Lettera postuma a Diego Armando Maradona: tu non sei morto, D10S…

Maradona
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La mia lettera postuma a Diego Armando Maradona

Caro Diego,

ho deciso di scriverti una lettera che un giorno, sono sicuro, leggerai. Perché in realtà, checché ne dica il mondo intero, tu ieri non sei morto, non sei andato via. Tu sei ancora qui, non morirai mai. Sei eterno!

Caro Diego,

non sono solito scrivere dedicando un pensiero a una sola persona. Ma tu sei l’eccezione. Non ho avuto la fortuna di vivere la tua epoca da calciatore, lo avrei tanto sognato. Anche da qui, da Reggio Calabria, anche solo a vederti in tv, ascoltarti in radio o riguardando le immagini post partita della Rai, perché è così che si faceva ai tuoi tempi. Avrei voluto vivere l’epoca in cui facevi grande Napoli e l’Argentina. Non ho avuto questa fortuna, ma la tua grandezza è tale da permettermi di ricostruire la tua vita in campo attraverso le immagini, i video, le testimonianze dirette e indirette.

Caro Diego,

tu sei Dio e tanti hanno scritto ieri che “Dio è morto“. Dio, in realtà, non è mai morto. Semmai, si è creato un solco evidente tra la vita prima Dio e dopo Dio, tra la vita prima di Maradona e dopo di Maradona. Prima di te, nella storia del calcio, mai nessuno era riuscito a fare quello che hai fatto tu e mai nessuno ci riuscirà. Esistono i fuoriclasse, come prima di te e dopo di te. Esistono i grandi calciatori in grado di fare magie in campo, di segnare gol a raffica o di vincere tanti trofei, come prima di te e dopo di te. Esistono i grandi uomini, che col carisma hanno sopperito a lacune tecniche venendo ricordati a posteriori, come prima di te e dopo di te. Ecco, loro sono solo una di queste cose. Tu, invece, sei tutto, tutto insieme.

Caro Diego,

Tanti dicono di te che non si può staccare il Maradona uomo dal Maradona calciatore. Bisogna “prendere il pacchetto completo”. E’ la verità. Maradona solo uomo o solo calciatore non sarebbe stato niente. Maradona è unico proprio perché è uomo e calciatore insieme. E’ magia in campo. E’ rispetto di compagni e avversari. E’ simbolo del riscatto sociale di una città del meridione italiano che ha sempre vissuto di pregiudizi e stereotipi in confronto alle grandi sviluppate Milano e Torino e che al tuo arrivo lottava per non retrocedere. E’ l’emblema, l’entità, il trascinatore di un popolo, quello della sua Argentina, che ha toccato il cielo con un dito grazie a te, da solo. Perché, tu, da solo, hai vinto quel Mondiale da capitano di una squadra non di certo tra le più forti di sempre.

Caro Diego,

tu sei il 10 in campo che ogni bambino sogna di diventare, sei il il capitano che ogni compagno di squadra vorrebbe, sei l’amico che “ma chi sei, Maradona?” dopo una grande giocata nel calcetto del giovedì, sei il giovane ragazzino determinato che “sogna di vincere” il Mondiale e poi ci riesce, sei quello che fa parlare di sé per ogni gesto o frase pronunciata, per ogni espressione o esultanza, sei colui di cui gli “odiatori” parlano perché invidiosi di non essere diventati come te.

Caro Diego,

ne hai fatte di cazzate. E non bisogna nasconderlo per vergogna o altro solo perché oggi è un giorno diverso. Anzi, bisogna metterlo in evidenza ancor di più perché anche questo ha – in qualche modo – contribuito a renderti grande. Perché dalla povertà hai conosciuto fama e ricchezza in pochissimo tempo, perché dentro la tua forte personalità in campo, la tua determinazione e il tuo carattere da leader, nascondevi anche le fragilità e le debolezze di ogni uomo, solo “nascoste” dal personaggio Maradona che voleva farti apparire solo in quello che gli conveniva. Perché proprio la tua fama e ricchezza sono diventati troppo grandi per te, ti hanno travolto, hanno preso il sopravvento e ti hanno fatto capire che la vita non è solo cose belle, gente che ti acclama, gol, trofei e riscatti sociali. Il risvolto della medaglia è il contorniarti di persone che si spacciano per amiche ma in realtà non lo sono, che ti portano sulle strade “che vogliono loro”, che ti fanno cadere.

Ma tu sei stato uomo anche in questo, perché ti sei sempre saputo rialzare, più forte di prima. Anche ieri lo hai fatto, Diego. Chi dice che sei morto? Chi lo vuole dire? Tu non sei morto. Tu sei sempre qui con noi, lo sarai sempre. Ti dico solo “Ciao”. E, ti raccomando, non fare il furbo: leggila, questa lettera, e poi magari mi dici che ne pensi. Attendo una tua risposta…

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