Don Fulcone Antonio Ruffo divenne Principe di Scilla alla morte del padre Guglielmo, avvenuta nel 1748, in concomitanza con la fine dell’epidemia che era iniziata nel marzo del 1743
Don Fulcone Antonio Ruffo divenne Principe di Scilla alla morte del padre Guglielmo, avvenuta nel 1748, in concomitanza con la fine dell’epidemia che era iniziata nel marzo del 1743, quando un equipaggio malato di peste era approdato con un mercantile genovese nel porto di Messina, trasmettendo la malattia nei dintorni dello Stretto. Il nuovo principe di Scilla dopo la peste, aumentò le tasse ai commercianti e soprattutto ai padroncini delle feluche che si opposero ai pagamenti ritenuti troppo esosi. La causa era stata presentata dallo scillese Don Antonio Minasi che compilò di suo pugno il ricorso direttamente a Napoli, al Re Ferdinando IV, presso la Regia Camera dove fu richiesta la sospensione delle gravose tasse imposte dal loro feudatario Don Fulcone Antonio Ruffo. La battaglia legale era basata sulla richiesta di annullamento delle due gravose “gabelle” del guadagno e del cambio, che praticamente era una tassa del 10 % sul guadagno lordo delle imprese. Don Antonio Minasi che a quei tempi era molto vicino al Pontefice Clemente XIV, denunciò i 68 reati commessi dal Principe Ruffo di Scilla coinvolgendo per questa causa altri 400 cittadini scillesi, incoraggiati dalla difesa del loro illustre cittadino. Le omissioni, le lungaggini burocratiche, i tradimenti e le vendette non portarono alle giuste rivendicazioni degli scillesi nell’immediato, e le prese di posizioni del Minasi non piacquero al Principe di Scilla Don Fulcone che iniziò ad esercitare delle vessazioni contro coloro che a suo parere si erano ribellati contro di lui. Nel settembre del 1776 infatti, il Principe si adoperò di imporre al suo popolo numerosi atti fiscali, tra i tanti articoli il n° 20 riguardava la pesce spada o lanciato, o anche irretito in mari lontani con nuovo strumento chiamato rete “palamatara” o “Tonnara volante”. Il Principe con questo nuovo regolamento tentò di esigere una somma che corrispose ad un terzo del pescato, oltre a pretendere personalmente un rotolo di ventresca, dei calli, dei ciuffi, ed parti più nobili del pesce spada. Qualche anno prima, precisamente nel 1773 alla morte del prete di Scilla, Don Diego Tomacelli, il comune di Scilla che allora veniva chiamato “università”, intendeva nominare Don Domenico Minasi, un prete molto capace e amato degli scillesi.
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Enrico Pescatore
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