Etna, 40 anni fa la violenta eruzione di Randazzo [FOTO]

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Per chi vive sull’Etna è un periodo di frenesia. L’ultima eruzione, estremamente pericolosa ma fortunatamente di breve durata, era avvenuta poco più di un anno e mezzo prima, ad agosto 1979

Marzo 1981. Da settimane l’Etna trema, con migliaia di piccoli terremoti, che man mano aumentano di frequenza ed intensità. E’ forse il segno che il fianco del vulcano sta per aprirsi da qualche parte per generare un’eruzione laterale? Per chi vive sull’Etna è un periodo di frenesia. L’ultima eruzione, estremamente pericolosa ma fortunatamente di breve durata, era avvenuta poco più di un anno e mezzo prima, ad agosto 1979.

Il 16 marzo 1981, le agenzie di stampa riportano la notizia all’estero: i vulcanologi stanno aspettando un’eruzione, probabilmente nel settore settentrionale della montagna, dove i terremoti sono maggiormente concentrati. Alcuni di questi terremoti vengono anche avvertiti dalla popolazione dei centri abitati più vicini, fra cui la cittadina di Randazzo, famosa per il suo centro storico medievale. I terremoti avvengono ad una frequenza di circa 50 eventi all’ora. Da una profondità di diversi chilometri una massa di magma spinge verso la superficie, tagliando il fianco della montagna come un cuneo, rompendo le rocce e così generando centinaia di scosse sismiche.

Comincia l’eruzione

Poco dopo l’ora di pranzo del 17 marzo, ad una quota di 2625-2500 m, iniziano ad aprirsi fratture nel versante nord dell’Etna. Ha inizio una delle più drammatiche e distruttive eruzioni dell’Etna degli ultimi secoli. Un evento che sarà di brevissima durata e che si svilupperà con una dinamica insolitamente violenta e rapida. L’evento fu osservato e studiato dai vulcanologi dell’Università di Catania e dell’Istituto Internazionale di Vulcanologia, istituto che è confluito nell’attuale Osservatorio Etneo dell’INGV.

In soli due giorni, le colate laviche inondano e devastano boschi, terreni coltivati, vigneti, casolari e abitazioni; tagliano strade, ferrovie, travolgendo le linee telefoniche ed elettriche. Per poco le colate non raggiungono la cittadina di Randazzo e il vicino borgo di Montelaguardia. Si sfiorò quanto accaduto nel 1928, quando il paese di Mascali fu quasi completamente distrutto da una colata lavica. Eruzioni di questo tipo rappresentano uno degli scenari più estremi per la regione etnea, soprattutto nel caso in cui dovessero colpire i settori più densamente popolati sui fianchi sud e sud-est.

L’inizio dell’eruzione è seguito direttamente dai vulcanologi sorvolando il vulcano in elicottero (Figura 1 della gallery scorrevole in alto). Alle ore 13:37 del 17 marzo 1981, un sistema di fessure eruttive comincia ad aprirsi a quote comprese tra 2625 e 2500 m sul versante settentrionale dell’Etna. Accompagnate da fontane di lava ed occasionali esplosioni freatomagmatiche causate dall’interazione fra il magma incandescente e la spessa coltre di neve presente sul vulcano, vengono emesse diverse colate laviche di piccola entità. Nel frattempo il sistema di fratture eruttive continua a propagarsi verso NNW, in direzione della città di Randazzo.

La colata di lava

Nella serata del 17 marzo si apre una frattura a quota 1800 m slm, dalla quale una voluminosa colata lavica comincia ad avanzare molto rapidamente verso nord, minacciando l’abitato di Montelaguardia, a pochi chilometri a est di Randazzo (Figura 2).

Nelle prime ore del 18 marzo, il sistema di fratture eruttive si propaga ulteriormente verso il basso e nella tarda mattinata raggiunge quota 1400. La colata lavica principale (alimentata dalla frattura a 1800 m) segue un percorso che si dirige fra Randazzo e Montelaguardia (Figura 3). Le nuove colate emesse dalle bocche più basse cominciano a scendere direttamente verso Randazzo.

I danni

In poche ore, la colata principale distrugge dozzine di case di campagna e terreni coltivati e taglia tutte le vie di comunicazione: i binari delle Ferrovie di Stato e della Ferrovia Circumetnea, la S.S. 120 e diverse altre strade (Figure 4 e 5). Interrompe le linee elettriche e telefoniche, lasciando Randazzo al buio ed isolata. Rallentando, la colata raggiunge l’alveo del fiume Alcantara dove si ferma senza aver toccato il fiume stesso, ad una distanza di 7.5 km dalle bocche eruttive.

Finalmente si arresta

Continua intanto la propagazione del sistema di fratture eruttive, che termina nel pomeriggio del 18 marzo con l’apertura di alcune piccole bocche a quota 1250-1115 m, dalle quali escono solo minori volumi di lava. Infine, l’eruzione comincia a perdere forza, e la colata che sta minacciando Randazzo rallenta. Per alcuni giorni (fino al 23 marzo) continua una debole attività stromboliana alle bocche poste a quota 1250-1115 (Figura 6). Le emissioni alimentano scarsamente la colata in direzione di Randazzo che finalmente si arresta a 2 km dall’abitato il giorno 23 marzo.

Il volume totale di lava emessa in questa eruzione è stimato di circa 20-30 milioni di metri cubi. Nonostante questo volume sia relativamente modesto, i tassi effusivi durante i primi due giorni dell’eruzione hanno raggiunto picchi eccezionali di circa 600 m3 di lava emessa al secondo.

Nei racconti degli abitanti, raccolti molti anni dopo, si riconosce il dramma di quei tre giorni, dal 17 al 19 marzo 1981, che per poco non ha colpito Randazzo e il vicino borgo di Montelaguardia. Storie di case e terreni persi, di persone salvate in extremis, di cisterne che esplodevano quando la lava le riempiva entrando in contatto con l’acqua presente, di bestiame in agonia e contadini disperati, incapaci di salvarli perché la lava avanzava rapidamente. Dai loro racconti emerge anche che la popolazione non aveva appreso dell’avviso di un’eruzione imminente arrivato invece nei media all’estero il giorno prima. Molti si accorsero dell’eruzione solo quando la lava stava già passando a poche centinaia di metri dalla periferia di Randazzo.

di Boris Behncke

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