Ponte sullo Stretto, l’ipotesi di realizzarlo a tre campate rischia di far perdere decenni per gli studi, la progettazione e l’iter burocratico. Tutti step già superati dal progetto del Ponte sospeso più lungo del mondo, già approvato e pronto alla realizzazione. Ecco perchè per realizzare il collegamento stabile c’è un’unica soluzione
“Il Ponte sullo Stretto si deve fare, per la sua realizzazione sussistono profonde motivazioni“: il risultato della Commissione tecnica voluta dal ministro De Micheli e istituita nel precedente governo Conte (Pd-M5S) conferma che la grande opera dello Stretto è tutt’altro che inutile. Anzi. La relazione evidenzia tutte le attuali criticità del territorio calabrese e siciliano che con la realizzazione del Ponte verrebbero superate: “Lo Stretto di Messina – si legge nella relazione – segna il confine tra la Regione Siciliana e la Calabria, due regioni collocate all’estremo sud della penisola italiana: sono tra i territori comunitari maggiormente distanti dal baricentro, demografico ed economico, dell’Unione Europea. Per motivi storici e per la loro collocazione geografica, entrambe le regioni sono caratterizzate da livelli di sviluppo inferiori alla media europea e sono comprese tra quelle identificate come “meno sviluppate” (con un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria)“. Il documento spiega che il Ponte sullo Stretto andrebbe a concretizzare l’istituzione della tanto agognata Area Metropolitana dello Stretto, una grande città dalla “dimensione significativa di circa 800 mila abitanti con una core area (Reggio – Messina – Villa S. Giovanni) di 437.500 abitanti, al pari di altre aree metropolitane di livello europeo“.
Nel testo della relazione viene spiegato come la Sicilia sia “l’isola che presenta il più elevato potenziale di collegamento tra quelle che oggi non posseggono un collegamento stabile con la terraferma e il suo rapporto popolazione/distanza è molto superiore a quello di diverse isole che posseggono già un collegamento stabile“. Con un lungo elenco mondiale, la relazione dimostra che la Sicilia è l’isola più grande e popolosa del mondo a non avere un collegamento stabile con la terraferma.
Il gruppo di lavoro del Ministero ribadisce quindi che “sussistono profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina, anche in presenza del previsto potenziamento e riqualificazione dei collegamenti marittimi (collegamento dinamico)“, e specifica che “un collegamento stabile dello Stretto consentirebbe anche di aumentare notevolmente la integrazione delle due città metropolitane di Reggio Calabria e Messina, che già oggi esprimono circa il 30% della domanda di attraversamenti dello Stretto. Un’unica area metropolitana integrata dello Stretto, con i suoi circa 800 mila abitanti, costituirebbe un acceleratore di sviluppo più che proporzionale alla dimensione demografica“. La relazione dimostra anche quanto oggi la Sicilia sia distante dal resto d’Italia e d’Europa a causa della mancanza del Ponte:
E sempre con dati alla mano, nel documento del gruppo di lavoro si illustra come lo Stretto di Messina, con i suoi 10 milioni e 660 mila passeggeri annui, 800 mila mezzi pesanti annui e 1 milione e 800 mila veicoli leggeri annui sia lo snodo di viabilità in assoluto più importante d’Italia. Tra questi, sono documentati circa 6 mila pendolari che quotidianamente si spostano per motivi di studio e lavoro tra le due sponde, per un totale di 12 mila transiti giornalieri locali. Chiarendo l’enorme validità del Ponte per le esigenze del territorio locale, il documento poi approfondisce quale tra le varie idee di progetto possano essere maggiormente prese in considerazione analizzando due soluzioni aeree (ponte sospeso a campata unica e ponte sospeso a più campate) e due soluzioni sotterranee/sottomarine (il tunnel sommerso Archimede e il tunnel subalveo).
La relazione illustra le varie soluzioni di collegamento con i vari tragitti e percorsi dei ponti e dei tunnel, giungendo alla conclusione di bocciare l’idea del tunnel (che i più grandi esperti mondiali avevano già scartato 60 anni fa e che il Movimento 5 Stelle aveva chiesto di riproporre alla commissione) per focalizzarsi sui ponti, ripercorrendo quanto i più grandi progettisti internazionali avevano già realizzato svariati decenni fa in fase concorsuale.
Analizzando le due soluzioni possibili per il Ponte sullo Stretto, il gruppo di lavoro spiega che per quanto riguarda il progetto ad un’unica campata ci sono considerevoli “punti di forza“, e cioè “Disponibilità progetto definitivo, ancorché non approvato dal CIPE, può consentire una riduzione dei tempi dell’iter approvativo, quindi una maggiore velocità di avvio della fase realizzativa almeno per l’opera di attraversamento stabile. Ridotta sensibilità alla sismicità dell’area e alle conseguenti azioni sismiche. Nessuna interazione con il traffico marittimo, limitato impatto su fondali e flora\fauna marina. Tecnologia innovativa ed effetto “showcase”. Salvaguardia delle opere di potenziamento/adeguamento dei collegamenti terrestri con il ponte già realizzate (es. variante di Cannitello)“.
La stessa relazione spiega invece che per un eventuale Ponte a più campate (due o tre) ci sarebbero importanti “punti di debolezza“, e cioè “Mancanza di un progetto definitivo e studi di fattibilità datati. Per gli aspetti sismici si evidenzia la necessità di approfondimenti sulle interazioni tra terreni di fondazione e pile in mare. Effetti legati alla presenza di correnti marine intense e variabili di direzione che possono produrre complessità in fase realizzativa delle pile. Possibili effetti dell’azione del vento (anche se inferiori a quelle della soluzione a campata unica). Interazione con la navigazione sia in fase realizzativa che in esercizio. Criticità ambientale per l’interazione puntuale della/e pila/pile con l’ambiente marino (biodiversità fondali cetacei)“.
Appare quindi fuorviante come la stampa abbia accolto l’esito della relazione, che non si sbilancia in modo così netto rispetto alla soluzione a più campate e, anzi, ribadisce il passaggio fondamentale: il progetto definitivo per il Ponte sullo Stretto già c’è, e ha superato almeno due decenni di studi, progettazione e iter burocratico.
Ecco perchè adesso tornare indietro sarebbe una clamorosa perdita di tempo. Pietro Salini, Amministratore Delegato di WeBuild, in una recente intervista ha dichiarato che “Oggi il progetto è pronto e noi siamo in grado di farlo partire subito“, con riferimento a quello già approvato ad una campata.
Tuttavia l’idea di un altro ponte a più campate non è completamente da scartare: se nello Stretto del Bosforo ci sono tre ponti e un tunnel, perchè nello Stretto di Messina non possiamo farne due? Iniziamo con uno, quello che si può fare subito per evitare di perdere ulteriormente altro tempo prezioso. Calabria e Sicilia, come dimostra la relazione del gruppo di lavoro del Ministero, hanno già perso fin troppo tempo e ricchezza. Il Sole 24 Ore ha documentato come non fare il Ponte sullo Stretto costa 6,5 miliardi di euro l’anno. Si faccia quindi il ponte a una campata, quello sospeso già approvato nel progetto definitivo. Ben venga poi un altro ponte a più campate, dopo i dovuti studi e progetti. Ma non perdiamo altro tempo. Sarebbe l’ennesimo delitto nei confronti dell’Italia del Sud, costretta da troppo tempo a una perifericità e marginalità che continua a determinare emigrazione, spopolamento, sottosviluppo, povertà e arretratezza. Ingredienti drammatici che nutrono soltanto le mafie, che del Ponte hanno una paura terribile perchè sarebbe il migliore strumento di legalità: generando un indotto enorme di sviluppo sano e pulito, toglierebbe manovalanza alle cosche e consentirebbe alla popolazione calabro-sicula di emanciparsi definitivamente dal fenomeno criminale. Con buona pace dei nopontisti da strapazzo.