Ma Giuseppe vorrebbe pure gli applausi

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Reggio Calabria, la città sprofonda nel degrado e nel caos viabilità ma il Sindaco si lamenta sui social per le pesanti contestazioni dei cittadini

No, non basta una città stremata da amministratori incapaci che l’hanno fatta piombare in un degrado senza precedenti. Non basta l’emergenza rifiuti, non bastano i roghi tossici con nubi di diossina che quotidianamente attentano alla salute dei cittadini; non basta la TARI più alta d’Italia recapitata nelle cassette postali dei cittadini che però fanno fatica a ritirare la posta per i cumuli di spazzatura accatastati da mesi sui mastelli mai svuotati. Non bastano le promesse mancate, non bastano le bugie, non bastano le prese in giro. Da due anni il Sindaco aveva assicurato il passaggio da Avr a Castore, invece l’attuale società continua a lavorare con ordinanze d’emergenza in proroga a firma del Prefetto. E l’anno scorso in campagna elettorale Falcomatà aveva garantito il ripristino dei cassonetti stradali nelle circoscrizioni, contestuale alla riapertura della discarica di Melicuccà, “entro un mese dal voto“. La città ci ha creduto, lo ha rivotato eppure sono passati 9 mesi e quelle promesse sono svanite come neve al sole. Anzi. La discarica di Melicuccà non si può aprire. I cassonetti li stiamo ancora aspettando.

Intanto i cittadini di Reggio Calabria si ritrovano con i topi che risalgono le condotte idriche e arrivano nei bagni delle abitazioni. Se e quando i reggini riescono ad uscire di casa facendosi largo tra le montagne di mundizza, devono farsi il segno della croce per rimanere indenni dall’attraversamento di qualsiasi strada, carrabile o pedonale, per la carenza delle minime condizioni di sicurezza a causa dell’asfalto devastato da buche, voragini e perdite idriche.

No,non basta tutto questo. Poi c’è l’isola pedonale in via Marina alta, così, all’improvviso, dal pomeriggio alla sera senza alcuna comunicazione alla cittadinanza e senza alcuna pianificazione organizzativa sulla gestione della viabilità. Con la solita arroganza, con la solita superiorità, con il solito enorme distacco nei confronti di quei cittadini. Che devono stare zitti. Subire l’invasione di topi, insetti e scarafaggi. Che devono pagare. Che non devono azzardarsi a lamentarsi. E, anzi, che devono anche applaudire il primo cittadino, infastidito dalle offese sui social a cui è così tanto legato al punto da dargli così importanza da fare un post da eroe e denunciare pubblicamente ciò che la gente gli vomita addosso. Sbagliando, certo. Ma dietro lo schermo di un pc si nascondono tanti leoni da tastiera. Molto più raramente, invece, un Sindaco metropolitano gliene da’ importanza, se non per distrarre le masse e capovolgere la frittata.

La verità è che i reggini sono stanchi. Esasperati. Infastiditi. E si sentono doppiamente ingannati da quello slogan, “Reggio non si lega“, che il Sindaco aveva usato in campagna elettorale per strappare il consenso popolare.

Probabilmente Falcomatà dopo la vittoria elettorale si è sentito onnipotente. Come biasimarlo, se è stato rieletto dopo tutto quello che ha combinato nei sei anni precedenti? In realtà, però, sarebbe stato più opportuno sentire maggior responsabilità per la rinnovata fiducia ricevuta dai cittadini. Un’occasione per cambiare passo, per iniziare il secondo tempo con un’altra marcia rispetto al primo. A maggior ragione alla luce dei dati, perchè è stato rieletto con quasi la metà dei voti rispetto a sei anni prima in un appuntamento elettorale poi travolto dallo scandalo sui brogli certificati dalla Procura che ha arrestato il capogruppo dello stesso partito di Falcomatà e scoperto centinaia di preferenze accordate al partito del Sindaco in modo fasullo. Ma anche su questo il primo cittadino ha avuto il cattivo gusto di irrompere a gamba tesa sulla vicenda, a inchiesta ancora in corso, con un’attività ispettiva da parte della Prefettura e con il processo neanche iniziato, sentenziando su facebook che “le elezioni sono state regolari“.

La verità è che dopo tutto questo, il Sindaco vorrebbe anche gli applausi.

Anche perchè in 7 lunghi anni la città l’ha abituato così.

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