Quanto mi mancava, questo Granillo!

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Un anno e mezzo di distanza per ritrovare quella normalità che abbiamo sempre dato per scontato: vedere di nuovo il Granillo in festa è sempre bellissimo

Quanto mi mancava, questo Granillo! Quanto mi mancava sentire la tipica frase “me ne vado al campo a vedere la Reggina!”, quanto mi mancava vedere le file ai tornelli, i flussi amaranto di gente con sciarpe e bandiere dirigersi verso lo stadio, l’atmosfera magica dell’ansia prepartita, la musica, gli applausi all’ingresso in campo per il riscaldamento, i cappellini e le scorte d’acqua dei tifosi per far fronte al grande caldo.

Quanto mi mancava, tutto questo. Quanto mi mancavano i boati ad ogni accelerazione di Rivas in campo aperto, ad ogni intervento roccioso di Cionek e Stavropoulos, ad ogni conclusione verso lo specchio. Quanto mi mancavano gli applausi dopo ogni grande giocata o gli immancabili “bastardu!” rivolti verso l’arbitro. Quanto mi mancavano i fischi agli avversari, i cori della Sud (che, pur non presente in qualità di gruppi ultras, non ha comunque fatto mancare il suo apporto), il supporto all’ex Barillà durante il riscaldamento o il grande entusiasmo agli ingressi di Galabinov o Menez, che ha finalmente vissuto il vero Granillo (ma ancora non ha visto niente). E, ancora, quanto mi mancavano le imprecazioni e la prima “ansia da Var della storia al Granillo, con successiva illusione per un braccio dell’arbitro che indicava la rimessa dal fondo e non il rigore (ammettiamolo, chi era allo stadio aveva capito ben altro). Quanto mi mancava sentire gli odori e i sapori di uno stadio “vissuto”, tornare a sentire le sensazioni di uno spettacolo (perché tale è, con il pubblico).

Per due ore, tutto si è fermato. Si è rivissuta la vera normalità, che una volta di più ci ha fatto capire quanto fossero belle le cose banali e scontate. Andare allo stadio era un appuntamento fisso del weekend, quasi un rito sacro per ogni tifoso, un qualcosa che non poteva mai mancare. E invece è mancato, per troppo. E adesso lo abbiamo ritrovato. Per ora, perché l’emergenza non è finita. Si vive sempre sul filo dell’incertezza, tra zone a colori e limitazioni. Ma intanto, ieri, è stata una festa vera, attesa, voluta, desiderata. E, a prescindere da come sarebbe andata sul campo, ha vinto il calcio vero, quello con il pubblico. Perché il calcio senza tifosi è soltanto una farlocca e mal riuscita imitazione…

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