Il racconto che l’ex Sindaco e Governatore Giuseppe Scopelliti fa di Giacomo Battaglia è commovente: un’amicizia diventata comparato e durata nonostante le rispettive carriere e i rispettivi problemi. Con una promessa finale, purtroppo, non mantenuta…
Grandi amici sin da piccoli, dall’infanzia, ma si sono ritrovati poi più volte nel corso della vita ad incrociare le proprie strade: da dirimpettai a giovanissimi ultras della Reggina, spesso insieme e fianco a fianco nonostante le rispettive carriere politiche e teatrali, fino a quell’ultimo incontro in carcere. Il racconto che Giuseppe Scopelliti fa di Giacomo Battaglia è commovente. Nel suo libro “Io sono libero“, pubblicato da Luigi Pellegrini editore, scritto dal giornalista Gianfranco Attanasio e in vendita dal 10 dicembre, l’ex Sindaco e Governatore ripercorre il grande rapporto tra i due fino a quegli ultimi, tristi, incontri, con una speranza di “rivedersi fuori” che in realtà non è mai avvenuta.
“Il mio miglior amico? Il sentimento dell’amicizia, per via della condizione in cui mi trovo, si è molto amplificato. Ho un ricordo chiaro del mio primo amico di infanzia e di quelli che sono venuti dopo. Giacomo Battaglia, che purtroppo non c’è più, è stato il primo – spiega Scopelliti – Abitavamo nello stesso palazzo: io al quarto, lui un piano sotto. Nel ’71, a Tremulini, un quartiere del centro città, ho conosciuto anche Carletto Altomonte, con il quale conservo uno splendido rapporto nonostante viva al nord da qualche decennio. La mia vita e quella di Giacomo si sono spesso intrecciate. C’eravamo persi di vista per qualche tempo per poi ritrovarci “giovanissimi ultras” nella curva della Reggina. Lui era uno degli appartenenti allo storico gruppo dei “Warriors”, mentre io, insieme ad altri amici, avevo fondato i “Position Fighters”. Ogni domenica incontrarsi era una festa”.
Un’amicizia proseguita nonostante le carriere dei due inizino a prendere forma: “Dopo qualche anno, Giacomo incominciò la sua carriera di comico-imitatore e mio fratello Tino lo accompagnava nelle piazze della Calabria per gli spettacoli – si legge – Decise di unirsi artisticamente a Gigi, un altro bravissimo artista, formando il duo ‘Miseferi&Battaglia‘. Il loro talento non tardò ad essere apprezzato. Furono cooptati nel gruppo teatrale del ‘Bagaglino’ esordendo, con successo, nella scena artistica nazionale. Guidati magistralmente dai maestri Pingitore e Castellacci conquistarono anche i palcoscenici televisivi, al fianco dei grandi Oreste Lionello, Pippo Franco, Leo Gulotta, Carlo Frisi, Martufello, Mario Zamma, Pamela Prati, Valeria Marini, Lorenza Mario. Ricordo, come fosse oggi, quando li raggiunsi in centro per abbracciarli, prima del loro trasferimento nella Capitale. Non ho mai perso una sola trasmissione, orgoglioso e fiero non soltanto della loro amicizia, ma anche del prestigio conquistato”.
Amici, diventati poi compari: “Nel 2002, qualche mese prima della mia candidatura a sindaco della città, Giacomo aveva espresso il desiderio che fossi il suo padrino di cresima – rivela l’ex Sindaco e Governatore – Una richiesta che mi aveva reso felice. La cerimonia si era svolta una settimana prima che chiudesse la campagna elettorale. In chiesa, lo accompagnai, in fila, la mano sulla spalla, per ricevere dall’Arcivescovo il sacramento della cresima. Quanti sguardi, quanti sorrisi, quanta emozione. I tempi della cerimonia, però, si erano dilungati oltre ogni previsione. Avevo perciò accumulato un ritardo enorme sulle iniziative elettorali della giornata. Giacomo era rammaricato, io onestamente agitato, ma lo tranquillizzai dicendogli che desideravo vivere quel momento intensamente e che, perciò, gli incontri in giro per la città avrebbero potuto aspettare. Fu il regalo più bello che potessi fargli, mi disse. E me lo ha ripetuto sempre, fino a quando, purtroppo, se n’è andato”.
Scopelliti poi racconta il momento in cui ha scoperto della malattia di Giacomo: “A Giacomo venne diagnosticato un tumore. Una sentenza senza appello, che lo aveva sconvolto, ma senza intaccare minimamente il suo ottimismo. E la determinazione di affrontare come sempre anche quella difficilissima battaglia. Era stata Angela, sua sorella, a chiamarmi, una mattina di metà luglio. Giacomo era stato ricoverato d’urgenza. Rimasi con lui nei giorni e nelle settimane a venire. Anche quando, nel gennaio del 2018, si sottopose a un check-up presso il Centro Tumori di Milano. Soffriva tanto, povero Giacomo, ma era voglioso di continuare a calcare il palcoscenico. Cosa che fece, nonostante tutto, nelle settimane successive”.
L’ultimo incontro tra i due è in carcere: “La sera del 4 aprile, quando era arrivata la notizia della sentenza della Cassazione, c’era anche lui sul divano di casa mia – racconta Scopelliti – Ricordo ancora il suo stupore, la sua rabbia, la sua incredulità, il suo dolore. Dopo qualche mese, lo avevo incontrato in carcere. Si era esibito, insieme ad altri artisti, in uno spettacolo organizzato dalla struttura penitenziaria nell’ambito di un progetto di volontariato. Ci abbracciammo lungamente. Poi ruppe il ghiaccio: ‘Peppe, come ti avevo promesso, sto conducendo la mia battaglia e non mollo. Tu devi fare altrettanto, ci rivedremo tra qualche mese fuori’. Scoppiammo a piangere. Poi ci salutammo con l’impegno di rivederci presto. I nostri sguardi s’incontrarono fino a quando non scomparve, dietro la porta della sala. Quella stessa sera, a tarda ora, fu colto da malore e portato in ospedale. La sua situazione apparve subito grave, irreparabile. Da allora fu il silenzio, la perdita di ogni percezione con il mondo reale, con la vita. Giacomo continuò a sopravvivere in uno stato vegetativo per diversi mesi, fino alla morte. Non ho potuto dargli l’ultimo saluto. Entrambi ‘seppelliti’, separati. Ma lui è sempre con me, non se n’è mai andato. E rimarrà a farmi compagnia, anche quando questa storia finirà”.