Alessandro Mazzara, da Erice al sogno Olimpiadi: la cultura dello skate in Sicilia, mille trick e YOLO

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Alessandro Mazzara, lo skater siciliano che sogna le Olimpiadi di Tokyo: la cultura dietro lo sport di strada, i giovani e nessuna paura di cadere

Lo skateboard è come la vita: cadi, ti rialzi e fai il numero più bello”. Una splendida metafora quella utilizzata da Tony Hawk, autentica leggenda di una disciplina nata per strada e diventata oggi uno sport olimpico. Una tavola con quattro rotelle, ragazzi e ragazze che si riuniscono in scenari urban con panchine, scale o rampe per eseguire trick, qualcuno magari mette un po’ di musica (rigorosamente hip-hop o rap). L’America ne è la patria, l’Italia si avvicina con curiosità e un po’ di ignoranza. Esatto, ignoranza, perché quella dello skate è una vera e propria cultura. Ne abbiamo parlato con Alessandro Mazzara, skater siciliano che sogna il pass per le Olimpiadi di Tokyo 2020.

Skateboard: storia, trick e YOLO

Lo skateboard appartiene alla strada, i ragazzi che lo praticano si identificano in una cultura fatta di hoodie e pantaloni larghi, del dolce sapore delle emozioni e di quello amaro dell’asfalto. Le prime tracce risalgono ai decenni successivi al secondo grande conflitto bellico che sconvolse il mondo. In California i surfisti volevano una tavola che gli permettesse di divertirsi su strada anche quando le onde del mare erano piatte. Con il tempo e i progressi della meccanica, lo skate diventò una vera e propria disciplina.

Piero Capannini / Red Bull Content Pool

Alessandro Mazzara ne spiega le basi: “lo skateboarding è entrato a far parte delle Olimpiadi da poco e da quel momento sono state organizzate delle qualifiche olimpiche che servono appunto per qualificarsi. Questo è un tipo di gara, ma poi ci sono anche gare fatte per passare una giornata a divertirsi tra skaters e sono gare che non servono per le qualifiche olimpiche, ma solo per divertimento e magari per guadagnare qualcosa, perchè nelle gare di skateboarding ci sono in palio anche dei soldi. Nello skateboarding non c’è un criterio di giudizio ben preciso, il punteggio non dipende dalla manovra in sè, è più una cosa soggettiva: se al giudice piaci molto ti mette più punti, non esiste una tabella con scritto un punteggio specifico da assegnare ad ogni trick. La gara dura 45 secondi, nei quali devi fare una line, un giro, senza cadere e fare tutti i trick ripetutamente. Ci sono qualifiche, quarti di finale, semifinali e finali. Noi partiamo circa due settimane prima, perchè di solito le gare si svolgono in sedi lontane, come Cina, Canada e America. In Italia non ce ne sono state perchè siamo indietro, la cultura dello skateboarding in Italia è veramente scarsa”.

Piero Capannini / Red Bull Content Pool

E spesso dalla scarsa cultura deriva la paura. Nonostante le protezioni (caschetto, ginocchiere e gomitiere) e l’aiuto di un istruttore nelle fasi iniziali dell’apprendimento, lo skate è stato spesso additato come sport pericoloso. La possibilità di farsi male esiste, chi fa skate lo mette in conto. Ma del resto YOLO, “You only live once”, si vive una volta sola. “Chi ha paura di farsi male non è fatto per lo skate e gli sport estremi. – spiega Alessandro Io ho sempre fatto skate pensando a divertirmi e godermi il momento e non ho mai pensato a farmi male. Io ho comunque iniziato con casco, ginocchiere, gomitiere, mi proteggevo, ero abbastanza sicuro. Consiglio quindi di fregarsene, la vita è una sola, lo skate regala tante emozioni, quindi merita anche un polso rotto. Anche io mi sono rotto delle ossa, ma penso che lo skate è lo skate e posso rompermi qualsiasi parte del corpo ma continuerò a farlo perchè le emozioni che mi regala sono assurde. Quindi consiglio di provare, continuare, cadere e rialzarsi: è cadendo che si impara, da piccolo io ero sempre a terra, non preoccupatevi. Quando si fa skate non si deve pensare che ci si può fare male perchè quello è il momento in cui ci si fa poi male davvero”.

Lo skate alle Olimpiadi, la prima volta sul palcoscenico più grande

Grazie ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 lo skate acquisirà ulteriore prestigio. Per la prima volta nella storia, gli skater parteciperanno alla kermesse più importante per un atleta, al fianco di LeBron James, Federica Pellegrini o Novak Djokovic. Alessandro è attualmente in corsa per il pass olimpico che, salvo cataclismi non dovrebbe sfuggirgli: “al momento sono 17°, quindi sono dentro, a maggio ci sarà l’ultima qualifica olimpica, se il Covid permette. Al momento è confermato, dal 23 al 26 maggio, in California a Long Beach dove andiamo per fare l’ultima gara. Per ora ci sono, ma comunque in base al punteggio, abbiamo fatto dei calcoli che anche se dovessi andare male dovrei essere dentro. Incrociamo le dita”.

Piero Capannini / Red Bull Content Pool

Eppure qualche suo collega non vede di buon occhio la partecipazione alle Olimpiadi, ma Alessandro pensa possano essere una grande vetrina per rafforzare lo status di sport a tutti gli effetti, eliminare qualche pregiudizio e avvicinare tanti giovani alla disciplina: “gli skaters sono divisi in persone che ‘infamano’ le Olimpiadi e altre alle quali invece questa cosa piace. E’ un po’ come la break dance, essendo sport nati in strada la gente pensa che non sono sport da Olimpiadi. Io penso che lo skate è nato per strada sì, ma penso anche che le Olimpiadi sono un’opportunità, per i giovani, per i ragazzi che vogliono imparare a fare skateboarding. Da quando lo skate è alle Olimpiadi c’è il triplo delle persone che fa skate rispetto a prima e stanno anche costruendo degli skatepark nuovi, perchè girano più soldi. Credo quindi che sia un’opportunità per far crescere questo sport in Italia e anche in altri paesi dove lo skate non è conosciuto. La vedo come un’opportunità, oltre al fatto che posso divertirmi facendo skate e in più lavoro, perchè guadagno con lo skateboarding”.

La cultura dello skateboard in Sicilia

Piero Capannini / Red Bull Content Pool

Alessandro è nato ad Erice, in provincia di Trapani, ma si è trasferito presto a Roma insieme ai genitori. Alla Sicilia è rimasto sempre legato e vorrebbe fare qualcosa per il movimento dello skateboard siciliano. Magari la sua presenza alle Olimpiadi potrebbe fare da volano per smuovere l’intero movimento italiano, arrivando fino all’estremo Sud in cui tanti ragazzi vorrebbero avvicinarsi a questo nuovo sport ma non hanno skatepark e strutture adatte. “Ogni estate torno in Sicilia, anche a Natale. Da piccolo trascorrevo tre mesi in estate, adesso se riesco a fare una settimana devo dire grazie. – racconta AlessandroTanti ragazzi siciliani mi scrivono, fanno skate in strada, sui gradini, sotto le Poste, mi dicono che vorrebbero uno skatepark, se posso fare qualcosa, magari se posso scrivere al Comune. Quando ero piccolo mio padre aveva costruito una mini, l’avevamo regalata ad un signore, ma dopo che mi hanno scritto l’ho chiamato per chiedergli se potevo riprenderla e così l’abbiamo regalata ad un ragazzo che l’ha montata in un prato a Trapani. Ma non hanno nient’altro. Mi scrivono sempre perchè sono veramente appassionati e vorrebbero qualche struttura. Magari quando si saprà di me che sono siciliano e sarò alle Olimpiadi, si smuoverà qualcosa”.

Se volete conoscere di più sulla vita di Alessandro Mazzara, consultate l’approfondimento di SportFair: Trick e acrobazie, Alessandro Mazzara sullo skate verso Tokyo: “in Italia manca la cultura. Paura? La vita è una sola, fregatevene”

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