Storie e leggende che iniziano sin dal Medioevo per arrivare ai giorni nostri: gli aneddoti e la ricetta originale del pescestocco alla ghiotta di Messina
Il cibo è cultura, soprattutto in Sicilia dove l’arte culinaria ha un valore enorme nella tradizione popolare. In un mondo digitalizzato in cui tutto scorre molto velocemente, i costumi del territorio lasciano sempre più spazio alla moda e alla globalizzazione. Esistono però delle consuetudini intrinseche all’interno di un popolo che cancellare o dimenticare è quasi impossibile. Ad esempio chi è nato Messina senza dubbio conoscerà il proverbio: “Sciroccu, malanova e piscistoccu a Missina non mancanu mai”, proprio perché tra le più note specialità culinarie del territorio c’è certamente quella del pescestocco (o stoccafisso). Una vera e propria tradizione che ha radici storiche legate alla posizione geograficamente favorevole della città dello Stretto e del suo porto nel Mar Mediterraneo.
Ma partiamo dalle sue antiche origini: il Concilio di Trento (1545-1563), tra le varie regole che il cristiano doveva osservare, impose quella di “cucinare di magro” durante il periodo della Quaresima di Pasqua. Tutto parte da Martin Lutero che, tra le sue 95 tesi affisse alle porte del Duomo di Wittemberg, dichiarò guerra alla religione cattolica che, smossa da queste accuse, cominciò a guardare alla “povertà della tavola”. Si narra che fu, in realtà, l’arcivescovo svedese, Olao Magno, a cui era stata affidata la chiesa di Santa Brigida, principessa svedese, eretta a Roma nel XIV, con un piccolo libro da lui scritto, a destare la curiosità intorno al pesce stocco: “un pesce detto merlusia, essiccato ai venti fressi che li mercanti germani barattano con cervogia, grano e legno”. Il racconto si ricollega al fatto che la richiesta sempre maggiore fece arrivare, dai mari del nord, bastimenti a vela adibiti al trasporto del pesce stocco, essiccato dai venti freddi delle isole Lofoten, chiamato in quelle terre lontane “Gadus Morrhua” come il baccalà con la differenza, però, che questi è conservato sotto sale. In breve tempo raggiunse il territorio italico, dal Veneto alla Liguria, dalla Campania fino alla Sicilia. Trattandosi di un prodotto facilmente trasportabile e di lunga conservazione sicuramente ha acquistato l’apprezzamento dei commercianti che lo trovarono ottimo per il consumo e come merce di scambio.
Il Porto di Messina rivestiva inoltre un ruolo centrale nel traffico marittimo nel periodo storico dal Medioevo fino al XVII° secolo ed è molto probabile che l’arrivo del pescestocco sulle tavole dei messinesi (come accadde in altri importanti scali portuali come a Genova, Napoli o Venezia) coincida proprio con quel periodo. Nacquero così “i putii di manciari” dove era possibile incontrare, sin dalle prime ore del giorno, come clienti fissi i “scaricaturi i pottu”, consapevoli che un pasto simile li avrebbe rinvigoriti, dandogli la forza per affrontare la pesante giornata. Un patrimonio che ha iniziato ad essere tramandato di generazione in generazione, costantemente ricreato dalla comunità in funzione del suo ambiente, della sua interazione con la natura e la storia, dando alla comunità stessa un senso d’identità e di continuità. Nella Messina cosmopolita, ricostruita dallo scrittore Vanni Ronsisvalle, il pescestocco diventa cibo comune grazie alle tante “putie” e trattorie presenti persino dopo il terremoto del 1908, come rileva Giuseppe Loteta, che si immerge con gusto dentro il mondo evocativo di locali “mitici” quali Don Fanu, Donna Giovanna, Patri Natale, Don Mommo, Lina a Ganzirri, Don Pitrizzu all’Opera.
“A Putia i Don Fanu” e la sua specialità: il Pescestocco alla Ghiotta
La tradizionale ricetta del Pescestocco alla messinese
Ingredienti x 3 persone
olio extravergine di oliva (abbondante)- 2 cipolle
- sedano (coste + foglie)
- capperi sottosale circa 50 gr
- olive verdi “in salamoia” siciliane circa 15-20
- 700 gr stoccafisso ammollato
- 4 patate
- 600 ml di passata di pomodoro tipo rustica
- acqua q.b.
- sale & pepe
- prezzemolo tritato
- peperoncino
- Per questa ricetta, lo stocco deve essere ben ammollato in acqua, spinato e tagliato in pezzi di circa 5 x 8 centimetri.
Iniziare a lavare bene lo stocco sotto l’acqua corrente poi lo asciugo su carta assorbente da cucina.- Metto da parte il pesce e inizio ad occuparmi delle patate. Le pelo, le lavo e le asciugo, se sono troppo grosse le taglio in grossi spicchi, se sono di media grandezza le lascio intere. In una padella faccio rosolare le patate ben tamponate con olio di oliva e un pizzico di sale.
- Nella stessa padella subito dopo faccio rosolare anche il pesce stocco e lo metto da parte.
- In un altro tegame, abbastanza ampio da contenere tutto, scaldo abbondante olio e faccio soffriggere la cipolla e il sedano tritati, insieme a un pugnetto di capperi dissalati e alle olive snocciolate.
- Aggiungo circa la passata passata di pomodoro e regolo di sale.
- Faccio cuocere a fuoco basso per circa mezz’ora, poi aggiungo le patate.
- Quando le patate sono a metà cottura unisco lo stocco.
- Se necessario aggiungo qualche cucchiaio di acqua.
- Proseguo la cottura a fuoco lento, aggiungo del peperoncino, agitando la casseruola di tanto in tanto con movimenti orizzontali decisi.
- Regolo di sale e pepe e porto a cottura.
- La ghiotta è pronta quando il sugo è ristretto e la forchetta entra senza sforzo nelle patate e nello stocco.