Afghanistan, la giornalista Clarissa Ward cambia abbigliamento dopo l’arrivo dei talebani: “c’è differenza, ma ecco la verità”

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La diretta interessata fa chiarezza sulla vicenda: “ho sempre indossato una sciarpa per coprire la testa quando sono in strada anche prima”

Clarissa Ward, inviata a Kabul per la CNN, è finita sui media di tutto il mondo ha voluto correggere l’interpretazione che è stata fatta di due sue foto. Due immagini che giunte in questo momento dall’Afghanistan hanno fatto notizia: nella prima l’inviata compare senza velo, nella seconda con il velo. In molti hanno interpretato queste due foto come termometro della situazione, un prima e un dopo l’arrivo dei talebani. Un prima caratterizzato dalla libertà dal velo e un dopo in cui le donne sono costrette a indossarlo per paura. “Questo meme non è accurato – ha quindi twittato la giornalista – . La prima foto, quella senza velo, è stata scattata in un edificio privato. Quella in basso, con il velo, è stata scattata per le strade di Kabul conquistata dai talebani. Ho sempre indossato una sciarpa per coprire la testa quando sono in strada anche prima (dei talebani, ndr). Perciò c’è una differenza, ma non così grande”.

“A oggi non si osserva un’immediata applicazione delle regole più rigide da parte dei talebani. Il nostro staff femminile va regolarmente a lavoro, e così anche i nostri operatori di etnia hazara, una di quelle tradizionalmente più colpite dalle milizie”. Ha confermato invece Alberto Zanin, coordinatore medico per Emergency del Centro chirurgico per vittime di guerra di Kabul, la capitale del Paese. Il dirigente della ong fondata nel 1994 dal medico chirurgo Gino Strada, deceduto la settimana scorsa, ha risposto alle domande dei giornalisti nel corso di un punto stampa in video collegamento. Zanin, sollecitato su questo aspetto dai cronisti, ha detto che al momento “quello che si vede è che le donne camminano in strada senza restrizioni come prima”. I timori di diversi analisti concordanti, di ong e stampa internazionale sono che i talebani introducano nuovamente una serie di pesante limitazioni alla vita delle donne, come avvenuto durante il periodo in cui sono stati al potere nel Paese tra il 1996 e il 2001. Ieri il Presidente dell’Associazione Pangea Onlus, Luca Lo Presti, aveva infatti raccontato di un passo indietro sul piano dell’emancipazione femminile e aperto alla possibilità di repressioni delle volontarie con l’arrivo dei talebani.

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