Reggio Calabria, il disastro annunciato del Centrodestra targato Salvini: Minicuci ha perso le elezioni e il ballottaggio in una città che vive da anni sommersa dai rifiuti, senz’acqua nelle case e con le strade disastrate. Analisi e cronostoria di un “capolavoro”, al contrario
Reggio non si Lega. Come l’Emilia Romagna, come la Toscana: dove mette mano Salvini, per il Centrodestra la sconfitta è assicurata. Con la differenza che in Emilia Romagna e in Toscana le amministrazioni uscenti del Pd non avevano governato male, e che in quei territori la Lega ha da anni un importante radicamento. A Reggio Calabria, invece, venivamo dal disastro amministrativo di Falcomatà e il Centrodestra aveva la strada spianata verso la vittoria, se solo il candidato fosse stato la naturale espressione delle forze politiche cittadine. Infatti il consenso del Sindaco uscente è crollato dal 61% del 2014 al 37% di oggi, dai 58.171 voti di sei anni fa ai 35.109 del primo turno di quindici giorni fa. Un crollo senza precedenti nella storia politica della città. Eppure, nonostante abbia avuto il voto di appena un reggino su tre tra quelli che sono andati a votare, e soltanto di un reggino su cinque tra tutti gli aventi diritto al voto, Falcomatà resta Sindaco non certo per meriti suoi quanto per gli errori di un Centrodestra allo sbando. Che questo ballottaggio non lo avrebbe vinto nessuno, l’avevamo già scritto. Bisognava capire chi lo avrebbe perso. E Minicuci l’ha perso per distacco. Una legnata in faccia.
Salvini aveva voluto fare un esperimento, “vediamo cosa riesco a combinare in una grande città del Sud“. Meloni e Berlusconi gliel’hanno concesso, nonostante le resistenze dei rappresentanti locali dei partiti, che comunque anche loro – tranne qualche rara (o rarissima, vedi Cannizzaro) eccezione – erano stati troppo accondiscendenti con i vertici romani. Tuttavia queste scelte, da che mondo è mondo, si fanno a Roma. Da sempre.
E anche per la Regione, 10 mesi fa, dopo che il territorio aveva naturalmente partorito la candidatura di Occhiuto che aveva già le liste, i programmi e il supporto di un nutrito gruppo di sostenitori, è arrivato il veto di Salvini e la scelta è ricaduta su Jole Santelli. Logiche di partito. A Reggio, allo stesso modo, anche se il Centrodestra locale avesse scelto e lanciato un candidato valido da tempo, ad agosto sarebbe arrivato Salvini a catapultare Minicuci dall’alto. Bisognava in ogni modo evitarlo. Bisognava spiegare al leader della Lega e della coalizione (sigh!) a cosa sarebbe andato incontro. Soltanto Cannizzaro ci ha provato, fino all’ultimo momento, arrivando a sfiorare una clamorosa rottura. Ma era da solo e si è dovuto adeguare. Così il candidato l’ha scelto Salvini, fatto già disdicevole in sè, e soprattutto ha scelto il peggiore possibile. L’ha imposto a Reggio dall’alto, come un corpo estraneo. E poi Minicuci ci ha messo del suo: interviste negate, confronti disertati, tranne due in cui abbiamo capito perchè. Sarebbe stato meglio che fosse rimasto a casa anche quel giorno.
L’hanno votato in 31 mila, sia al primo turno che al ballottaggio. Anzi, al ballottaggio ha preso 400 voti in meno che al primo turno. Non erano voti per lui, ma un disperato tentativo di cambiamento rispetto alla mala politica di Falcomatà. Un tentativo fallito, perchè l’etichetta di leghista che lo stesso Salvini ha dato (e voluto dare) a Minicuci ha risvegliato l’orgoglio della sinistra, l’orgoglio dell’antifascismo e del meridionalismo. Si vergognavano di Falcomatà per quello che ha combinato in 6 anni in città, ma contro la Lega hanno ritrovato entusiasmo e motivazione. Perchè a torto o ragione Salvini viene visto come un fascista (che certamente non è), e come un nordista razzista contro il Sud (come invece ha già ampiamente dimostrato di essere, nella sua storia di militanza politica nella Lega). E allora il disastro amministrativo di Falcomatà è passato in secondo piano: meglio uno che si è dimostrato incapace che un fascio-leghista voluto da Salvini. Anche per tanti elettori moderati, liberali e conservatori, meglio un Sindaco che sa parlare in italiano e che si sa vestire, seppur palesemente inadeguato al ruolo, rispetto a uno che ha problemi persino di dizione e si tocca le palle in diretta TV.
“Io ho l’idea che il prossimo sindaco di Reggio Calabria dovrà essere un reggino“, dichiarava Salvini in conferenza stampa a Reggio la scorsa estate, quasi sbeffeggiando la platea come se qualcuno mettesse in dubbio l’eventualità che il candidato non fosse di Reggio Calabria. E poi proprio lui ha scelto un melitoto emigrato da decenni al Nord, completamente avulso dalle dinamiche cittadine.
Magari sarebbe stato anche un buon Sindaco Antonino Minicuci, chissà. Non lo sapremo mai. Certamente, però, non era un buon candidato, e questo è certo. Per diventare bravi Sindaci, bisogna prima farsi eleggere. E quindi bisogna prima di tutto essere candidati vincenti agli occhi della gente. Che Minicuci non lo fosse, era chiaro sin dall’inizio. Infatti molti tra gli storici elettori del Centrodestra al primo turno avevano preferito Angela Marcianò, dandole una preferenza nella speranza che potesse raggiungere il ballottaggio. Dove, senza ombra di dubbio, avrebbe stracciato Falcomatà.
Ma a Falcomatà lo avrebbe stracciato qualsiasi altra figura valida e presentabile che il Centrodestra avesse schierato contro l’uscente: su molti aveva messo il veto lo stesso Salvini, altri – emblematica l’intervista del prof. Ferrara a StrettoWeb – si erano tirati indietro proprio per non avere addosso l’etichetta del leghismo. Che a Reggio Calabria ha fallito: appena il 4%, legato esclusivamente ai candidati (reggini doc) della lista. E un flop clamoroso per il candidato di Salvini. Che aveva fatto una scommessa e l’ha persa, sulla pelle della città. Mai più un candidato leghista al Sud, se il “Capitone” avrà imparato la lezione. Ma soprattutto se l’avranno capito Meloni e Berlusconi, complici del disastro salviniano in riva allo Stretto. Non sono neanche venuti a Reggio per la campagna elettorale. Salvini perchè già solo la sua presenza avrebbe fatto danni, e questo era di per sè un motivo di profonda riflessione. Ancor più rumorosa la totale assenza di Giorgia Meloni, che vuole essere leader della destra in Italia e ha completamente ignorato una città che è sempre stata un punto di riferimento per la destra nel Paese. Una città in cui Falcomatà aveva servito la vittoria su un piatto d’argento con sei anni di malgoverno, invece questi grandi eroi del Centrodestra hanno sbagliato 20 calci di rigore a porta vuota. Altro che Roby Baggio e Baresi.
Alla fine sono un po’ tutti contenti così.
Perchè nessuno ha votato Minicuci con entusiasmo e convinzione. Era soltanto un voto (l’unico possibile, al ballottaggio) di protesta contro la mala politica di Falcomatà.
E nessuno ha votato Falcomatà con entusiasmo e convinzione. Era soltanto un voto (l’unico possibile, al ballottaggio) di protesta contro la Lega di Salvini e il suo improponibile candidato venuto dal Nord. Un “forestiero“, come lui stesso si è voluto definire, in modo particolrmente astuto, presentandosi alla città nel primo giorno della sua campagna elettorale.
Falcomatà è consapevole di non aver vinto per meriti propri, tanto che con le sue prime parole alla folla di fan che si è radunata fuori dalla sua segreteria per festeggiarlo (bloccando al traffico una strada del centro e in spregio alle norme anti-Covid determinando un enorme assembramento), anzichè celebrarsi ha ancora una volta attaccato la Lega: “Salvini stai a casa tua, qualcuno voleva mettere bandierine nella nostra città, noi non lo abbiamo permesso“. Eppure avrebbe dovuto ringraziarlo, Falcomatà, a Salvini. Perchè se è ancora Sindaco è tutto merito del leader leghista che ha trasformato il primo cittadino da responsabile del disastro della città negli ultimi 6 anni, a salvatore di Reggio dagli invasori longobardi. Da emblema del fallimento di una classe politica, a eroe cittadino. Al centrodestra serviva un miracolo per perdere questa partita. Sono andati oltre: hanno perso e contemporaneamente riabilitato un avversario politico che due mesi fa era già morto suicida per manifesta incapacità.
In città non cambia nulla, restano le emergenze e restano le solite facce. C’è lo stesso Sindaco che nominerà una “nuova” Giunta. Ma se la squadra di governo verrà costruita in base alle preferenze ottenute alle elezioni, sarà una quasi fotocopia delle precedenti con la new entry di Castorina (sarà il vice?) e le conferme dei vari Neri, Muraca e compagnia. In attesa della sentenza del processo Miramare che con ogni probabilità, vista la condanna già inflitta ad Angela Marcianò nel rito abbreviato, farà scattare la Legge Severino e l’automatica decadenza del Sindaco e di gran parte della sua Amministrazione. Con l’immediato arrivo dei commissari. E allora a Reggio sarà ancora più buio. Non che oggi splenda il sole.
La verità è che quaggiù, sotto i colpi della mala politica di una e dell’altra parte, la stragrande maggioranza della gente ha ormai perso anche la speranza che le cose possano cambiare davvero.