Reggio Calabria, la città del “mi ndi futtu”: ma tutto questo schifo è normale?

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Reggio Calabria vive la sua normalità. Una triste normalità. L’assuefarsi a tutto questo, però, è ancora peggio della condizione stessa in cui viviamo…

La peggior sconfitta per una città non è il degrado urbano, ma l’assuefazione a questo stato di “normalità”. Perché purtroppo, per noi, questa è diventata normalità. Triste normalità. “Torneremo alla normalità” è una frase che abbiamo sentito pronunciare spesso in questi mesi, con ben altri riferimenti. Reggio Calabria? Ha anticipato i tempi, ha anticipato tutti. La normalità l’ha già raggiunta, e sai che soddisfazioni?

Sai che soddisfazioni fare lo slalom tra le buste in mezzo alla strada? Sai che soddisfazioni dover scegliere una strada alternativa parallela a quella che volevi percorrere, perché quest’ultima ricca di “decorazioni” (enormi voragini e montagne di rifiuti)? Sai che soddisfazioni camminare per le vie della città e vedere il vecchietto col bastone costretto a farsi largo in mezzo all’immondizia? Sai che soddisfazioni nel vedere le Instagram Stories di Emilie Nef Naf (dolce metà di Jeremy Menez e famosissima in Francia) o di Gabriele Parpiglia (reggino ma molto noto nel mondo dello spettacolo e attivissimo sui social) i quali fotografano una situazione che, ahinoi, mette in evidenza la realtà di Reggio agli occhi di tutta Italia e di parte della Francia? Sai che soddisfazioni dover ascoltare gli sfoghi di un dirigente scolastico che ha trascorso il weekend a sgombrare dai rifiuti la strada antistante il suo Istituto, come se non bastassero tutti i problemi a cui deve far fronte al momento?

Tutto questo schifo, per voi, lettori e cittadini di Reggio Calabria, è normale? Io, francamente, provo una VERGOGNA INFINITA! Provo vergogna a dover ripulire il marciapiede sopra casa mia perché sporcato dalla presenza di preservativi usati. Provo vergogna a dover fermarmi con la macchina, nel tragitto che mi porta al lavoro, perché mi trovo di fronte buste di immondizia che ostacolano il cammino; come fosse un gatto qualunque che sta attraversando la strada. Provo vergogna a guardare la mia città, dopo ore intense di pioggia, coi rifiuti galleggianti per le vie come fossero canoe alla finale delle Olimpiadi. Provo vergogna ad immaginare il turista che, uscito dal Museo ed estasiato per la visita ai Bronzi, fuori si ritrova invece gli “stronzi” (galleggianti). Provo vergogna ad immaginare i pensieri di un nuovo calciatore della Reggina – proveniente da Firenze, Bergamo, o dalla Francia, dalla Croazia, dalla Svezia, dall’Argentina – alla vista di tutto questo.

Ma vuoi vedere che forse quello strano sono io, che quasi quasi mi incazzo? Ma sì, “mi ndi futtu“, tanto qui è cosa comune. Basta che “u café è pavatu“, che “me cumpari sistema a me figghiu“, che fanno “festa i maronna” e che “a Reggina vinci“. Ma uno scatto d’orgoglio quando? Anche in nome di chi ora si sta rivoltando nella tomba dopo essere morto per la propria città? Ma tanto, è la nostra normalità. E sai che soddisfazioni?

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