Reggio Calabria, la rabbia degli imprenditori del settore della ristorazione e dello sport: verso una grande manifestazione di piazza, ma sarà una “protesta intelligente”
Monta la rabbia anche a Reggio Calabria per il nuovo Dpcm del Governo che ha imposto la chiusura di molte attività economiche e produttive, in modo particolare colpendo le realtà della ristorazione e dello sport. Bar, ristoranti, pizzerie, palestre e piscine che si erano dotati delle norme previste dai protocolli per arginare i contagi. Non risultano focolai da Covid-19 in nessun tipo di questa attività, eppure il Governo ha preferito tirare dritto nonostante le richieste delle Regioni che fino all’ultimo momento hanno provato a far ragionare l’esecutivo. Ma non c’è stato nulla da fare.
Dopo le proteste eclatanti di Napoli, Roma, Catania, Torino e altre città di tutt’Italia, anche a Reggio Calabria – dove stamattina sono già scesi in piazza gli imprenditori del mondo dello sport – cresce la tensione. L’idea di scendere in piazza già stasera in modo improvviso è stata caldamente sconsigliata dai più esperti del gruppo, ma anche gli imprenditori della ristorazione sono sul piede di guerra. E oggi pomeriggio si sono incontrati tutti insieme alla Luna Ribelle, e hanno scelto la linea soft. Una “protesta intelligente”, rispettando le distanze e le norme vigenti, per far sentire la loro voce senza violare le norme – pur considerate sbagliate – che le autorità hanno disposto.
“Questo discorso – prosegue Aloisio – ha portato a queste conseguenze e su queste conseguenze però quelli che stanno pagando sono soltanto i pubblici esercizi e tutto il commercio in genere. Questa è una cosa che non è pensabile, non è pensabile scaricare il peso della crisi economica sulle spalle dei commercianti e dei piccoli imprenditori perchè non lo possono fare perchè non siamo cittadini di serie B perchè dobbiamo essere ristorati in maniera efficace rispetto alle perdite che sicuramente si andranno a subire e non parlo soltanto di coloro che sono stati chiusi o di coloro che sono stati limitati e di fatto sono stati chiusi ma parlo anche di coloro che sono aperti ma stanno vedendo il loro fatturato crollare del 70-80% perchè la gente non sta più uscendo di casa e quindi tutto il tessuto economico da questo punto di vista che ricordiamoci che la spina dorsale del tessuto economico italiano è fatto dalle piccole e piccolissime imprese ancora di più da noi, ancora di più nel territorio metropolitano di Reggio Calabria dove la gran parte del reddito nel privato è fatto soprattutto dal commercio, in un contesto di questo genere già il primo lockdown aveva messo in ginocchio una comunità economica che era già in crisi ma in questo momento l’ha massacrato ancora di più”.
“Avevamo sconfitto la paura – conclude Aloisio – perchè durante l’estate si era iniziato a vivere normalmente e questa famosa movida che viene additata da tutti come causa del Covid in realtà non aveva portato ad alcun aumento di contagi, se noi andiamo a valutare la movida si è sviluppata soprattutto tra luglio e agosto e se fosse stata questa la causa dell’aumento di contagi, sarebbe dovuto iniziare dal 15/20 di settembre invece guarda caso è iniziata la seconda settimana di ottobre giusto quando avevano 15 giorni prima aperto le scuole e iniziato a non lavorare più in smart working”.
Confesercenti Reggio Calabria, Aloisio: “lockdown mascherato che colpisce i piccoli imprenditori, si rischia una catastrofe” [VIDEO]
Ciò che dice Aloisio è sacrosanto rispetto alla movida: bisogna ricordare che già a maggio e a giugno c’erano state tantissime occasioni di folle e assembramenti, dalla maxi festa notturna dei tifosi del Napoli per la vittoria della Coppa Italia a quelle della Reggina, prima a piazza Duomo e poi sul Lungomare, con migliaia di supporters affollati per celebrare il ritorno in serie B degli amaranto. Era ancora inizio giugno, e nelle due settimane successive non si è verificato alcun caso di Coronavirus ne’ a Napoli ne’ a Reggio Calabria. La “movida” notturna era ripresa già a metà maggio, con la riapertura dei locali il 18 maggio e le immediate maree umane per gli spriz e gli aperitivi, o le cene nei locali in tutte le città. Il contagio è rimasto completamente azzerato per tre mesi abbondanti! Al tempo stesso, però, non si può scaricare la “colpa” su scuole e aziende: in realtà pochissimi lavoravano in smart working già a maggio e giugno, quando la situazione era tornata alla normalità e tutte le imprese avevano riaperto dal vivo. Eppure il contagio è rimasto azzerato. Negli altri Paesi europei, dalla Germania alla Francia, dall’Austria alla Danimarca, a maggio avevano riaperto persino le scuole. E in nessun posto i contagi erano aumentati: in tutti i Paesi in cui le scuole hanno riaperto a maggio, la curva epidemiologica è rimasta piatta per tutta l’estate. E’ quindi evidente che il contagio dilaga o si ferma soltanto in base alla stagione – come tra l’altro dimostrato da numerosi studi scientifici – a prescindere dalle scelte sulle chiusure da adottare o meno. E’ iniziato l’autunno, ci sono meno ore di sole, fa più freddo e la gente trascorre più tempo in luoghi chiusi: inevitabilmente il contagio aumenta (e aumenterebbe anche se fossimo in lockdown), a differenza del semestre caldo in cui, pur vivendo mesi di folle, assembramenti, discoteche, movide e qualsiasi attività di massa, il contagio è rimasto azzerato per oltre 100 giorni consecutivi.
“Durante il periodo elettorale – conclude Crucitti – mi sono trovato un senatore di fronte chiacchierando mi ha detto “lei ha una bella impresa, voglio fare una chiacchierata con lei” io ho detto la chiacchierata si restringe in pochissime parole perchè a noi non serve che lo stato ci dia le 10,20,30 mila euro di fondo perduto, noi vogliamo avere il diritto al lavoro e poter lavorare in onestà. Se siamo bravi imprenditori i 10,20,30 mila euro ce li portiamo a casa da soli, vogliamo il diritto al lavoro“.