi Giuseppe Conte, cui nessuno dava un minimo di credito quando è apparso sul palcoscenico della scena politica.

Le relative opposizioni hanno percorso strade qua e là diverse.

Da noi è prevalsa la strada della contrapposizione “a prescindere” verso le decisioni della maggioranza e delle soluzioni dalla stessa attuate, senza peraltro trovarne di migliori, arrivando al paradosso di criticare prima per i ritardi nel prendere decisioni drastiche per poi protestare per l’emanazione di “leggi liberticide”.

I leader di USA e Brasile, in ossequio al loro stile strafottente, hanno immediatamente decretato che il Covid era una semplice influenza, nonostante tale tesi venisse bocciata dai loro stessi tecnici; Johnson, che aveva invece subito scommesso sull’immunità di gregge, pensando che il relativo costo in vite umane sarebbe stato socialmente sostenibile, ha dovuto fare una rapida marcia indietro. Di fatto, tutti costoro hanno subito, al contrario dei colleghi stranieri, un rilevante calo di popolarità nel loro stesso paese (per la verità, all’estero non ne godevano tanta nemmeno prima).

Qualcuno potrebbe dedurre che i diversi atteggiamenti della politica nei confronti della pandemia (fatta qualche eccezione) sembrerebbero rifarsi ai due diversi schieramenti in cui, volenti o nolenti, è divisa la società nel mondo occidentale: destra e sinistra.

Ma sicuramente non è così.

D’altra parte non vi è alcun dubbio che si tratta di un puro caso che in generale, dove il potere si sono trovati i conservatori, storicamente inclini al “tutto va bene; all’opposizione sono tutti menagrami e le colpe sono sempre degli stranieri”, la pandemia sia stata per molto tempo ampiamente sottovalutata o addirittura negata, con la scusa di non danneggiare l’economia.

Indubbiamente il lockdown ha procurato ingentissimi danni economici, così come le restrizioni attuali ne stanno portando ancor oggi a determinati settori di attività.

Al di là di ogni dubbio, si è trattato di un danno collaterale pesante, ma difficilmente evitabile. Ma neppure la Svezia, che il lockdown non lo ha fatto, non è riuscita ad evitare una consistente diminuzione del Pil nel secondo trimestre di quest’anno.

Sicuramente alcune attività resteranno pesantemente penalizzate anche nel prossimo futuro e probabilmente non saranno sufficientemente controbilanciate dalle nuove opportunità che si andranno a creare.

Forse non sarà possibile salvare tutto ciò che c’era prima del Covid e non sarà comunque possibile continuare a fare tutto ciò che si faceva prima, nel modo in cui si faceva prima, almeno fino a quando non sarà prodotto e diffuso un vaccino.

In ogni caso, non è detto che si tornerà poi esattamente come prima.

Ma ciò è accaduto da sempre nel mondo, dopo ogni grande evento che ha coinvolto la società. 

Fino ad un secolo fa, la gente e i governanti consideravano “normale” o comunque inevitabile mandare i soldati a morte sicura per sfondare le linee nemiche, con l’obiettivo di preparare l’avanzata delle truppe scelte.

Un secolo fa il Covid sarebbe stato probabilmente confinato nell’ambito delle fatalità ineluttabili.

Oggi è ben diverso, tanto è che viene giustamente vissuto come evento straordinario e considerato lutto nazionale la morte di due soli soldati in missione e quella di una decina di cittadini a causa di un’alluvione. E ciò perché alla vita umana, qualsiasi vita umana, viene dato un valore forse prima sottovalutato.

Ecco perché l’immunità di gregge non poteva essere la soluzione alla pandemia.

Oggi inoltre esiste una consapevolezza che prima non c’era: i virus ci possono colpire, anche se siamo ampiamente civilizzati e tecnologici.

L’igienizzarsi le mani prima di entrare nei locali pubblici, stare un più distanti negli stessi, una maggiore igiene e protezione da parte degli operatori in contatto con il pubblico, l’uso di mono dosi per i condimenti da tavola, oltre a non far male, potrebbero far parte della nuova normalità. Si tratta solo di abituarsi, così come i venditori di alimentari si sono abituati a non maneggiare nello stesso tempo alimenti e soldi.

Anche le scuole, al di là delle ricette miracolose, ma inesistenti, proclamate dagli statisti balneari (che non manderanno i loro figli nelle scuole trasformate in lager), dovranno inesorabilmente adeguarsi a nuovi standard, visto l’esito della riapertura delle scuole in Germania.

Oggi, almeno in Italia, si dice che la situazione sembra essere sotto controllo: si fanno migliaia di tamponi ogni giorno, si tende a tracciare i positivi, gli ospedali sono preparati e le terapie più efficaci; inoltre, pare che la carica virale sia meno potente. Tuttavia i casi sono tornati ad aumentare pericolosamente. Ed anche se quasi tutti i positivi sono asintomatici, ciò non toglie che essi siano dei potenziali diffusori.

Il richiamo alla prudenza è quindi legittimo.

Non cadrà il mondo se per un po’ si eviterà di festeggiare in gruppo i compleanni, di fare le sagre di paese e di città e non andare in discoteca.

Diverso potrà essere comunque l’orientamento dei governi nell’adottare le contromisure che si dovessero rendere necessarie in caso di recrudescenza del virus.

Specificatamente, non più senso estendere le eventuali restrizioni che dovessero rendersi necessarie in caso di recrudescenza del virus solo a zone limitate e non ad un intero paese (come peraltro era stato fatto in Cina).

E soprattutto, non fare affidamento sull’immunità di gregge in nome della libertà di fare comunque tutto ciò che ci pare.

Perché si parla di persone e non di pecore.

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