Origini e tradizioni della festa di San Giuseppe in Sicilia: dal mito di Demetra alle tavolate ricche di prelibatezze dei giorni nostri
La festa di San Giuseppe è una fra le più sentite celebrazioni religiose d’Italia, particolarmente in Sicilia. Sull’isola sono tanti i paesi che hanno in San Giuseppe il santo patrono al quale si rivolgono nei momenti di preghiera. La festività si tiene il 19 marzo, lo stesso giorno in cui si festeggia la festa del papà, chiaro riferimento alla figura del Santo in qualità di padre putativo di Gesù, nonchè protettore degli orfani, delle giovani nubili e dei più sfortunati. La festività è legata anche al pane, alla fertilità e all’abbondanza, elementi che richiamano la primavera: proprio il 19 marzo cade l’equinozio di primavera. Nel 1600 la festività compare per la prima volta nel calendario, fino al 1977 era invece considerata una festività religiosa nazionale. In tutta la Sicilia San Giuseppe viene celebrato attraverso funzioni religiose, eventi mondani e tradizioni culinarie.
La Festa di San Giuseppe: Il mito di Demetra e Persefone
Come spesso accade nelle tradizioni più antiche, anche le festività di San Giuseppe affondano le proprie radici nei miti dell’antica Grecia. In questo caso la figura di riferimento è una donna, anzi un’olimpica, Demetra, la dea dell’agricoltura, protettrice del raccolto e della fertilità della terra, regolatrice del ciclo delle stagioni. Dalla relazione con Zeus generò l’amata figlia Persefone. Un giorno la giovane Persefone, mentre giocava con le ninfe sulle sponde del lago di Pergusa in Sicilia, venne rapita e portata nel mondo sotterraneo da Ade che si era follemente innamorato di lei. Relazione che aveva avuto la benedizione di Zeus, suo padre, nonché fratello del dio degli Inferi. Scoperto l’accaduto grazie ad Helios, Demetra andò su tutte le furie. La dea tolse letteralmente fino all’ultimo frammento di vita alla natura, generando una grave carestia che colpì gli uomini e attraverso loro gli dei: con la lenta morte dell’umanità, gli olimpici non avrebbero più ricevuto la venerazione che tanto alimentava il loro narcisismo. A nulla servirono le suppliche di uomini e dei, fino a quando lo stesso Zeus ordinò il ritorno di Persefone dagli Inferi. Ade acconsentì col fare di chi stava tramando qualcosa. Demetra fu così contenta di ritrovare la figlia che di colpo la natura rifiorì in tutto il suo splendore. Gli uomini, per ingraziarsi la dea, prepararono ricche tavolate in suo onore (come quelle della festa di San Giuseppe!). Ben presto però venne fuori il tranello di Ade.
Prima di lasciare gli Inferi, Persefone fu costretta ad ingerire 6 semi di melograno e, secondo le leggi del Fato, chiunque consumi del cibo negli Inferi è costretto a ritornarci per sempre. Un mese per ogni seme, dunque 6 mesi l’anno, Persefone torna nel sottosuolo e Demetra fa sfiorire la natura dando origine ad autunno ed inverno, quando invece Persefone risale in superficie il mondo ne beneficia con primavera ed estate. Non a caso la festa di San Giuseppe coincide con l’equinozio di primavera, momento in cui si dà l’addio all’inverno.
Cucina e tradizione sui ‘Tavuli ‘ri’ San Giuseppi’
Nel corso del tempo gli dei del mito lasciarono il posto alla cristianità ma quel che non cambiò fu il ruolo centrale del cibo, tanto caro alla gente del Sud. Gli altari imbanditi come sacrificio divennero tavolate ricche di qualsivoglia leccornia dedicate al culto di San Giuseppe. Nacquero così i tradizionali ‘Tavuli ‘ri’ San Giuseppi’, vere e proprie mense aperte al pubblico (visitabili anche dai poveri, secondo lo spirito della carità cristiana), adornate con tovaglie ricamate dalle donne di case ed imbandite con qualsivoglia prelibatezza: dai primi piatti tipici (come la pasta con le sarde e finocchi), a salame e formaggi, passando per verdure, dolci (fra cui le tipiche sfince, dolci fritti ripieni di uva passa o gocce di cioccolato) e i tradizionali ‘Pupi ‘ri’ San Giuseppi’, del pane dalle forme particolari che ricordano gli oggetti quotidiani del Santo falegname. A parte, il pane viene anche intagliato con una croce sulla sommità, benedetto e donato agli avventori.