Anche a Palazzo Chigi gli addetti ai lavori lo confermano: “gli italiani non hanno bene chiaro in che condizioni fossimo messi a gennaio/febbraio”
Ursula von der Leyen fa partire il semaforo verde al Pnrr del governo di Mario Draghi. La strategia nazionale italiana per il Recovery Fund è stata profondamente trasformata rispetto alla precedente impostazione dell’esecutivo di Giuseppe Conte ed anche l’Europa esprime la propria soddisfazione. L’ex presidente della Bce ha sempre evitato di affondare il colpo sul predecessore riguardo i limiti e le carenze del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza giallorosso, ma il cambio di passo è stato evidente. Draghi ha iniziato subito a lavorare con la sua squadra di ministri e le burocrazie strategiche sulla base di un piano molto limitato. Una situazione di cui erano ben consci anche i funzionari della Commissione europea. Fonti di Bruxelles riportate dal Giornale riferiscono infatti che “mai in così poco tempo rispetto a gennaio è avvenuto un cambiamento così veloce e in positivo” nella strategia di un Paese per Next Generation Eu.
Durissimo il giudizio dei funzionari di Palazzo Berlaymont sul piano di Conte, che sembrava essere “quasi una presa in giro” per la scarsa accuratezza e in particolar modo per il fatto che avesse “omesso completamente la parte sulle riforme, striminzita e ridotta ad una sola pagina”. Bruxelles ha in particolar modo criticato il fatto che il Conte-bis, dopo aver rivendicato per mesi il Recovery “come un suo personale successo, non ha fatto nulla per dargli reale attuazione”. Mettendo in questo modo a rischio il successo di un progetto di cui Roma è stata e sarà la maggiore beneficiaria tra tutti gli Stati che ne hanno fatto richiesta. “Draghi e i suoi hanno lavorato di lima – si legge ancora nell’articolo – , precisando con attenzione i finanziamenti dei progetti, le priorità operative e, soprattutto, le riforme. Tema su cui la Commissione ha premiato Roma con una piena A in occasione della valutazione definitiva. La consapevolezza è che i ritardi e i punti deboli del Recovery giallorosso siano stati tanti e tali da rischiare di portare l’Italia a sbattere qualora Conte fosse rimasto in carica”. Nei corridoi di Palazzo Chigi gli addetti ai lavori lo confermano: “gli italiani non hanno bene chiaro in che condizioni fossimo messi a gennaio/febbraio”. Il cambio di passo è stato concreto e misurabile nei voti pieni ottenuti dal Recovery targato Draghi, tanto da meritarsi anche il plauso dai maggiori quotidiani dell’informazione economica come Economist e Financial Times. Nonostante siano passati soltanto cinque mesi dalle dimissioni di Conte, l’esperienza del suo Governo sembra già lontana un secolo.