Coronavirus nelle carceri. Il sindacato di Polizia Penitenziaria: “Sembra che l’amministrazione penitenziaria ed il ministro si siano già dimenticati della pesantissima situazione vissuta qualche mese fa con devastazioni e 14 morti”
“Sono più di 100 i detenuti affetti da coronavirus e oltre 150 i poliziotti penitenziari nelle carceri italiane. Dati importanti, ma sicuramente sottostimati che dovrebbero indurre l’amministrazione penitenziaria a mettere in atto disposizioni che vadano ad impedire l’aggravarsi dei contagi”. A dichiararlo è il segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. Aldo Di Giacomo.
“I dati sicuramente preoccupano – prosegue di Giacomo –, ma preoccupa sicuramente di più l’immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria. Bisognerebbe impedire i colloqui con i familiari e l’accesso di tutte quelle persone non indispensabili per un periodo limitato ma utile a consentire l’evitarsi del diffondersi del virus all’interno delle carceri; garantendo comunque loro la possibilità di avere contatto con i loro familiari detenuti attraverso skype. I dati forniti dall’amministrazione penitenziaria sembrano sottostimare il problema o comunque non aggiornati in tempo reale, in quanto i dati forniti dalle nostre strutture ci dicono che i numeri dei contagi sono maggiori. Mancano, inoltre, nella maggior parte degli istituti penitenziari presidi quali mascherine, gel igienizzanti, guanti e tute”.
“Sembra che l’amministrazione penitenziaria ed il ministro – continua Di Giacomo – si siano già dimenticati della pesantissima situazione vissuta qualche mese fa con devastazioni e 14 morti. Le strutture carcerarie non sono in grado di poter ospitare e curare centinai di detenuti infetti. Ci risulta, inoltre, che in molti istituti le infermerie siano in possesso di tamponi rapidi, come in quella di Palermo, ma che non vengono fatti per paura di dover mettere in isolamento decine e decine di poliziotti. La maggiore preoccupazione deriva da ciò che potrebbe succedere dal propagarsi del virus in carceri come quello di Napoli Poggioreale, Secondigliano e nelle grandi carceri italiane dal punto di vista dell’ordine pubblico ossia di eventuali possibili rivolte. Le organizzazioni criminali all’interno delle carceri italiane sono ancora molto forti e pronte a fomentare nuove rivolte”.