Giorgio Almirante, il riferimento politico di Scopelliti: “A 8 anni scappai dall’oratorio per assistere al suo comizio a piazza Italia”

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Grande ammirazione e rispetto dell’ex Sindaco e Governatore Giuseppe Scopelliti nei confronti di Giorgio Almirante: l’aneddoto sulla fuga a 8 anni, il primo incontro e il picchetto d’onore ai funerali. Il racconto nel libro “Io sono libero”

Una passione è una passione. Non nasce per caso. Nasce perché la si ha nel sangue. E Giuseppe Scopelliti, la passione per la politica, ce l’aveva nel sangue, sin da piccolo. Sin da quando, a soli 8 anni, scappò dalla parrocchia per assistere a un corteo di Giorgio Almirante, che era arrivato per l’occasione a Reggio Calabria. Almirante è stato il primo vero “ammiratore” politico di Scopelliti, come lui stesso racconta nel suo libro “Io sono libero“, scritto da Gianfranco Attanasio, pubblicato da Luigi Pellegrini e in vendita nelle librerie dal 10 dicembre.

“La politica mi ha sempre affascinato – dice Scopelliti – fin da bambino. Ho un ricordo nitido di Reggio dopo la rivolta del ’70. A casa mia, la sera, in occasione delle “tribune elettorali” di Giorgio Almirante calava il silenzio. Tutti di fronte al televisore in bianco e nero ad apprezzare l’oratoria di un uomo straordinario che, pur rispettando l’avversario, lo surclassava grazie a una straordinaria dialettica, con la chiarezza del pensiero, con la forza delle idee. Almirante era un gigante della politica. Un uomo che sapeva anticipare il futuro. Molte riforme costituzionali concepite in Italia sono scaturite da alcune storiche battaglie intraprese dal Movimento Sociale Italiano, guidato proprio da Almirante”.

La fuga di Scopelliti dalla parrocchia a 8 anni per assistere al comizio di Almirante a Reggio Calabria

L’ex Sindaco e Governatore, come si evince dallo scritto, racconta con trasporto la prima volta che vide Almirante dal vivo. Non aveva neanche 8 anni e gli era stato raccomandato di non andare al comizio in pieno centro a Reggio, per via di possibili scontri. Ma lui non ascoltò: “Non ricordo esattamente l’anno – si legge – ma credo che fosse venuto a Reggio per tenere un comizio tra il 1975 e il 1977. Erano gli “anni di piombo”, degli scontri di piazza tra giovani militanti di opposti schieramenti politici; una stagione in cui le ideologie “scendevano in strada”, per contrapporsi anche duramente. Quella sera, a Reggio, si sarebbe tenuta una pubblica manifestazione in piazza Italia, nel cuore della città. Durante il pranzo, mia madre, donna fieramente di destra, raccomandò ai miei fratelli di essere prudenti, di fare molta attenzione nel caso in cui si fossero recati al comizio. Mio padre condivise quella preoccupazione. Il clima in città – e non solo per l’arrivo di Almirante – era carico di tensione. Gli scontri tra le opposte fazioni non erano rari. Esaurite le raccomandazioni ai miei fratelli, mamma si rivolse a me: “Tu non puoi andare al comizio, sei troppo piccolo, e perciò rimani in parrocchia”. Prontamente feci segno di sì. Effettivamente aveva ragione, non avevo ancora compiuto nove anni. Ma, non potevo mancare a quell’appuntamento! Almirante, l’uomo “simbolo” della parola, veniva a parlare proprio al popolo della mia città … Fu così che, un’ora prima del comizio, lasciai la saletta dell’oratorio e mi sedetti sui gradini dell’Auditorium Lucianum aspettando i miei fratelli. Dopo qualche minuto, vidi Franco e Tino con Antonio Franco. Intanto, si era mosso un gruppetto di giovani parrocchiani, ai quali mi unii vincendo le resistenze dei miei fratelli. Fu così che, grazie anche all’incoraggiamento degli altri, mi incamminai verso piazza Italia. C’erano migliaia di persone in attesa. Gli applausi si ampliavano e si insinuavano in ogni via del centro. Riconoscevo la voce di Giorgio Almirante, sentivo le sue parole come una profezia, ma non riuscivo a vedere. Di quando in quando, nei momenti più alti e suggestivi del comizio, mio fratello Franco mi sollevava da terra mettendomi sulle sue spalle. Che emozione vedere un mare di bandiere sventolare e il popolo della destra calabrese osannare il suo leader. I giovani del Fronte della Gioventù inneggiavano ad Almirante. Un’emozione indescrivibile. Tornati a casa, seppi farmi perdonare la mia disubbidienza. Non stavo nella pelle. Avevo partecipato al comizio di Giorgio Almirante e per molti giorni le sue potenti parole mi tornarono in mente, come una preghiera”.

Il primo incontro di Scopelliti con Almirante e il picchetto d’onore ai funerali

Scopelliti ha poi avuto anche l’onore di conoscere Almirante di persona – agli albori della sua carriera politica – nonché il dispiacere di assistere al suo funerale, nel 1988: “Ho conosciuto Almirante nei primi anni ottanta – dice – Nel 1987, in occasione della campagna elettorale per le elezioni politiche, tornò a Reggio. Ero già un dirigente provinciale del Fronte della Gioventù. Fu straordinario: “Quanta gioventù, quante ragazze e ragazzi che animano le nostre manifestazioni; anche stasera siete tantissimi, che gioia, che gioia!”, disse in un comizio memorabile, interrotto non so dire quante volte dagli applausi della gente. Giorgio Almirante amava i giovani, fuori da ogni retorica. La scelta di Gianfranco Fini, quale suo successore, lo prova. Mentre parlo mi viene in mente un ulteriore ricordo del nostro indimenticato leader. Ero presente ai suoi funerali, il 22 maggio 1988. Con un folto gruppo di dirigenti e militanti, capeggiati dal segretario provinciale del FdG, Peppe Agliano, e da Antonio Franco, che allora guidava l’organizzazione giovanile universitaria denominata Fuan (Fronte Universitario d’Azione Nazionale), raggiungemmo via Della Scrofa per rendere omaggio alla salma di Almirante e Pino Romualdi, altra storica figura della destra italiana. Fu in quella occasione che Gianni Alemanno, allora segretario nazionale del FdG, si avvicinò a me invitandomi a seguirlo. Avevo ricevuto l’incarico di fare il picchetto d’onore ai due feretri, alternandomi con altri giovani dirigenti del partito. Il giorno dopo feci il picchetto accanto al carro funebre che anticipava il corteo, camminando compostamente e lentamente verso la chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona. Passammo “tra ali di braccia tese” e cori di saluto. Piangevano donne e uomini venuti da tutta l’Italia. Una giornata molto triste, che è scolpita nella mia mente”.

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