Il monastero dei padri basiliani e la Chiesa di San Pancrazio furono attivi nel castello di Scilla fino al 1424

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Fino al 1429 nel Castello di Scilla furono attivi il monastero dei padri basiliani e la Chiesa di San Pancrazio

I monaci basiliani si ispirano alle tre regole fondamentali dettate da San Basilio, il lavoro manuale, che rafforza il corpo, la preghiera che rinfranca lo spirito e lo studio della Sacra Scrittura che illumina la mente. I lavori manuali artigianali spesso consistono nella tessitura, calzoleria, muratura, falegnameria e agricoltura. L’abbigliamento dei monaci basiliani era caratterizzato spesso da una semplice tunica e il loro stile di sostanziale semplicità era da esempio alla comunità. Davano lavoro ai bisognosi, assistevano i malati, i poveri e gli orfani e le cittadelle che loro costituirono, in seguito, furono denominate “città basiliane”. Nel 726 l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, emanò un editto con il quale ordinava la distruzione delle immagini sacre e delle icone in tutte le province dell’Impero. Mosaici e affreschi furono distrutti a martellate, le icone fatte a pezzi e gettate nel fuoco; furono eliminate molte opere d’arte e uccisi diversi monaci. Motivo del provvedimento era quello di stroncare il commercio delle immagini e combattere una venerazione considerata superstizione e idolatria. Questa lotta, detta iconoclasta, mise in fuga dall’Oriente migliaia di monaci, che per sfuggire alla persecuzione si rifugiarono nelle estreme regioni meridionali dell’Italia e nel Salento. I Basiliani, per scampare alle persecuzioni, furono costretti a nascondersi in luoghi solitari come grotte, foreste e sulle pendici delle colline, che divennero luogo d’alloggio e di preghiera. A volte, quando non potevano adattare grotte naturali, scavavano nella roccia più friabile, dove creavano dei rifugi simili a pozzi. Secondo lo storico scillese Don Giovanni Minasi, infatti, il Monastero dei Padri Basiliani a Scilla venne fondato tra l’ottavo e il nono secolo d.C. quando, molti monaci di San Basilio si stabilirono in Sicilia ed in Calabria, durante la dominazione bizantina. La rupe perse, quindi, la sua destinazione originaria d’insediamento militare, ospitando un monastero amministrato dai padri Basiliani. Sempre secondo il Padre Minasi che esaminò un antica pianta topografica, il Monastero fu costruito nel Castello di Scilla e precisamente dal lato che guarda verso Sud mentre la chiesa dedicata a San Pancrazio, di rito italo-greco era posta sullo stesso lato con la facciata ad Ovest. San Pancrazio fu il giovane cristiano martirizzato all’età di quattordici anni, a Roma sulla via Aurelia, sotto l’impero di Diocleziano; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa. Il luogo era stato scelto per difendersi degli attacchi continui ed improvvisi che venivano fatti in quel periodo molto violento. I monaci erano degli abili incisori e trascrittori. Ben presto il Monastero di San Pancrazio diventò centro di riferimento culturale tra i più importanti dell’intera regione. Tra il 1060 e il 1071 avvenne la conquista Normanna e il monastero di San Pancrazio, ottenne particolari agevolazioni dal Conte Ruggero II d’Altavilla. Nel 1074 infatti i basiliani ottennero dal Conte il “bosco delle forche” di Solano e diversi possedimenti di Melia per il diritto di pascolo, di fare legna e di coltivare nei terreni agricoli. I Monaci per il loro mantenimento iniziarono così ad esigere dagli scillesi il quinto dei prodotti in natura, l’ottava parte del frumento che si raccoglieva e l’ottava parte del vino che si vendeva a Scilla o che veniva da fuori. Nel tempo della pesca del pesce spada richiedevano una quantità di pescato per uso delle loro mense giornaliere, perché permettevano ai pescatori di collocare i loro “avvistatori” sui promontori di proprietà del Monastero, come nelle contrade Fronte, Pacì, San Gregorio o direttamente sul Castello. Nel 1421 il Castello era stato occupato e fortificato da Gutterra De Nava e quando nel 1424 i padri basiliani decisero di abbandonare Scilla, il nuovo castellano si dichiarò abusivamente successore dei religiosi, impossessandosi dei beni e di tutti i loro diritti.

Enrico Pescatore

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