Il San Valentino di Craxi non parlava d’amore ai lavoratori

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Il decreto del governo Craxi che tagliava 3 punti di scala mobile (la “raffreddava”, si disse al tempo) approvato il 14 febbraio 1984 e per questo fu detto “di san Valentino”. Ma non parlava d’amore.

La scala mobile era quel meccanismo che difendeva i salari, provocandone almeno parzialmente l’aumento all’aumentare dell’inflazione. Era importante per tutti i lavoratori nel momento in cui cui l’inflazione era molto alta.

Perché Craxi decise di “raffreddare” la scala mobile? Il decreto fu il momento culminante dell’attacco del governo Craxi contro la Cgil e soprattutto contro il Pci, che di quel sindacato era la parte preponderante.

La trattativa col sindacato era in merito al taglio di taluni punti della scala mobile di contro ad alcune concessioni su riforme minori. La Cgil era contraria, Uil e Cisl favorevoli. Per rompere l’unità sindacale, il governo stabilì il taglio di 3 punti di scala mobile con un decreto,  senza aspettare che le parti sociali trovassero un accordo. Il taglio non era molto rilevante, ma era chiaro che una volta imboccata quella strada qualsiasi governo sarebbe in seguito potuto intervenire per congelare il costo del lavoro. La importanza del decreto era simbolica, riguardava il tipo di ruolo che le forze dei lavoratori dovevano avere nella società.

Il Pci insorse non solo e non tanto contro il provvedimento in sé, ma contro il fatto che il governo agiva d’imperio, rompendo la trattativa in corso coi sindacati.

Le relazioni tra Psi e Pci, tra Craxi e Berlinguer, erano al minimo storico, perché tutta la politica craxiana era volta a ridimensionare il Partito comunista, prendendone il posto come guida della sinistra, senza peraltro riuscirci.

Enrico Berlinguer portò il suo partito nettamente più a sinistra della Cgil, che era pavida sul punto di merito e di metodo del decreto. Vi fu una grande battaglia parlamentare, dove alla fine il governo Craxi ottenne la conversione del decreto in legge, nell’aprile 1984. Il Pci annunciò di voler lanciare il referendum abrogativo, cosa che fece alcuni mesi dopo. Un settore dei vertici della Cgil (anche comunista, di tendenza “migliorista”, filosocialista), non nascose la propria contrarietà e di fatto non mobilitò tutto il sindacato con decisione in appoggio al referendum. Esso fu sostenuto con forza dal Pci, o per meglio dire dalla sua maggioranza berlingueriana-ingraiana (la destra migliorista di Napolitano era da tempo all’opposizione e di essa faceva parte anche Lama, segretario generale della Cgil), e dalle categorie sindacali più combattive (la Fiom ecc.). Nonché dai sindacati autonomi e dai fascisti di Msi e Cisnal, che però erano poca cosa.

In questa situazione difficile Berlinguer morì improvvisamente, nel giugno 1984.  Nonostante la morte di Berlinguer (“il trombettiere che suonava la carica”, come venne definito per la sua opposizione al decreto), il 9 giugno 1985 il sì nel referendum sull’abolizione del decreto Craxi ottenne quasi il 46 per cento dei voti. Era un successo non irrilevante, visto che quasi tutti i partiti (il 70 per cento) erano schierati per il no.

Dopo la morte di Berlinguer la destra interna e le posizioni moderate del Pci avevano ripreso spazio e avevano iniziato a condizionare fortemente il partito. In questa situazione, il referendum fu letto come una drammatica sconfitta della sinistra comunista e del movimento delle classi lavoratrici – cosa che non era, anche perché la sua valenza era soprattutto simbolica. Ma i simboli contano e anche da lì iniziò l’avanzata del neoliberismo e della “rivoluzione conservatrice” in Italia.

Olga Balzano Melodìa

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