Un concerto coinvolgente, ricco di storie narrate in musica e parole da Vincenzo Tropepe, che ci racconta del suo “My own journey” e della sua tappa a Scilla
L’energia del blues di Vincenzo Tropepe ha coinvolto una Piazza San Rocco al gran completo nella seconda serata blues della V edizione dello “Scilla Jazz Festival”, entusiasmando un pubblico attento che non ha concesso al bluesman di lasciare il palco se non a tardissima ora e dopo la richiesta di numerosi “bis”.
Tropepe ha raccontato il blues non solo attraverso le note dei suoi strumenti ma anche grazie alle storie e agli aneddoti che hanno colorato il percorso intrigante tra le stagioni e i luoghi del blues.
Il pubblico ha scoperto così storie come quella di “Skip” James che si rese ispiratore delle grandi personalità del blues americano con un sound nuovo e originale, che Tropepe ha magnificamente riproposto nel brano “Devil got my woman”.
Con la sua voce profonda e limpida allo stesso tempo, il bluesman ha accompagnato i presenti nel suo “My Own Journey”, un viaggio di esplorazione attraverso tutte le declinazioni del blues, ad esempio, raccontando di Muddy Waters e di come con lui sia cambiato il blues quando, spostandosi dalla campagna alla città di Chicago, iniziò a suonare l’elettrico e diede vita all’Illinois blues.
Il viaggio tortuoso e affascinante proposto da Tropepe è passato anche per il gospel di “Keep your lamp trimmed and burning” e “Wayfairing stranger” (brano reso celebre da Jhonny Cash), una musica che avvicina a Dio e si contrappone alla “musica del diavolo” che si suonava nelle juke joint, le baracche dove gli afroamericani del sud suonavano la propria musica. È qui che il pubblico viene condotto quando Tropepe imbraccia la sua chitarra resofonica e imprime alla serata un’atmosfera suggestiva che profuma di Mississippi.
Tropepe ha conquistato il pubblico anche con pezzi personali e appassionanti come “People burning”, composto in un tipico motel statunitense fuori dal quale giovani perduti hanno ispirato il brano del songwriter.
Il viaggio si è concluso con pezzi che hanno fatto sognare il pubblico come “Vincent” (conosciuta come Starry, starry night) e la “Simple song” di Chris Stapleton, ma anche pezzi che hanno fatto alzare tutti dalle sedie per ballare un’ultima volta sotto il palco del blues man più blues della Calabria.
Al termine del concerto chiediamo a Vincenzo Tropepe:
Ci hai raccontato dal palco tanti aneddoti, ma anche tecnicismi su strumenti, tonalità, accordature, suggerimenti di brani da ascoltare e film da vedere per conoscere il blues. Cosa aggiunge questo all’esperienza del pubblico?
Io ho una grandissima passione per la musica sin da piccolo, mi piace suonare ma mi piace anche spiegare al pubblico che ascolta ciò che sto proponendo. Nel mio progetto “My own journey” racconto tutto quello che appartiene al mio personale bagaglio, ciò che avveniva all’epoca e ciò che è accaduto sino ai nostri giorni, in questo modo la gente quando torna a casa è contenta di aver ascoltato (ottima n.d.r) musica, ma anche di aver appreso storie che creano un ulteriore collante tra me e il pubblico.
Hai raccontato come viveva un bluesman al tempo, mentre ai nostri giorni come vive un bluesman?
È completamente diverso oggi, all’epoca si viveva in grande povertà e persino in schiavitù, oggi fortunatamente questo non esiste più e noi proviamo ad immedesimarci in quel mondo attraverso non solo l’ascolto della musica ma anche la lettura di molti libri.
Poi la mia anima è un’anima blues, perché questo genere non è solo una musica ma un’attitudine, un modo di essere, di comportarsi e di vivere la vita. Ad esempio, una caratteristica del blues è il fatto che sia semplice condividere. Quando mi trovo in un festival finiamo sempre con il fare delle jam session perché il blues invita all’altruismo e alla condivisione.
Com’è stato suonare in questa piazza per lo Scilla Jazz Festival?
Da subito, quando ho visto il grande palco e la piazza piena di sedie e gremita di gente ho provato un brivido, nonostante abbia calcato tanti palchi, anche importanti, c’è sempre quell’adrenalina che ti rinvigorisce e rinnova l’amore per il palco. Quando mi siedo, però, per me cambia tutto e non vedo l’ora di suonare e divertirmi con il pubblico. È proprio questa la magia della musica.
Che ne pensi dell’associazione di blues e jazz scelta per questo festival?
Questa manifestazione parla di jazz, ma sposarlo al blues è naturale perché il jazz nasce dal blues, è una sua costola che ha poi seguito una propria evoluzione. Questo tipo di manifestazioni sono quelle che mi fanno stare bene. Adesso sono proprio felice e sto bene perché sento che la serata, le persone che ho conosciuto, il pubblico ed io abbiamo tutti vibrato all’unisono creando una nostra armonia.