Il mostro di Scilla ha una duplice valenza mitologica che riguarda un “prima” ben rappresentato a Messina, ad Ostia antica e a Napoli ed un disastroso “dopo”

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Il mostro di Scilla ha rappresentato un fenomeno tanto complesso da divenire mitologico e oggi ha addirittura una doppia valenza, che si lega purtroppo ad un anno ben preciso, il “1899”, uno spartiacque tra la storia del “Prima” del Mostro, e la storia del “Dopo”

Il mostro di Scilla ha rappresentato un fenomeno tanto complesso da divenire mitologico e oggi ha addirittura una doppia valenza, che si lega purtroppo ad un anno ben preciso, il “1899”, uno spartiacque tra la storia del “Prima” del Mostro, e la storia del “Dopo”, quella del nostro presente. Nella storia del prima, attraverso Omero, Ovidio, Virgilio fino a Dante e a Manzoni, il mito di Scilla è stato raccontato in modo sacrale per poter svelare dei misteri e tentare di dare risposte a molti interrogativi a quei tempi difficilmente spiegabili. Un susseguirsi di fenomeni in un luogo caratteristico con pareti a strapiombo, promontori, insenature e soprattutto la presenza e la forma di scogli appuntiti in un punto caratteristico con particolari correnti marine cambianti, hanno creato un mito. Il mito corrispondeva ai “faraglioni” sotto la rupe del Castello di Scilla poiché erano loro che causavano grandi problemi di navigazione agli uomini. Ai tempi del “Prima del Mostro” l’opera d’arte a noi più vicina che rappresenta anche la figura del Mito di Scilla è la “Fontana del Nettuno” a Messina, costruita dallo scultore Giovanni Angelo Montorsoli che fu collaboratore di Michelangelo. Nella Fontana, Nettuno incatena i due mostri marini Scilla e Cariddi e in origine aveva le spalle rivolte verso il mare, infatti Nettuno guardava l’interno di Messina al fine di donare le ricchezze del mare. Nel 1934 dopo vari danneggiamenti bellici che costrinsero la sostituzione delle statue originali con copie, la Fontana fu spostata, subendo però una rotazione di 180 gradi, e oggi la divinità guarda verso il mare e con la mano “cerca di fermarlo”, anche perché nel 1908 a causa del terremoto, vi fu anche un maremoto. Anche al complesso termale pubblico, costruito dall’imperatore romano Publio Elio Traiano Adriano e inaugurato nel 139 d.C. come “Lavacrum Ostiense”, oggi “Terme di Nettuno” a Ostia Antica è raffigurato il Mostro di Scilla. Dall’ingresso si accede ad un disimpegno dove si trova il “Mosaico di Nettuno” che da il nome odierno alle terme, i cui pavimenti sono i più ammirati, soprattutto per le vivaci scene marine che si susseguono in più ambienti comunicanti.

Raffigurano il dio Nettuno su una quadriga di ippocampi e la sua sposa Anfitrite, che, remo alla mano, combatte contro dei mostri marini tra Nereidi, Tritoni, amorini, delfini e appunto Scilla, il terribile mostro incontrato da Ulisse nel suo viaggio. Gli artisti costruttori del mosaico hanno tradotto con grande maestria i modelli greci, riuscendo a rendere il movimento delle figure, come nei quattro cavalli marini della quadriga che sembrano “trascinati in direzione diversa dalla loro stessa irrefrenabile corsa”. Scilla è una delle figure che animano il pavimento a mosaico del “Frigidarium” delle Terme di Nettuno a Ostia Antica. Il corpo multiforme, formato da tre code serpentiformi, due teste di cane latranti la rendono davvero mostruosa e solo la parte superiore è rimasta umana e con le braccia alzate brandisce il timone strappato, a una qualche sfortunata nave e tutt’intorno nuotano pesci ed altre figure marine fantastiche. Un’altra opera d’arte che riguarda il Mostro di Scilla è il “Trapezoforo di Scilla col Centauro” esposto in una saletta del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il lavoro scultoreo è bifacciale poiché ad una estremità viene rappresentato un mostro marino dal corpo di donna, con il braccio destro scompostamente portato sulla testa che avvolge con le spire della sua coda pisciforme, il corpo esamine di un uomo, mentre le tre teste di cane che si dipartono dal suo ventre fanno scempio di altri naufraghi che si dibattono tra le onde che rappresentano il mito omerico di Scilla che ghermisce i compagni di Ulisse, mentre sull’altro lato è raffigurato un centauro. Le generazioni del “Dopo del Mostro” furono quelle successive al 1899, quando, una classe dirigente arrogante e criminale distrusse i faraglioni con delle cariche esplosive, perché rappresentavano un ostacolo alla costruzione del nuovo porto di Scilla, decidendo “per sempre” di interrompere un mito durato secoli e che oggi non esiste più. La storia dei “Faraglioni di Scilla” rappresenta infatti la storia del mito, ed è approfondita nel mio libro, appunto “Faraglioni e Tempeste tra Scilla e Cariddi”.

Enrico Pescatore

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