L’arrivo di Emergency in Calabria non è altro che l’assegnazione diretta di un appalto tramite la protezione civile in una falsa zona rossa: quanto costerà questo giochino ai calabresi?
Gino Strada non sarà il nuovo commissario della Sanità in Calabria ma intanto tutta la pubblicità mediatica che sardine e grillini hanno fatto al noto medico fondatore di Emergency gli ha fruttato una bella assegnazione diretta di un appalto milionario: l’ONG, infatti, arriva in Calabria “per ospedali da campo, Covid Hotel e triage ospedalieri“, dopo un accordo con la protezione civile. Lo stesso Strada nella serata di ieri spiegava che:“Inizieremo domani mattina a lavorare a un progetto da far partire al più presto. Ringraziamo il Governo per la stima che ha dimostrato per il lavoro di EMERGENCY e le tante persone che ci hanno dato fiducia, offrendo da subito il loro sostegno”. La Protezione Civile, con un comunicato stampa ufficiale, informava la cittadinanza che “Il Dipartimento della Protezione Civile ha attivato l’associazione di volontariato Emergency per supportare la gestione dell’emergenza covid-19 nella regione Calabria. Considerando l’evoluzione della situazione epidemiologica in atto si è ritenuto che l’Associazione Emergency possa contribuire a rispondere ad urgenti esigenze di assistenza socio-sanitaria alla popolazione, come la gestione di strutture ospedaliere campali o il supporto all’interno dei “Covid Hotel”, nonché nei punti di triage delle strutture ospedaliere“.
Intanto, però, sull’Albo Pretorio della stessa Protezione Civile non si trova alcun documento riferito a questa collaborazione: non sappiamo di preciso cosa farà Emergency in Calabria, e non sappiamo soprattutto quanti milioni di euro ci costerà. Di certo c’è che Emergency “è un’associazione nata per offrire cure medico-chirurgiche gratuite alle vittime di guerre, mine antiuomo e della povertà“, come si legge sul sito ufficiale dell’ONG. Ma in Calabria non ci sono nè vittime di guerra nè tantomeno mine antiuomo, mentre la povertà la sta terribilmente aggravando proprio questo Governo con le sue scelte scellerate che da marzo hanno sempre penalizzato questa Regione, dapprima blindata due mesi in primavera senza alcuna emergenza sanitaria, e adesso dichiarata “zona rossa” in modo incomprensibile rispetto alla classificazione delle altre Regioni “gialle” con parametri epidemiologici e ospedalieri ben più gravi. Che la Calabria non sia “zona rossa” lo hanno spiegato in tanti, dal virologo Francesco Broccolo al cardiologo Enzo Amodeo fino al prof. Franco Romeo, ma il Governo insiste e con ogni probabilità il colore non cambierà almeno fino a fine mese, con tutte le drammatiche conseguenze economiche e sociali sul già disastrato tessuto calabrese.
Però adesso abbiamo Emergency che farà “ospedali da campo, Covid Hotel e triage ospedalieri“. L’associazione di Gino Strada, abbandonata nel 2018 dalla figlia Cecilia in contrasto con le politiche adottate da una comunità nata come volontariato ma finita a prendere soldi da governi e multinazionali, opera in Afghanistan, Iraq, Palestina, Ruanda, Sudan e altri Paesi disagiati del terzo mondo dove costruisce ospedali all’avanguardia, forma il personale locale trasmettendo il know-how necessario all’emancipazione, soccorrendo le fasce di popolazione più deboli e piantando il seme della pace e della fratellanza. Tutte cose belle. Ma Cosenza non è Kabul, Reggio Calabria non è Bagdad, Catanzaro non ha nulla a che vedere con Kigali e Crotone non assomiglia affatto a Khartum. La Calabria gli ospedali ce li ha già. Medici e infermieri con un know-how di grandissima eccellenza pure. Basterebbe aprire i primi ed assumere i secondi.
Alla Calabria non servono le tende di Emergency così come non servono quelle dell’esercito che il Presidente f.f. Spirlì ha autorizzato a Cosenza, Locri, Vibo Valentia e Crotone. Sull’autorevole vocabolario della lingua italiana De Mauro, si legge che l’ospedale da campo è una “struttura sanitaria campale destinata al ricovero d’emergenza e alle prime cure del personale militare impegnato in azioni belliche o di civili coinvolti in disastri naturali, catastrofi, ecc.“. Tra ONG e militari, stanno trasformando la Calabria in un’area di guerra dando un messaggio devastante sia ai calabresi (che perderanno ulteriormente fiducia nel proprio sistema sanitario, che in realtà è dotato di grandi eccellenze, e quindi andranno a curarsi fuori spesso senza motivo, aggravando il deficit regionale) che ai forestieri che difficilmente decideranno di andare a visitare da turisti una Regione in guerra, esattamente l’opposto rispetto alla politica lungimirante che aveva adottato Jole Santelli, capace in pochi mesi ad attrarre il più alto numero di turisti estivi della storia della Regione grazie a una reputazione positiva della Calabria pubblicizzata quotidianamente su tutti i media, anche con azioni eclatanti come la famosa ordinanza dei locali con i tavolini all’esterno aperti a fine aprile in pieno lockdown nazionale.
Il sistema ospedaliero della Calabria non ha bisogno nè di Emergency nè dell’esercito. Abbiamo tanti ospedali, purtroppo molti chiusi o depotenziati, che hanno ancora letti e strutture disponibili per la popolazione. E abbiamo graduatorie infinite di medici e infermieri che da anni attendono una chiamata nella loro terra, e intanto sono costretti a fare carriera lontano da casa, dedicando le loro cure ad altre comunità nazionali o regionali. Gli ospedali immediatamente utilizzabili sono decine, basti pensare solo nel reggino a Scilla, Palmi, Taurianova, Melito di Porto Salvo. Ma in tutta la Regione sono addirittura 18 gli ospedali chiusi negli ultimi anni: basterebbe riaprirli. Neanche tutti, anche soltanto alcuni. Basterebbe assumere medici e infermieri e dargli le chiavi delle strutture già pronte. Ci sono anche centri di terapia intensiva dedicata con tutte le strumentazioni necessarie: perchè non ripartire da lì? Tra l’altro si potrebbero utilizzare molte di queste strutture in modo adeguato anche dopo la pandemia, sfruttando quest’emergenza come occasione per ridisegnare la rete di assistenza sanitaria territoriale della Calabria.
E invece no: troppo facile, troppo conveniente. Devono spendere milioni e vogliono afghanistanizzare questa terra. Hanno deciso di foraggiare Emergency sulla pelle dei calabresi, con chissà quali costi per la collettività (sono le tasse che ogni cittadino paga allo Stato) e senza alcuna utilità rispetto a un territorio che ha già gli ospedali, ha già i medici, ha già gli infermieri.
La beffa è che spesso e volentieri questi ospedali sono stati chiusi e le assunzioni sono state bloccate proprio perchè lo Stato centrale rimproverava alla politica locale di non aver rispettato alla perfezione le formule di garanzia sulla trasparenza dei bandi, degli affidamenti e dei concorsi. Paradosso dei paradossi, adesso proprio lo Stato centrale fa un affidamento diretto a una ONG che porterà materiali, medici e infermieri da fuori, senza alcun bando e senza alcuna gara, bruciando milioni di euro per qualche mese bypassando completamente il territorio e lasciando, ad emergenza finita, nient’altro che le briciole.
O molto probabilmente neanche quelle.
Perchè tanto sulla Calabria tutto è concesso.