Sanità in Calabria e Covid-19: nuova intervista al dott. Enzo Amodeo, affermato cardiologo di fama internazionale e primario di Cardiologia all’Ospedale di Polistena
“I negazionisti dovrebbero sparire. Ma dobbiamo arginare anche la deriva dell’allarmismo. Vedrete che avremo più morti per altre patologie rispetto ai morti di Covid, almeno in Calabria, a causa delle modalità con cui si sta gestendo l’emergenza e io strappo la mia laurea e la metto nel tritacarte se non sarà così. In ospedale non viene più nessuno, gente grevemente malata che ha bisogno di controlli e visite periodiche per monitorare la situazione, e invece non viene perchè è terrorizzata in quanto pensa di prendersi il virus, invece negli ospedali ci sono tutti i percorsi di sicurezza per evitare il contagio. E’ molto più grave saltare i controlli e le visite di gravi patologie rispetto al minimo rischio di contrarre il Coronavirus. Poi, al contrario, sempre a causa del terrorismo mediatico, chi ha un piccolo sintomo riconducibile al Covid fa la corsa ai pronto soccorso e ai tamponi, ingolfando il sistema. Bisogna smetterla di alimentare il panico, bisogna fare informazione corretta e dire le cose come stanno davvero“. Abbiamo raggiunto nuovamente il dott. Enzo Amodeo, primario di Cardiologia all’Ospedale di Polistena, dopo l’intervista della scorsa settimana che ha suscitato grande scalpore. Eppure le sue considerazioni sono state confermate anche da un altro luminare della scienza, il prof. Franco Romeo, che in un’altra intervista ha ribadito che “la Calabria non è da zona rossa“.
Amodeo è incazzato nero rispetto a quello che sta succedendo nelle ultime settimane alla sanità calabrese. La “zona rossa“, i tre commissari nominati nell’arco di dieci giorni e poi tutti saltati, gli ospedali da campo dell’esercito, l’arrivo di Emergency per altri ospedali da campo, mentre in Calabria gli ospedali sono vuoti e per la quarta nomina il Governo pensa a Federico D’Andrea, ex generale della guardia di Finanza. “Il vero problema è che vogliono militarizzare la Calabria – spiega Amodeo – c’è da anni il tentativo di far governare i militari nella nostra Regione. Dovete spiegarmi perchè in presenza di ospedali vuoti tra quelli operativi, e di altri dismessi, si lavora a fare ospedali da campo, tendopoli o addirittura Covid-Hotel. Che senso ha? Ricordo che il ministro alla Sanità del primo governo Conte, quello gialloverde, l’on. Giulia Grillo, disse due anni fa di voler mandare i medici militari in Calabria, pur sapendo che i medici militari non hanno il know-how per lavorare all’interno degli ospedali. Anche io sono stato ufficiale medico dell’arma dei Carabinieri, non ho nulla ovviamente contro di loro, ma è pacifico che loro svolgono una funzione prevalentemente medico-legale, di idoneità al lavoro e similare. I medici di corsia, invece, sono i medici ospedalieri che hanno a che fare con i pazienti critici in qualsiasi settore. Quell’annuncio nascondeva la volontà di militarizzare la Regione Calabria, e l’abbiamo visto subito dopo con la nomina del generale Cotticelli e i commissari prefettizi. Oggi con gli ospedali da campo abbiamo raggiunto l’obiettivo della militarizzazione della sanità calabrese, è il completamento di un progetto. Almeno fossero in grado di risolvere i problemi, invece abbiamo visto che li hanno aggravati. Perchè arrivano qui convinti che ovunque trovano imbrogli, porcherie, malaffare e interessi personali. Ovviamente non è così”.
Amodeo spiega in modo preciso e dettagliato come funziona l’organizzaizone territoriale ospedaliera: “da tempo gli ospedali sono stati divisi in hub, spoke e case della salute. Hanno funzioni diversi: l’ideatore di questa formula assistenziale ha immaginato un sistema a raggiera, dove l’hub sta al centro e rappresenta il mozzo della ruota, gli ospedali spoke rappresentano i raggi e poi spostandosi verso la periferia troviamo le case della salute per le attività ambulatoriali esterne. Quando si è ipotizzato questo sistema non si è immaginato un sistema che convergesse soltanto sugli hub; ma affinchè funzioni tutto è necessario che ci sia un processo di osmosi tra le varie strutture, per cui un paziente passa dallo spoke all’hub e viceversa. A Polistena, che non è dotata ancora dell’emodinamica, un paziente che arriva al pronto soccorso con sindrome coronacica acuta viene inviato all’hub dove ci sono posti, o il GOM o Germaneto, per una rivascolarizzazione e quindi angioplastica primaria. Affinchè il sistema possa funzionare, dopo la prestazione d’urgenza il paziente deve tornare nell’ospedale di provenienza, quindi a Polistena in questo caso esemplificativo. Deve funzionare così per evitare di congestionare l’hub, utilizzarlo solo per la fase acuta e quindi per alcune prestazioni più importanti, e poi riportare i pazienti negli spoke che sono gli ospedali di origine, quindi i più vicini alla provenienza del paziente e che devono essere nelle condizioni di curarli sia per le professionalità mediche che per le attrezzature tecnologiche. E lo sono. La stessa cosa vale per il Covid, con gli Hub per i casi più gravi e gli Spoke dove possono completare la guarigione dopo la fase critica“.
“Sul Covid, quando parliamo di 500 positivi come quelli rilevati oggi in Calabria, intendiamo persone in gran prevalenza asintomatiche, che non necessitano di cure ospedaliere. Solo una piccola percentuale di questi hanno delle complicanze e finiscono in ospedale, ma tra questi, ancora di meno hanno condizioni critiche per cui necessiterebbero di confluire negli hub. Tutti gli altri potrebbero rimanere negli ospedali spoke. Non c’era bisogno di alcun Covid-Hotel, dove stanno portando i pazienti che hanno già superato la fase critica e devono fare la coda, la parte finale del percorso terapeutico assinstenziale. Potrebbe essere completamente assorbita dagli ospedali spoke. Attrezzare un ospedale spoke per i pazienti Covid non gravi comporta spese irrisorie rispetto a quelle necessarie per i Covid-Hotel. Il Governo ha dato la possibilità alle ASL di aprire un credito: significa che ogni ASL può acquistare strumentazione necessaria all’assistenza dei pazienti intermedi o post Covid senza pagare direttamente. Funziona così: l’ASL telefona alla ditta che vende lo strumento e la ditta lo porta il giorno successivo in Ospedale, sarà poi il Governo a pagare la ditta per l’apparecchiatura fornita. Abbiamo tutti gli strumenti per poter arricchire gli ospedali spoke, riabitando le corsie. E sono strumenti che poi rimarranno, e quindi serviranno per un’assistenza adeguata nel futuro a tutti i pazienti del territorio. Invece no, fanno gli ospedali da campo, i Covid-Hospital, tutte cose che costano molto di più” aggiunge Amodeo.
“Troppo facile riversare adesso tutte le colpe soltanto su Cotticelli che banalmente, inavvertitamente, per un probabile torpore psichico, non ha pensato di leggere le cose che aveva firmato; però questa direttiva alle ASP è arrivata eccome. La verità di tutta questa storia è che la principale responsabilità è quella delle ASP e parlo in particolare dell’ASP di Reggio Calabria dove c’è una gestione impenetrabile dal punto di vista delle richieste e dei consigli che possono provenire dai professionisti di livello. Ho vissuto momenti particolarmente seccanti quando mi sono ritrovato a parlare con i commissari dell’ASP (che è anche commissariata come la sanità Regionale) perchè venivo contestato da alcuni medici ai quali avevo di fatto chiesto di poter effettuare delle indagini strumentali, come l’eco cardiografia, che in qualsiasi cardiologia del mondo viene effettuata da tutti i cardiologi che ci lavorano. I commissari, probabilmente disconoscendo i termini del discorso, hanno dato ragione ai medici che si sentivano vessati da questa richiesta. Una richiesta che in realtà era un obbligo che gli spettava, un dovere da adempiere, non certo una cortesia. Eppure il colpevole sono risultato io che ho chiesto cose che tutti gli altri dovevano saper fare. Questo è il modo di agire, questo è ciò che succede nella sanità reggina” commenta con amarezza il dott. Amodeo.
“Eppure noi – aggiunge ancora Amodeo – abbiamo l’obbligo e il dovere di aiutare i colleghi stremati negli ospedali hub, abbiamo l’obbligo di decongestionare questi ospedali, abbiamo l’obbligo e il dovere di farli respirare e a questo mi riferisco quando dico che ho l’ospedale vuoto, è una constatazione rispetto alla possibilità che possiamo aiutare. Allo stesso modo ognuno di noi ha l’bobbligo e il dovere di trasmettere le esperienze acqauisite negli anni a tutti coloro che vogliono crescere professionalmente. Invece negli ultimi due anni c’è stata una brusca frenata della crescita professionale dei medici che hanno preferito il ruolo di questuanti in cerca di prebende anzichè misurarsi sul vero aspetto profesisonale, cioè la prestazione più qualificata possibile nei confronti dell’utente. Io per questo non rinuncerei all’idea di potermi incontrare, e avere un contraddittorio, con il direttore sanitario dell’ASP di Reggio che dovendo essere l’unico esperto in materia sanitaria, dovrà dare delle risposte precise alle lamentele, sempre educate e pacate, che vengono da chi, come me che sono l’ultimo della serie, chiede ripetutamente di poter essere messo in condizioni di lavorare al meglio. E’ da due anni, ad esempio, che chiedo l’acquisto di un ecocardiografo che possa consentire di eseguire esami con la regola della cardiologia di precisione. Per quale motivo al mondo, essendo stata la cardiologia di Polistena scelta come centro di eccellenza per svolgere importanti ricerche dal centro studi ANMCO, proteso verso la scienza e l’informazione, l’ASP si è rifiutata di approvare un atto deliberativo che consentiva lo studio della fibrillazione atriale nei pazienti affetti da cancro o oggi lo studio di svolgere il blitz-Covid che consente di studiare i pazienti affetti o non affetti da covid valutandone gli effetti della malattia? Eppure la Cardiologia di Polistena ha già portato 22 mila euro nelle casse dell’ASP con un progetto promosso dalla fondazione Maugeri, e quei soldi hanno consentito l’acquisto di arredi, l’allestimento della sala d’attesa e l’acquisto di attrezzature tecnologiche indispensabili per l’attività giornaliera di reparto“.
Per la sanità in Calabria, spiega Amodeo, “ci fuole forza delle idee e coraggio delle azioni. Senza idee non si possono concretizzare le azioni“. Ed è questo che, senza ombra di dubbio, è mancato più di ogni altro elemento negli ultimi anni di commissariamento a questa terra così bella e martoriata.