Perchè voterò NO al Referendum sul taglio dei parlamentari

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20 e 21 Settembre gli italiani saranno chiamati al voto per il Referendum sul taglio dei parlamentari: le ragioni del NO

Al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari che si terrà 20 e 21 Settembre in Italia, voterò NO. Voterò NO perchè non ritengo sia la soluzione ai problemi del nostro Paese e del nostro Parlamento, bensì al contrario un’eventuale vittoria dei SI’ potrebbe soltanto aggravare il funzionamento, già estremamente farraginoso, della nostra democrazia. Il problema principale è quello della rappresentanza: soprattutto al Senato, con il taglio proposto dal legislatore ci sarebbero alcune Regioni che avrebbero un profondo deficit di rappresentanti parlamentari, e che quindi farebbero fatica a veder rappresentate le loro istanze in parlamento.

La riforma, concepita sull’onda dell’antipolitica per sbandierare il vessillo di aver dato un colpo alla casta, in realtà non taglia proprio nulla: le cifre del risparmio sarebbero irrisorie, l’equivalente di un caffè per un comune cittadino rispetto alle spese dello Stato. Se davvero si volesse risparmiare tagliando gli sprechi, si sarebbe dovuta fare un’altra scelta etica: tagliare i privilegi, e non i privilegiati.

Invece qui non si tocca la “casta“: nessun taglio delle indennità, degli stipendi, degli emolumenti e dei costi enormi per i relativi collaboratori, fotografi, cameraman, addetti stampa e portaborse a seguito, ma soltanto la riduzione dei beneficiari da 945 a 600. Cosa cambia per le casse dello Stato? Praticamente nulla: circa 80 milioni di euro l’anno, cioè lo 0,005% del debito pubblico e un seicentesimo di quanto spende l’Italia ogni anno solo di interessi sul debito stesso. Se, a parità di parlamentari, tagliassimo una parte di privilegi che si possono facilmente identificare come sprechi di pubbliche risorse, allora sì che davvero potremmo risparmiare un po’ di più. In ogni caso non stravolgeremo il pubblico bilancio dello Stato andando a risparmiare qualcosa sui costi della democrazia.

Per i cittadini invece cambia moltissimo: oggi abbiamo 1 parlamentare ogni 63 mila abitanti, in linea con le altre grandi democrazie europee. La Francia ne ha uno ogni 70 mila abitanti, la Spagna uno ogni 76 mila abitanti, il Regno Unito uno ogni 46 mila abitanti: con l’eventuale vittoria dei SI l’Italia ne avrebbe soltanto uno ogni 100 mila abitanti, diventando l’ultimo Paese tra i big d’Europa per rappresentanza parlamentare.

Il taglio dei parlamentari, soprattutto se concepito in modo funzionale a rendere efficiente il funzionamento dei massimi apparati legislativi, ci può anche stare ma deve essere inquadrato all’interno di una più ampia riforma del sistema elettorale e parlamentare. Sarebbe opportuno, ad esempio, trasformare il nostro sistema da bicamerale a monocamerale, per accorciare i tempi legislativi, e si dovrebbe dare un impianto fortemente maggioritario (anche per coalizioni) alla legge elettorale, per consentire la governabilità, possibilmente con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Invece continuiamo a vedere di legislatura in legislatura il parlamento stuprato nelle sue funzioni, con Governi che procedono di decreto in decreto e adesso addirittura da Dpcm a Dpcm per le “massime urgenze” che diventano la routine ordinaria.

Se i parlamentari saranno di meno, anche il lavoro delle Commissioni diventerà più lento e inefficiente, così come sarà molto più facile che i partiti e le lobby riescano a imporre un forte controllo e condizionamento sui pochi parlamentari esistenti. Più che concentrarsi sul numero, dovremmo trovare la soluzione di favorire il merito affinchè in parlamento possano tornare a sedere quelle che davvero sono le menti migliori del Paese, come accadeva molti decenni fa, e che siano profili di alto livello culturale ma ancora in grado di mantenere un forte contatto con il popolo, per interpretarne le sensibilità e capirne le necessità. In tal senso, sarebbe fondamentale tornare alle preferenze.

La riforma su cui siamo chiamati a decidere 20 e 21 settembre non entra affatto nel merito di questo tipo di necessità urgenti per il nostro Paese. E’ soltanto l’aborto della sottocultura populista che ha la necessità di rivendicare provvedimenti di facciata da sbandierare al popolino dell’invidia, dell’odio e della rabbia sociale. Abbiamo tagliato 345 parlamentari. Il Vaffa-Day è diventato realtà. Il Parlamento aperto come una scatoletta di tonno.

E pazienza se l’Italia va a rotoli e tutto funzionerà sempre peggio: intorno a qualche cadavere di leone festeggeranno orde di cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimarranno leoni e i cani rimarranno cani.

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