Il Ministro Giovannini spegne gli entusiasmi: “guardo i dati, non ho un approccio ideologico nei confronti del Ponte sullo Stretto”
“Ponte sullo Stretto è fuori dal Recovery Plan perché non ci sarebbe stato modo di metterlo in esercizio entro il 2026, anche se si fosse voluto fare”. Ad affermarlo il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Enrico Giovannini in un intervento nella “War Room” del giornalista Enrico Cisnetto. Si spegne dunque l’idea che l’opera possa essere finanziata nel pacchetto per la ripresa NextGenerationEU. “La commissione istituita dall’ex ministro De Micheli sulla tematica sta completando i lavori – ha proseguito Giovannini – , io ho già visti i documenti, e il considero anche rilevanti per il PNRR, visto che c’è un investimento sui porti di Messina e Reggio Calabria e sui collegamenti ferroviari dell’area dello Stretto. Quindi, non appena i lavori saranno terminati, renderò pubblico questo rapporto e si terrà un dibattito pubblico. Ho notato che il dibattito sul tema sta prendendo vigore, ma credo che si debba prendere visione del rapporto della commissione prima di battere sui pro e i contro. La mia idea? Ho chiesto una serie di approfondimenti, perché io guardo i dati, non ho un approccio ideologico nei confronti del Ponte sullo Stretto. Ho trovato evidenze sia in positivo che in negativo”.
Giovannini smonta anche il paragone con il Ponte Morandi: “il discorso sul ponte di Genova è molto diverso, è stato ricostruito esattamente nel punto in cui lo era in precedenza, quindi non si doveva ragionare su dove costruirlo. Se si fosse deciso un percorso diverso avrebbe incontrato valutazioni differenti. Il modello Genova non è semplicemente legato al commissario che decide e valuta. I tecnici stanno lavorando e non sono dei politici, tranne nel caso della Sicilia a causa di una delibera CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, ndr), la quale prevede che il commissario fosse il governatore. Per alcune opere il commissariamento potrebbe essere una svolta, è per questo che in Parlamento emaneremo un decreto”. E infine, sul Recovery Fund, fa riferimento ancora al Meridione: “parliamo di circa 50 miliardi destinati a mobilità sostenibile e infrastrutture, di cui una componente molto importante al Sud, che riceverà il 48% dei fondi. E’ un approccio per riequilibrio delle distanze territoriali. Le opere devono essere completate e pronte per essere utilizzate dai cittadini entro il 2026”.