Il Castellano di Scilla divenne con intrighi e loschi maneggi conte di Catanzaro e vicerè del regno di Calabria

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Il Castellano di Scilla, Pietro Ruffo, da abile servo degli svevo, divenne con intrighi e loschi maneggi conte di Catanzaro e vicerè del regno di Calabria

Dopo la morte dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Federico II, avvenuta il 13 dicembre 1250 l’eredità del regno passò al figlio Manfredi che da subito, si trovò in chiaro dissidio con il Pontefice Innocenzo IV che non vedeva di buon occhio l’insediamento della casa imperiale di Svevia nel Regno di Sicilia. Manfredi, abile diplomatico, concluse con il pontefice un accordo a suo favore: fu assolto dalla scomunica e nominato vicario della Chiesa nella maggior parte del Regno di Sicilia. Nello stesso periodo il Viceré Manfredi nominò Conte di Catanzaro Pietro Ruffo, che su sua indicazione fortificò nel 1255 il Castello di Scilla, collocandovi un presidio militare. Pietro Ruffo divenne tanto potente che Papa Innocenzo IV volendo impadronirsi del Regno di Napoli gli riconobbe i suoi possedimenti, spingendolo anche ad occupare la Calabria. Pietro Ruffo cercò di barcamenarsi tra Manfredi e Innocenzo IV, ma in seguito il Papa gli affidò a Roma una Armata per sconfiggere Manfredi e si inimicò il Viceré Svevo, tanto che per sfuggire alle sue persecuzioni dovette rifugiarsi in Francia, da dove ritornò successivamente al seguito di Carlo I d’Angiò, che reintegrò i suoi possedimenti. Nel dicembre 1254 morì papa Innocenzo IV e il conflitto proseguì sotto il comando del suo successore Alessandro IV, assai meno energico del suo predecessore, che pronunciò una nuova scomunica nei confronti di Manfredi. L’anno dopo, nel 1257, sbaragliò l’esercito pontificio, rimanendo in saldo possesso del regno e diffusasi nel 1258, probabilmente per opera stessa di Manfredi, la voce della morte del giovanissimo nipote Corradino, prelati e i baroni del regno invitarono Manfredi a salire sul trono per essere incoronato Re. Tale elezione non venne riconosciuta dal papa Alessandro IV che ritenne pertanto Manfredi un usurpatore. Fra il 1258 e il 1260 la potenza dello Svevo si estese in tutta Italia. Nel 1264 morì pontefice Alessandro IV e fu eletto papa Urbano IV che scomunicò nuovamente Manfredi e riuscì a convincere Carlo I d’Angiò, fratello del Re Luigi VIII di Francia a conquistare la Sicilia. Lo stesso Papa avrebbe incoronato Carlo I come Re di Sicilia l’anno successivo e i d’Angiò venivano ufficialmente chiamati in Italia per una sorta di crociata contro gli Svevi. Ma nel 1264 morì anche il pontefice Urbano IV e fu eletto papa Clemente IV che proseguì la politica anti-sveva e favorì ulteriormente lo scontro per mezzo degli Angioini. Carlo I, raggiunto a quel punto dal grosso del suo esercito, incominciò l’attacco a Manfredi nel 1266. I baroni della Terra di lavoro si schierarono con Carlo I, abbandonando il sovrano Svevo, che fu costretto a ripiegare in Campania. Le milizie siciliane e saracene insieme alle tedesche difesero strenuamente il loro Re, mentre quelle italiane abbandonarono Manfredi, che morì combattendo nella celebre “Battaglia di Benevento”. Pietro Ruffo dopo aver trovato rifugio in Francia con parte della famiglia, si schierò con Carlo I d’Angiò riottenendone l’investitura della contea di Catanzaro come compenso per aver tolto Amantea nel 1268 ai seguaci di Corradino di Svevia, ma si distinse anche tra il 1280 e il 1281 nella difesa di Catanzaro durante la guerra dei Vespri. Il capostipite dei Ruffo, Pietro, da abile servo della famiglia Svevo, divenne con intrighi e loschi maneggi Conte di Catanzaro e Vicerè del Regno di Calabria. L’adesione al partito angioino procurò ai vari rami della famiglia Ruffo una grande potenza economica e notevole peso politico. Le interminabili guerre di successione che seguirono, videro ancora i Ruffo protagonisti, ma divisi tra i vari contendenti a seconda della convenienza del momento.

Enrico Pescatore

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