In diretta Facebook il presidente f.f. della Calabria Spirlì mostra i fogli del ricorso al Tar. Visti i precedenti, tutto lascia presuppore all’accoglimento dell’istanza avanzata col ricorso e che quindi gli studenti calabresi, così come in tutte le Regioni d’Italia, torneranno in classe lunedì 11 gennaio
“Tuteleremo fino all’ultimo il diritto alla salute dei nostri ragazzi!”, inizia così la diretta Facebook del presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì. La sua ordinanza infatti ha rinviato in ritorno in classe degli studenti di scuole elementari e medie al 15 gennaio, delle superiori addirittura al 31 gennaio. Uno slittamento singolare (solo Campania, Molise e Puglia hanno agito in maniera simile) e per molti ingiustificato che ha spinto alcuni comitati genitoriali ad avanzare il ricorso al Tar per bloccare tale decisione. Molti uffici legali si sono già mossi ad intraprendere le azioni legali per conto delle famiglie, a partire dagli avvocati che avevano ottenuto il successo legale a novembre, Paolo Perrone e Nicola Cassano del foro di Paola.
Spirlì si augura che “la magistratura sappia leggere le carte”, ma i precedenti hanno sempre dato ragione alle scelte del Governo centrale. Con la sentenza del 14 dicembre il Tar di Catanzaro accoglieva il ricorso dell’avvocato Giuseppe Pitaro e sospendeva anche l’ordinanza di chiusura delle scuole del Sindaco di Crotone, spiegando che “l’indiscriminata chiusura di tutte le scuole è una misura non proporzionata” alla situazione epidemiologica Regionale, che oggi è enormemente migliorata rispetto ad allora. Nella motivazione del Tar si leggeva che “le scelte operate a livello statale sono costantemente orientate nel senso di garantire la didattica in presenza dalle materne alla prima media anche per i territori caratterizzati da rischio più grave”, cioè le “zone rosse” che al momento sono lontani dall’attuale situazione epidemiologica regionale. Il Tribunale calabrese motivava anche che i pochi casi degli alunni risultati positivi “rappresentano un dato estremamente ridotto, senza dire che la causa del contagio sulla non è con certezza correlabile con la frequenza scolastica”.
“Andremo fino al Consiglio di Stato – ha concluso Spirlì – perché ci devono spiegare il motivo dell’accanimento, non contro di me, ma contro i giovani. Io sarò lì a difendere questa ordinanza perché è misurata al pericolo che si può correre. Ci sono alcuni paesi come Rosarno, Piscopio e Fabrizia che sono saturi, questo è il periodo in cui c’è la maggiore possibilità di contagio. Mi farebbe piacere venissero allo scoperto anche coloro che fanno ricorso, anziché nascondersi dietro il diritto alla privacy. Mi auguro che nessuno si ammali perché, come lo posso essere io, dovrebbero sentirsi responsabili anche altri”. A sentire queste parole sembra quasi che ci sia un complotto per far tornare i ragazzi a scuola, come fosse un dispetto nei loro confronti, ma non tiene conto dell’importanza delle lezioni in presenza e non si considera come non sia stata la scuola il motore della seconda ondata di contagi.