Sono passati quasi nove mesi e per Domenico Creazzo ancora nulla si è mosso, benché lui sia sempre fiducioso nei confronti della giustizia
Ho un amico che è agli arresti domiciliari dal 25 febbraio. E’ accusato di voto di scambio e a fronte di un processo ancora molto lontano è ormai ‘rinchiuso’ da quasi nove mesi. Il mio amico era un sindaco ed è stato anche presidente f.f. del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Si chiama Domenico Creazzo, lo conosco ormai da anni, ho avuto modo di lavorare con lui e quello che ho deciso di scrivere oggi è solo la nostra verità, ovvero quella di chi non vuole dare voce soltanto a chi urla più forte o a chi ha il coltello dalla parte del manico, ma la verità di chi sa di cosa stiamo parlando. Se quello che sto per scrivere potrà intaccare in qualche modo il mio lavoro non lo so e non mi interessa: sono pronta a lasciare il mio tesserino da giornalista anche domani, ma io devo dire la verità perché questo mi compete. E perché Domenico Creazzo, che è una della persone più positive e propositive che io conosca, lo merita come lo meriterebbe ogni persona che stia subendo un’ingiustizia simile.
Aver visto la vergognosa intervista al commissario Saverio Cotticelli, ovvero colui che avrebbe dovuto occuparsi della sanità calabrese, è stata per me una pugnalata al cuore. Pensare che la terra per cui c’è chi combatte ogni giorno possa essere affossata da tutta questa incompetenza fa male. Molto male. Soprattutto alla luce del fatto che il mio amico è stato arrestato per molto meno. O forse per nulla. Io quelle intercettazioni che lo dovrebbero incastrare le ho lette, ascoltate, sviscerate e sapete che c’è: non ho trovato questa benedetta prova del voto di scambio con la ‘ndrangheta. Non l’ho trovata! E mentre nel corso dei mesi un giudice dopo l’altro si ostinava a dire che Creazzo deve attendere il processo ai domiciliari, io riprendevo in mano quelle carte e le rileggevo per capire cosa stavo sbagliando a valutare, e di nuovo non trovavo quella prova. Vedevo solo una serie di frasi pronunciate da lui e da altri, con un’infinita trafila di ‘omissis’, perché l’audio era disturbato, perché le intercettazioni ambientali spesso non permettono bene di attribuire le voci, perché c’erano fruscii e parole che potevano essere tutto il contrario di tutto.
Ora, a prescindere da tutto questo che è relativo (mi si potrebbe contestare che leggo quei documenti con gli occhi di chi vuole a tutti i costi difendere un amico), c’è anche un altro fatto grave: il commissario Cotticelli ha dimostrato un’incompetenza e una mancanza di rispetto nei confronti della popolazione calabrese da far rabbrividire. Domenico Creazzo, invece, non è mai stato così. E lo dico da osservatrice, più che da amica. L’ho visto con i miei occhi arrabbiarsi di fronte all’inettitudine di altri sindaci, l’ho visto con i miei occhi dire no a dei suoi concittadini su argomenti che molti altri, a queste latitudini e non solo, avrebbero affrontato con un “Non si potrebbe, ma ora vediamo se in qualche modo ci riusciamo”. No. Domenico Creazzo si è fatto dei ‘nemici’ proprio per questo motivo, ovvero la tendenza a non promettere nulla a nessuno, quanto meno nulla che si potesse realizzare con la massima legalità e trasparenza.
Quando mi sono occupata della comunicazione per il gruppo Le Ali al Paese durante le ultime elezioni comunali a Sant’Eufemia d’Aspromonte, spesso di fronte ad un attacco a lui o ad altri membri del gruppo io partivo in quarta per una strenua difesa di ciò che ritenevo giusto, ma lui, con una calma che per noi che lo conosciamo bene è quasi proverbiale, mi diceva: “No. Se noi ci difendiamo spiegando le nostre motivazioni è come se volessimo giustificarci, e giustificarsi è un’ammissione di colpa. Se io non ho colpe è la verità che parlerà per me”. Lo penserà anche quando e se leggerà questo articolo, lo so, ma io non potevo fare diversamente.
Non l’ho mai sentito pronunciare parole di odio o rancorose nei confronti di nessuno. Con sua moglie, con la quale ho lavorato gomito a gomito in quei mesi, ci siamo sempre chieste come facesse. E ce lo chiediamo ancora adesso.
Dal 25 febbraio lui è (quasi) sempre stato forte e positivo, e io me lo immagino guardare sua moglie e dirle: “Dona, io non ho fatto niente. Appena se ne renderanno conto mi libereranno”. Sono passati quasi nove mesi e ancora nulla si è mosso, benché lui sia sempre fiducioso nei confronti della giustizia. E ancora una volta mi ritrovo a chiedermi come faccia. Io, di fronte a tutto questo, mi sento impotente: lui è lì come un leone in gabbia e la verità in cui ha sempre creduto è seppellita sotto una coltre di illazioni.
Se non fosse stato eletto consigliere regionale, sarebbe lì ora? Se per lui non si fosse palesato il ruolo di presidente del consiglio regionale, sarebbe lì ora? Se qualcuno si prendesse la briga di leggere tutte quelle carte vedrebbe che, tra le intercettazioni, ci sono ben altre prove, che incastrano ben altre figure politiche emergenti e non. Eppure sono ancora tutti liberi e Mimmo invece no. Sta pagando per tutti, probabilmente senza aver commesso alcun reato. I suoi bambini, uno in particolare, hanno capito tutto quasi fin da subito e si chiedono: “perché papà non può almeno aspettare il processo in libertà?”. Già. E me lo chiedo anch’io. Se qualcosa ha fatto, che subisca il processo, ma da uomo innocente quale potrebbe rivelarsi. E mi chiedo pure: perché i tanti Cotticelli che abbiamo in Calabria devono farla franca e chi invece ha deciso di tornare in questa regione e di fare qualcosa per essa deve pagare? Magari solo perché vive in Aspromonte, questa terra considerata il fulcro della ‘ndrangheta e che ha però anche partorito figli eccellenti inghiottiti troppo spesso dall’oblio del “è un aspromontano, dove vuole andare?”.
Qui non è tutto mafia come qualche cronista ‘distratto’ vuole far credere. Qui tutto viene additato come mafia e in questi casi funziona come con i bambini: se tu dici loro che non sanno fare nulla e non sei propositivo, loro si auto convinceranno di essere degli inetti. E così accade in Aspromonte, un luogo dove c’è troppa, pessima , ‘ndrangheta, ma semplicemente perché non c’è Stato. E non c’è Stato perché nessuno, da quaggiù, riesce a far sentire la propria voce. Mimmo ci ha provato e lo hanno arrestato con accuse infamanti. Le sue scelte politiche possono piacere o non piacere; il suo essere passato da un partito ad un altro può essere giudicato sbagliato, oppure no, ma di certo non è un reato; il suo modo di sembrare altezzoso, anche se in verità non lo è, può essere giudicato come un tratto caratteriale discutibile, ma Domenico Creazzo non è un mafioso come vogliono far credere da più parti e meriterebbe quanto meno di attendere il processo in libertà. Se questo non si può dire solo perché le accuse a lui mosse arrivano da molto in alto, che qualcuno venga domani a bussare alla mia porta: il tesserino da giornalista lo ridò indietro volentieri, perché di questo mio lavoro evidentemente ho un’idea che non esiste più. E perché nell’indagine Eyphemos di errori ne sono già emersi diversi, tra scambi di persone e altre ‘sviste’ simili che rischiano di rovinare interi nuclei familiari e di affossare definitivamente un territorio che ha bisogno di rinascita.