Calabria arancione, ma non era zona rossa per problemi delle strutture sanitarie? Smascherato il grande inganno

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La Calabria diventa “zona arancione”, ma quindi il problema sanitario non erano le strutture inefficienti? Il paradosso che smaschera il grande inganno perpetuato dal Governo

La Calabria si risveglia in zona arancione dopo tre settimane in “zona rossa” per le “carenze strutturali della sanità calabrese“: una scelta che ha smascherato il grande inganno perpetuato ai danni della Regione più povera e meridionale del Sud. Una scelta che ovviamente si accoglie con sollievo, ma ha spiazzato tutti: dai commercianti ai cittadini fino al Presidente f.f. Spirlì, convinti che almeno fino al 3 dicembre non sarebbe cambiato nulla. Seguivano la logica indicata dal Governo: “il problema della Calabria non sono i numeri della pandemia, ma le carenze strutturali e ospedaliere“. L’hanno scritto un po’ tutti, anche all’estero sui media internazionali: nonostante un tasso di incidenza tra i più bassi d’Europa, un numero di casi molto contenuto e un numero bassissimo di ricoveri, la Calabria era “zona rossa” per la “cattiva organizzazione degli ospedali e la mancanza dei posti letto“. O almeno così dicevano. Nonostante gli ospedali fossero vuoti (tranne i 3 hub di Reggio, Cosenza e Catanzaro, inspiegabilmente abbandonati da soli ad ospitare i pazienti Covid positivi ognuno di tutta la loro provincia, senza coinvolgere le tante altre strutture ospedaliere come fanno in tutte le Regioni) e i medici dicessero che non c’era alcun motivo per dichiarare la zona rossa.

Ma ammesso – e non concesso – che fosse davvero così, ci chiediamo cos’è cambiato in queste tre settimane. Abbiamo risolto tutti i problemi della disastrata sanità calabrese? Abbiamo aumentato i posti letto? Abbiamo assunto medici e infermieri? Non ci risulta. Soltanto al GOM di Reggio, con le risorse ospedaliere ricollocate grazie alla guida brillante del commissario Iole Fantozzi, è aumentata la capienza della terapia intensiva, ma per fortuna non è ancora mai servita per fronteggiare la pandemia. Nonostante i Riuniti siano l’unico Ospedale ad ospitare Covid-positivi per tutta la Provincia di Reggio Calabria (560 mila abitanti), non ci sono mai stati più di 11 pazienti contemporaneamente ricoverati nella terapia intensiva. U-n-d-i-c-i pazienti su 560 mila residenti.

I numeri sono molto contenuti: in Sicilia, in Liguria, nel Lazio, in Veneto e in Sardegna, tutte zone gialle, la situazione ospedaliera ed epidemiologica è molto più grave rispetto alla Calabria. Ecco perchè anche l’arancione è esagerato rispetto alla realtà epidemiologica e ospedaliera calabrese. La Calabria dovrebbe essere gialla, forse addirittura verde, l’unica zona verde d’Italia perchè è l’unica Regione che ha numeri così bassi e una così scarsa pressione ospedaliera.

Ma il punto, adesso, non è tanto arancione, giallo o verde. Il vero punto è il rosso. Perchè la Calabria è stata dichiarata “zona rossa” tre settimane fa? Le strutture sanitarie oggi sono le stesse di prima. Quindi ques’ipotesi non regge. Era solo una scusa, a cui molti calabresi hanno creduto abboccando come allocchi e hanno iniziato a prendersela con se stessi, facendosi la guerra a chi dare la colpa rispetto alla malasanità. Nonostante sia commissariata e nelle mani dei Governi centrali da oltre 10 anni. Ma c’è di più.

Oggi, per quanto resti ancora più contenuta, la situazione è ben più grave rispetto a quando è stata dichiarata la zona rossa. Il 6 novembre, infatti, in Calabria c’erano appena 227 pazienti ricoverati negli ospedali calabresi, di cui soltanto 15 nei reparti di terapia intensiva. I nuovi casi giornalieri oscillavano intorno ai 250. Oggi, invece, la situazione è diversa: nella Regione ci sono circa 450-500 nuovi casi al giorno, esattamente il doppio rispetto a tre settimane fa; i ricoverati negli ospedali sono 476, anche qui più del doppio rispetto al giorno della “zona rossa”. Di questi, 44 sono in terapia intensiva: esattamente il triplo rispetto al giorno della dichiarazione della zona rossa. Sono numeri molto contenuti, i posti letto di terapia intensiva disponibili in Calabria sono oltre 180 e il tasso di occupazione delle terapie intensive è del 24%, il più basso d’Italia. Ma tre settimane fa era l’8%, molto più basso rispetto ad oggi. Eppure venne dichiarata la “zona rossa”. Perchè? Perchè, se oggi con numeri peggiori possiamo essere arancioni?

E’ evidente che questi criteri sono un’enorme presa per i fondelli, mascherando scelte politiche. Inoltre in queste tre settimane, nonostante le restrizioni della “zona rossa”, in Calabria la situazione epidemiologica e ospedaliera è drasticamente peggiorata. Il numero dei nuovi casi è raddoppiato, il numero dei ricoveri è più che raddoppiato, addirittura triplicato per quelli in terapia intensiva. A cosa servono, quindi, le misure restrittive? Se con coprifuoco, scuole, locali e negozi chiusi, limitazioni alla mobilità etc. il contagio è aumentato, che li facciamo a fare questi sacrifici?

La scienza continua quotidianamente a sfornare ricerche che dimostrano come il Coronavirus sia un’infezione stagionale: significa che soltanto a partire da Marzo la situazione potrà migliorare, al netto degli eventuali vaccini che se arriveranno potranno aiutarci prima. Non certo nel contrasto alla diffusione del contagio, su cui c’è poco da fare. Quanto nella protezione degli anziani e delle fasce più fragili della popolazione, che sono le uniche ad avere gravi conseguenze da questo virus. Che prenderemo tutti, prima o poi. E che nel 96% dei casi è esattamente come una banale influenza. Una percentuale che sale al 99,99% tra i bambini, i giovani, gli adulti e anche gli anziani sani, cioè senza altre gravi patologie concomitanti. Esattamente come per tutti gli altri virus influenzali stagionali, che ogni anno provocano durante il picco influenzale situazioni di criticità dei reparti ospedalieri, e che soltanto grazie al vaccino non determinano numeri di mortalità così elevati come quelli del Covid-19.

Intanto, però, resta il dilemma: perchè la Calabria è stata dichiarata “zona rossa”? E chi ripagherà i calabresi delle enormi perdite economiche, sociali e morali di queste tre settimane di lockdown e soprattutto della beffa di un danno d’immagine così drammatico e di livello internazionale per la Regione? Un danno colossale che non si può rimanere ad accettare in silenzio, a maggior ragione adesso che il grande inganno è stato smascherato. I primi a doverne chiedere il conto, dovrebbero essere gli amministratori locali e tutti i rappresentanti istituzionali della Calabria ai vari livelli (comuni, Regione, parlamento). Chi lo farà, intraprenderà una battaglia di giustizia. E avrà al suo fianco il popolo calabrese.

Covid, il paradosso della Calabria: è zona arancione con il doppio dei casi e il triplo dei ricoverati rispetto a quando diventava zona rossa

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