Il rischio educativo

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Ero giovane e baldanzosa come l’acqua quando mi capitò tra le mani un libro di Giovanni Testori. Ero Troppo giovane per capire la portata e i contenuti di una dei più grandi drammaturghi del secolo; l’unica cosa che mi rimase impressa dei suoi scritti fu una sua convinta e straconvinta affermazione sui tempi che sarebbero venuti dopo l’euforia degli anni ottanta.

Testori aveva vissuto la II guerra mondiale e in tempi di pace scrisse: “Assisteremo a tempi più terribili e più spietati del nazismo”. Con la semplicità dei miei quattordici anni mi chiesi: “E che vuol dire?” Il nazismo è già passato e superato. Sempre in quegli anni lessi “Il rischio educativo” di Luigi Giussani” e allora a livello di concetti riuscì a fissare qualcosa ma solo a livello concettuale. Adesso che ho cinquant’anni e che mi muovo nel mondo dell’educazione ho capito pienamente sia Testori che Giussani. È bastato uno scossone all’ordine costituito a livello mondiale che subito si è assistito al crollo di ogni principio, è bastata una Pandemia. È inutile stare qui ad elencare le bassezze a cui abbiamo assistito dalla caccia all’untore, allo sterminio dei più deboli e indifesi i vecchi e gli anziani. Le bassezze si sono susseguite una dopo l’altra, si può dire che è venuto fuori il peggio dell’animo umano. E allora aveva ragione Giussani, dopo l’opulenza degli ottanta il rischio che correva l’umanità era quello educativo. L’errore è stata l’educazione che non necessariamente si deve associare solo al mondo scolastico, non necessariamente. L’educazione passa dalla famiglia, dal quartiere, dalle parrocchie, dalle sedi dei partiti, dalle politiche nazionali ed internazionali. Al processo educativo di un individuo contribuiscono tanti soggetti e possibilmente questi soggetti dovrebbero cooperare tra loro per evitare che si creino nel soggetto scostamenti tra realtà reale e realtà ideale. E allora visto che al primo serio scossone, l’Umanità ha alzato bandiera bianca, dov’è il problema? Non sono una sociologa e neppure una bigotta ma penso che il nucleo stia nella mancanza seria ma seria del principio personalistico alle politiche delle Nazioni. Se manca tale principio ecco che si scatena la caccia alle streghe, si sceglie chi deve vivere o morire negli ospedali, si va a ballare fregandosene anche di chi ci dorme accanto, si tengono le aziende aperte quando fuori si muore come le mosche. È mancata l’applicazione del principio personalistico alla politica delle Nazioni altrimenti non avremmo assistito nel 2020, agli esodi, alle diaspore di interi continenti. C’è una parte di Umanità che lotta contro lo spreco e l’obesità dei cittadini e una parte che lotta per arrivare a trent’anni perché la fame non glielo consente. Ora penso che i tempi siano maturi per una inversione di tendenza perché ne abbiamo viste abbastanza, è arrivato il momento di riconoscere L’UOMO e la sua sacralità e se questa consapevolezza non tocca i grossi livelli, speriamo che graffi l’anima dell’uomo comune. Dell’uomo che si alza al mattino e va a lavorare e anche di quello che si alza e va a ciondolare. Speriamo che ci si riappropri di questa consapevolezza a livello personale e individuale. È questa la speranza l’acquisizione personale, soggettiva del fatto reale che L’UOMO È SACRO.

Graziella Tedesco

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