Dal 31 maggio al 12 giugno presso la località in provincia di Messina si tengono le celebrazioni molto sentite: tra le più importanti c’è la “Tredicina”.
Esiste un culto molto sentito e una profonda venerazione a Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di Sant’Antonio da Padova. Nella splendida località situata sulla costa tirrenica in provincia di Messina, al 31 maggio al 12 giugno, dalle prime luci dell’alba e fino a tarda serata, folle di credenti gremiscono il Santuario a lui dedicato. La Chiesa e il convento dell’Ordine dei frati minori osservanti costituiscono un polo religioso ubicato nel quartiere Sant’Antonino (così chiamato dai siciliani). L’aggregato monumentale ricade nell’arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, vicariato di Barcellona Pozzo di Gotto sotto il patrocinio di San Sebastiano, arcipretura di Barcellona Pozzo di Gotto, giurisdizione parrocchiale della chiesa di San Francesco di Paola. In quei giorni il popolo onora con grande rispetto la tradizionale festa e recitare la Tredicina, una parafrasi rimata del celebre responsorio “Si quæris miracula” (“Se cerchi i miracoli”).
Dal 1866, per volontà di Pio IX°, si concede un’indulgenza di 100 giorni a tutti i fedeli che con cuore contrito ripetano la preghiera e l’annessa Orazione (l’indulgenza è ripetibile). Tradizione popolare inoltre vuole che il Si quæris a Sant’Antonio sia specialmente recitato al fine di recuperare le cose perdute. E quante sono le “cose”, certamente non solo materiali, che vengono smarrite ogni giorno. La stessa tradizione consiglia la recita di questa preghiera per tredici volte consecutive. Il 13 giugno è a Barcellona Pozzo di Gotto il giorno della grande festa: la processione è sempre molto partecipata dal popolo, che accorre numerosissimo ad accompagnare il simulacro del Santo per le strade, adornate con luci, fiori, coperte e bandierine. Con la pandemia negli ultimi anni, ovviamente, le celebrazioni si svolgono in maniera più composta.
I viaggi in Sicilia di Sant’Antonio da Padova
Si narra che il francescano si recò in Sicilia per ben due volte. Il primo viaggio, nell’autunno del 1220, s’imbarcò con un confratello alla volta del Marocco dove subirono il martirio cinque frati: i sacerdoti Berardo, Pietro e Ottone, due fratelli laici Adiuto e Accursio. In Africa, prese una malattia e alcuni mesi dopo fu costretto a rientrare a Coimbra. In aprile i due frati s’imbarcarono diretti verso la Spagna ma, la nave si imbattè in una tempesta e naufraga sulle coste della Sicilia occidentale. Una volta soccorsi dai pescatori, i due furono portati nel vicino convento francescano. Durante l’evangelizzazione in terra sicula i due frati furono informati che in occasione della Pentecoste, Francesco d’Assisi radunava tutti i suoi frati per il Capitolo Generale. L’invito a partecipare fu esteso a tutti e nella primavera del 1221 Antonio, momentaneamente ospite presso la comunità stanziata nella chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata, e i frati di Messina cominciarono a risalire l’Italia a piedi. Il primo soggiorno durò circa due mesi. Si dice che il francescano fu tra i fondatori del convento di San Francesco d’Assisi di Patti, posando la prima pietra. In città operò il “Miracolo delle ossa del cappone tramutate in squame e lische di pesce”, evento verificatosi al cospetto del vescovo e dell’eretico ingannatore.
Il secondo viaggio, il 3 ottobre 1226 in una cella della Porziuncola morì Francesco d’Assisi, capo spirituale dei francescani. La notizia della morte arrivò in Francia da una lettera di frate Elia, vicario generale dell’Ordine, essa fissa per la Pentecoste del 1227 il Capitolo generale per la nomina del successore. L’invito per quel Capitolo fu esteso anche ad Antonio, superiore dei conventi di Limoges. Nel romitorio di Brive terminò la sua esperienza francese. Anche questo viaggio fu compiuto a bordo di un veliero dalla Francia meridionale alle coste del Lazio ma, terminò in seguito a una violenta tempesta e un secondo naufragio sulle coste della Sicilia.
Secondo la tradizione orale inoltre, di cui però non viene conosciuta una data precisa, Sant’Antonio di Padova durante uno dei due passaggi in Sicilia ha sostato per una notte nella località “u chianu a Cannedda” nel comprensorio del Parco dei Nebrodi a cavallo dei territori fra Capizzi e Caronia. L’evento è celebrato dalla comunità capitina col tradizionale pellegrinaggio denominato “U viaggio a Cannedda”.