Il monumento ai Caduti di Messina: l’arte del Nicolini, la valenza storica e la propaganda fascista

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La storia del monumento ai Caduti di Messina: l’omaggio ai soldati che hanno difeso la patria, la propaganda fascista e la valenza storico-artistica dell’opera

Quella che siamo abituati a definire storia moderna, ma che ormai con il passare degli anni non può che appartenere ad un passato, seppur recente, è legata indissolubilmente a due eventi che hanno sconvolto l’esistenza del genere umano: le due Guerre Mondiali. Il termine “Mondiale” fa capire la portata dei due conflitti che mai avevano interessato il mondo intero, limitandosi in passato a coinvolgere al massimo qualche nazione. Due eventi ravvicinati che per grandezza degli eserciti, impiego delle tecnologie moderne e numero di morti e contorno socio-politico-culturale hanno segnato il mondo che conosciamo oggi. Pezzi di storia che non possono essere dimenticati, anche se appartengono al secolo scorso e, come detto, anno dopo anno scivoleranno sempre più indietro nel tempo. Il genere umano non può permettersi di ‘dimenticare la memoria’, il lascito che la prima metà del 1900 ha portato con sé: i semi di nuovi totalitarismi ideologici germogliano nell’assenza di consapevolezza di ciò che è stato e che non dovrà più essere.

L’omaggio ai caduti in guerra e il simbolo della propaganda fascista

Mantenere vivo il ricordo è fondamentale. Gli uomini passano, ma spesso le opere d’arte sopravvivono per secoli. Ogni città ha realizzato un monumento ai Caduti, una scultura che rende omaggio ai soldati che hanno perso la vita durante la guerra, spesso poveri martiri che hanno sacrificato tutto per un’ideale o semplicemente per essere nati nel momento sbagliato della storia. Anche Messina ha il suo monumento ai Caduti, realizzato dallo scultore Giovanni Nicolini nel 1936 in quella che all’epoca era la neonata Piazza del Municipio. L’opera serviva ad omaggiare i morti della Prima Guerra Mondiale ed era composto da tre sculture in bronzo: davanti un fante a capo scoperto con ai lati un aviere e un marinaio. Nelle parti laterali due bassorilievi con cavalieri e fanti al seguito di vittorie alate. Durante la Seconda Guerra Mondiale il monumento venne danneggiato dai bombardamenti degli Alleati e, durante il restauro, venne arricchito nel 1950 da una lapide che ricorda anche le vittime del secondo conflitto bellico.

In epoca fascista, la scultura del Nicolini divenne pretesto per omaggiare la ricostruzione della città di Messina, un vero e proprio vanto del Fascismo celebrato da Mussolini in persona presso la Piazza del Municipio nel 1937. Le tre figure hanno un ruolo principale, svettano sul podio in una posa che trasuda eroismo e ardore, elementi tanto cari alla narrativa guerresca del fascismo. Il mantello del fante sembra ingrossarsi a causa del vento, dettaglio che contribuisce a rendere ancor più solenne la figura principale del terzetto, omaggio al grande tributo in vite e sangue che i fanti italiani (spesso contadini e operai male addestrati) hanno pagato durante la Guerra. Elemento che la propaganda fascista volle rimarcare in epoca di conquiste coloniali. L’opera era concepita come altare-podio dal quale pronunciare discorsi, vista la balaustra posta nella parte anteriore, mentre in quella posteriore è presente una scalinata che porta ad un basamento presso il quale sono deposti fiori e corone d’alloro durante le celebrazioni militari.

Monumento ai caduti di Messina (1)

I dettagli artistici oltre il messaggio politico

Attualmente, complice il degrado della patina bronzea che ricopre le statue, i bassorilievi laterali sono le parti dell’opera di maggior caratura. Nel bassorilievo di sinistra, in nudità eroica, le figure si dirigono verso la Vittoria in maniera composta e virile, in una sorta di danza tutt’altro che armonica, quasi meccanica, protesi verso il loro fine ultimo. L’idea alla base strizza l’occhio al fregio dei cavalieri di Fidia del Partenone, seppur il Nicolini decise di non ricreare il naturalismo dell’opera greca in favore della muscolarità tanto cara al regime. Nel bassorilievo di destra viene raffigurato un saluto romano, riferimento ai riti laici e propagandistici del Fascismo dei quali lo stesso monumento è stato spesso teatro. Del resto, la valenza storica del monumento venne piegata a ragioni di propaganda mussoliniana: una morte onorevole in battaglia, un sacrificio eroico per il nuovo ‘Impero italiano’. Oggi l’opera viene incorniciata nella vegetazione della piazza, perde un po’ della sua maestosa verticalità ed è da tempo scevra da ogni legame con il regime fungendo da memoria a chi ha perso la vita e da monito a chi la vita ha il compito di portarla avanti.

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