Calabria: la stagione balneare 2021 e le carenti informazioni sulle acque e sulle aree adibite alla balneazione e non

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La stagione balneare 2021, già aperta in molte regioni, si aprirà a breve anche in Calabria riproponendo i soliti e sempre più gravi problemi di mancanza di trasparenza

La recente elezione della Perla del Tirreno Tropea a più bel Borgo d’Italia non ha smosso le classi dirigenti locali e nazionali ad agire tempestivamente per migliorare le condizioni delle acque marine e potenziare le offerte turistiche nel Golfo di Sant’Eufemia e nell’intera Regione.

La stagione balneare 2021, già aperta in molte regioni, si aprirà a breve anche in Calabria riproponendo i soliti e sempre più gravi problemi di mancanza di trasparenza sia sulla qualità delle acque marine sia sui dati e profili delle aree di balneazione da parte della Regione e del Ministero della Salute.

Si continua a manifestare incapacità e disinteresse per la tutela e valorizzazione del prezioso patrimonio di spiagge disponibili.

Tra le inadempienze e mancanza di trasparenza c’è da evidenziare che siamo arrivati alla fine della prima decade di Maggio 2021 e non è stata ancora pubblicata e pubblicizzata la classificazione della qualità delle acque marine della Calabria. A differenza di quanto previsto dalle norme vigenti e di quanto accade nelle altre regioni d’Italia dove la classificazione viene fatta e resa nota a tutti con molti mesi di anticipo rispetto alla data di inizio della stagione balneare. In proposito, ad esempio, è da evidenziare che la “classificazione delle acque di balneazione del Veneto per l’inizio della stagione balneare 2021, ai sensi Decreto Legislativo n.116 del 30 maggio 2008” è stata fatta sette mesi fa con Decreto n.824 del 2020 della Giunta regionale.

In pratica, si continua a non rispettare la normativa vigente e la Direttiva EU sulle acque di balneazione; e non si provvede a:

1) incoraggiare la partecipazione del pubblico all’attuazione della presente direttiva e assicurare che “siano fornite al pubblico interessato opportunità di informarsi sul processo di partecipazione e di formulare suggerimenti, osservazioni o reclami.”

2) assicurare che “le informazioni siano divulgate attivamente e messe a disposizione con tempestività durante la stagione balneare in un’ubicazione facilmente accessibile nelle immediate vicinanze di ciascuna acqua di balneazione.”

E in particolare “devono essere messe a disposizione e divulgate:

  1. a) la classificazione corrente delle acque di balneazione e l’eventuale divieto di balneazione o avviso che sconsiglia la balneazione mediante un segno o un simbolo chiaro e semplice;
  2. b) una descrizione generale delle acque di balneazione, in un linguaggio non tecnico, basata sul profilo delle acque di balneazione;
  3. c) nel caso di acque di balneazione soggette ad inquinamento di breve durata: notifica che l’acqua di balneazione è soggetta ad inquinamento di breve durata, indicazione del numero di giorni nei quali la balneazione è stata vietata o sconsigliata durante la stagione balneare precedente a causa di tale inquinamento, e avviso ogniqualvolta tale inquinamento è previsto o presente;
  4. d) informazioni sulla natura e la durata prevista delle situazioni anomale durante tali eventi;
  5. e) laddove la balneazione è vietata o sconsigliata, un avviso che ne informi il pubblico precisandone le ragioni;
  6. f) ogniqualvolta è introdotto un divieto di balneazione permanente o un avviso che sconsiglia permanentemente la balneazione, il fatto che l’area in questione non è più balneabile e le ragioni della sua declassificazione;
  7. g) un’indicazione delle fonti da cui reperire informazioni più esaurienti.

3) devono sfruttare adeguati mezzi e tecnologie di comunicazione, tra cui Internet, per divulgare attivamente e con tempestività le informazioni sulle acque di balneazione, nonché le seguenti informazioni in varie lingue, ove opportuno: a) un elenco delle acque di balneazione;  b) la classificazione di ciascuna acqua di balneazione negli ultimi tre anni e il relativo profilo, inclusi i risultati del monitoraggio effettuato ai sensi della presente direttiva dopo l’ultima classificazione; c) nel caso di acque di balneazione classificate “scarse”, informazioni sulle cause dell’inquinamento e sulle misure adottate per prevenire l’esposizione dei bagnanti all’inquinamento e per affrontarne le cause; d) nel caso di acque di balneazione soggette a inquinamento di breve durata, informazioni generali relative: alle condizioni che possono condurre a inquinamento di breve durata, al grado di probabilità di tale inquinamento e della sua probabile durata, alle cause dell’inquinamento e alle misure adottate per prevenire l’esposizione dei bagnanti all’inquinamento e per affrontarne le cause.

Tra le conseguenze del mancato rispetto delle norme sopra riportate c’è anche il perpetuarsi degli errori ancora presenti sia nei dati sulle aree destinate alla balneazione pubblicati dalla Regione sia nelle mappe pubblicate dal Ministero della Salute. Errori ripetutamente denunciati e non ancora corretti come ad esempio quelli relativi ai comuni di Lamezia Terme, Gizzeria e Falerna. Come si può notare dalle mappe e tabelle riportate nei Decreti della Regione e del Ministero della Salute continuano a riportate nei comuni di Lamezia Terme e di Falerna due aree di balneazione ricadenti invece nel comune di Gizzeria.

Si tratta dell’area denominata “Lido di Marinella” corrispondente ad un tratto di spiaggia lungo 1.167 metri interamente compreso all’interno dei confini comunali di Gizzeria ma riportato tra le “Aree adibite alla balneazione” del comune di Lamezia Terme sia nel sito Web del Ministero della Salute sia nelle tabelle allegate ai Decreti acque di balneazione della Regione Calabria.

E dell’altra area denominata “Bar Vittoria” corrispondente ad un tratto di spiaggia lungo 2.104 metri interamente compreso all’interno dei confini comunali di Gizzeria ma riportato tra le “Aree adibite alla balneazione” del comune di Falerna sia nel sito Web del Ministero della Salute sia nelle tabelle allegate ai Decreti acque di balneazione della Regione Calabria.

In pratica i dati riportati nelle Mappe del Ministero della Salute non corrispondono a quelli indicati dallo stesso ministero della Salute come “Aree adibite alla balneazione” dei tre comuni.

In particolare, per il  comune di Gizzeria le “Aree adibite alla balneazione” riportate nel sito web del Ministero sella Salute sono: “Lido Capo Suvero” lungo 830 metri; “Lido S. Antonio” lungo 580 metri; “Direzione  Allevamento Anguille” lungo 668 metri; “200 MT Nord Fiume Casale” lungo 1.828 metri e “Ristorante Pesce Fresco” lungo 639 metri.

Queste cinque aree della lunghezza complessiva di 4.545 metri non corrispondono a quanto evidenziato nelle Mappe dello stesso Ministero della Salute dove all’interno dei confini comunali di Gizzeria sono presenti sette aree della lunghezza complessiva di 7.816 metri e sette punti di prelievo per le analisi delle acque effettuate dall’Arpacal.

Sempre sul sito Web del Ministero della Salute si osserva che nei cinque comuni del lametino i tratti di costa adibiti alla balneazione e sottoposti ad analisi e monitoraggio, Aree adibite alla balneazione sono 27 con una lunghezza complessiva di circa 30 chilometri. Gli altri tratti non adibiti alla balneazione e non monitorati dall’Arpacal sono localizzati in prossimità delle foci dei fiumi Turrina, Amato, Savuto e Bagni. Sempre nel sito web del Ministero della Salute è segnalato un divieto di balneazione per motivi diversi posto in prossimità della foce del Collettore aeroportuale all’interno dell’area di balneazione denominata “500 metri a Sud Torrente Bagni” nel comune di Lamezia Terme.

Sul ruolo dei canali e corsi d’acqua nel lametino, va considerato che tra il Savuto sul confine settentrionale e l’Angitola sul confine meridionale sono presenti alcune decine i corsi d’acqua che confluiscono sulla Piana e costa lametina portando tutto quello che trovano nei loro alvei. Così come non può essere ignorato che, spesso, il divieto di balneazione rappresenta “l’ultimo” effetto in senso spazio-temporale delle varie conseguenze dell’inquinamento dei corsi d’acqua essenzialmente legato a discariche di rifiuti e delle acque reflue.

Oltre agli effetti sulla balneazione le conseguenze sulle preziose falde idriche delle Piana sono intuibili. Basta considerare la condizione dei sopra citati corsi che limitano i confini provinciali sul mare Tirreno e quelli che attraversano i 160 km chilometri del territorio comunale di Lamezia Terme, come, ad esempio, il Bagni e l’Amato nei quali confluiscono altri numerosi corsi d’acqua come il Cantagalli, il Piazza, il Canne, il S. Ippolito che alimentano importanti falde idriche utilizzate per vari scopi compreso quello alimentare.

La condizione dei tredici corsi d’acqua che attraversano da nord a sud il territorio di Lamezia e lo stato delle falde idriche dalle quali traggono origine sorgenti con disponibilità di miliardi di litri d’acqua oligominerale l’anno, non possono essere separate dal problema delle acque del mare.

In molti enti ed istituzioni locali si continua a sottovalutare o ignorare che il territorio lametino è ricchissimo di risorse idriche per uso potabile, uso agricolo, uso industriale, uso terapeutico e turistico.

Una ricchezza che rischia di essere irrimediabilmente compromessa per l’incapacità di non pochi amministratori di evitare i diffusi processi di degrado e inquinamento delle risorse naturali e l’incapacità di governare e valorizzare i propri territori comunali.

Oltre ai fenomeni d’inquinamento delle acque superficiali, lungo la fascia ed i litorali della Pianura di S. Eufemia, l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non essendo compatibile con i tempi di ricarica, sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre ed il costipamento delle rocce serbatoio, con il ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare.In proposito è significativa la Carta della Vulnerabilità redatta da Arpacal e dal Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, nell’ambito  dello  “Studio dei valori anomali di concentrazione degli inquinanti riscontrati nelle acque di falda della Zona Industriale di Lamezia Terme”, per la definizione dei potenziali scenari di vulnerabilità e di rischio inquinamento nella Piana. La stessa  Carta di Vulnerabilità Integrata dell’acquifero superficiale della piana ha comportato, tra l’altro, il censimento dei  “Centri di Pericolo”, ossia quelle attività antropiche (agricole, zootecniche, industriali, artigianali, ecc.) che possono avere un impatto significativo sulle matrici ambientali determinando un rischio d’inquinamento per l’acquifero. I processi di degrado nel lametino sono favoriti anche dal fatto che non si è ancora provveduto alla piena applicazione delle direttive dell’Unione Europea sulle acque e alla adozione di interventi di adattamento ai mutamenti climatici. Si continua ad ignorare la necessità di fondare la politica e le attività che riguardano il settore delle risorse idriche sul principio di precauzione; basare l’azione di tutela prioritariamente sulla prevenzione dell’inquinamento e su interventi alla fonte; far pagare i costi del risanamento a chi provoca l’inquinamento; integrare la politica di tutela delle acque con le altre politiche settoriali riguardanti la pianificazione territoriale e le politiche produttive, in particolare le politiche agricole; conseguire un alto livello di protezione della salute umana; basare gli interventi su opportune valutazioni costi/benefici. Evidentemente per ridurre l’inquinamento che grava sui bacini altamente antropizzati, non si può intervenire solo sul trattamento delle emissioni puntiformi, ma si devono mettere in campo strategie d’intervento per contenere le emissioni diffuse. Si tratta quindi di orientare le attività sulla prevenzione dell’inquinamento dai siti potenzialmente contaminati, dai sedimenti, dalle discariche controllate, e sulla riduzione dell’inquinamento dovuto anche ad alcune pratiche agricole intensive. La protezione dei corpi idrici dall’inquinamento comporta la necessità di migliorare sempre più i sistemi di monitoraggio, concentrando la ricerca sulla velocità di risposta, al fine di poter mettere in atto strategie d’intervento adeguate alla necessità di minimizzare i rischi per l’ambiente e la popolazione.

Geologo Mario Pileggi

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