La storia dello scrittore messinese Eduardo Giacomo Boner e la triste fine sotto le macerie del terremoto del 1908
Tra i personaggi storici culturali in grado di lasciare il segno nella città di Messina, uno spazio importante se lo è sicuramente ritagliato il poeta e scrittore Eduardo Giacomo Boner, nato in riva allo Stretto nel 1864 e morto tragicamente sotto le macerie del terremoto 1908.
Eduardo Giacomo Boner, pur mostrando sin da subito spiccate attitudini letterarie, in adolescenza fu “costretto” a lavorare alle dipendenze del padre Federico, cittadino svizzero le cui attività economiche subirono un gravoso tracollo. Agli inizi come rappresentante di commercio, però, seguì poi la strada che lo appassionava. Eduardo riuscì infatti a sviluppare e alimentare la sua passione per la scrittura attraverso viaggi in Italia e all’estero in cui studiò e si formò, prima di intraprendere la carriera da docente. Anche grazie alla competenza e conoscenza di tantissime lingue europee, fu insegnante di tedesco a Catania nonché lettore di lingua e letteratura tedesca all’Università di Messina, professore di Italiano al Liceo “Maurolico” di Messina e di letteratura tedesca alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma. Andando oltre l’aspetto prettamente letterario, altra passione di Eduardo erano gli scacchi: fu, a tal proposito, socio dell’Unione Scacchistica italiana.
La sua grande attività di scrittore gli permise anche di tradurre dal danese diverse opere di Hans Christian Andersen, storico autore di fiabe come La Principessa sul Pisello, La Sirenetta, Il brutto anatroccolo. In generale, però, fondava la sua narrativa sull’appartenenza a più stili e più culture: da quella tradizionale e classica siciliana a quella più moderna dell’Italia e in generale delle lingue nordiche. Tra le sue opere più importanti si ricorda Novilunio, Racconti peloritani, Sul Bosforo d’Italia, Sui miti delle acque, Le siciliane. Lavori che gli permisero di stringere importanti amicizie con diversi grandi letterati italiani, tra cui Mario Rapisardi e Luigi Pirandello, il quale nel 1895 gli dedicò “con fraterno affetto” le sue Elegie renane.
La sua fine, purtroppo, fu tragica, la peggiore che potesse capitare ad ogni essere umano. Nel disastroso terremoto del 1908, infatti, morì travolto dalle macerie del palazzo in cui abitava. Il suo corpo, però, non fu subito ritrovato, rimanendo disperso per circa un anno e mezzo. Fu una bambina che abitava nel quartiere a segnalare il luogo della scomparsa dopo che lo scrittore le apparve in sogno. Oggi Messina ricorda il poeta con una via a lui dedicata nella strada in cui abitò.