Mimmo Lucano è innocente e l’unica mancanza che non sentiremo è quella di Spirlì

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La condanna di Mimmo Lucano è solo un primo grado di giudizio, e quindi non significa nulla: l’ex Sindaco di Riace è e resta un cittadino libero e innocente. Spirlì, invece, ha perso l’ennesima occasione per rappresentare degnamente i calabresi: per fortuna tra tre giorni si vota e la Calabria non sentirà certo la mancanza di un Governatore così inadeguato al ruolo

Effettivamente 13 anni e due mesi di carcere nelle sentenze dei Tribunali d’Italia difficilmente vengono inflitti persino ai mafiosi: Mimmo Lucano, ex Sindaco di Riace, si è sfogato così, amaramente, dopo la sentenza del processo “Xenia” che l’ha visto condannato ad una pena così pesante decisa dal Tribunale di Locri stamani, enormemente superiore persino rispetto alla richiesta dell’accusa. “Ho speso la mia vita per rincorrere ideali contro le mafie. Ho fatto il sindaco, mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati che sono arrivati. Mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra, contro le immagini negative. E’ stata un’esperienza indimenticabile, fantastica. Però oggi devo prendere atto che è finito tutto. E’ stata una cosa pesantissima, non so se per i delitti di mafia ci sono questo tipo di sentenze” ha commentato amaramente Lucano, che avrà comunque modo e tempo per dimostrare le proprie ragioni in Appello e poi eventualmente in Cassazione.

Mimmo Lucano, infatti, è e rimane innocente per legge anche dopo la sentenza di oggi, che è soltanto il primo grado di giudizio. La pesantezza della sentenza stabilita dal Tribunale di Locri sorprende soltanto chi ha dimenticato che appena pochi anni fa un altro ex Sindaco reggino, Giuseppe Scopelliti, veniva condannato a 4 anni e 7 mesi con sentenza definitiva della Cassazione ed era costretto a costituirsi in carcere dove sarebbe poi rimasto per lunghi anni prima di ritrovare una libertà comunque ancora parziale e condizionata, tra l’altro per capi di imputazione molto meno numerosi e meno gravi rispetto a quelli contestati a Lucano.

Nella terra delle partite politiche che si fanno nelle aule giudiziarie e nel Paese in cui la politica già da molto tempo ha ceduto il proprio potere ai giudici con inchieste e sentenze che puntualmente scoccano ad orologeria alla vigilia delle elezioni (i casi Morisi e Lucano sono soltanto gli ultimi di una lunga serie), non ci sorprendiamo più di nulla.

Ciò che troviamo più raccapricciante in assoluto in queste ore tristi e difficili è quanto ha avuto da commentare il Presidente facente funzioni della Regione Calabria Nino Spirlì. “La Calabria non sentirà la mancanza del condannato Lucano e non ne patirà l’assenza dalla gestione della cosa pubblica” ha detto Spirlì, etichettando gratuitamente Lucano come “un truffatore, componente di un’associazione a delinquere e favoreggiatore dell’immigrazione clandestina. Lo dicono i giudici e, dunque, non e’ un pettegolezzo da cortile“.

In realtà che Lucano sia un truffatore lo ha detto soltanto un giudice di un primo grado di giudizio. Il processo continuerà e non siamo ancora arrivati ad una verità processuale definitiva che consenta a chiunque di definire Lucanotruffatore“. L’unica definizione possibile di Lucano è “innocente“: lo è per la legge, lo è per lo Stato, lo è per il diritto, lo è per la società.

Che poi sia proprio Spirlì a permettersi di vomitare tutto questo fango su Lucano, che seppur nel suo piccolo di Riace si è sempre presentato a democratiche elezioni ed è stato votato dai suoi concittadini e adesso si candida democraticamente alle elezioni Regionali sottoponendosi al libero giudizio popolare, è paradossale per un esponente politico diventato “Presidente facente funzioni” un po’ per la drammatica fatalità della morte prematura di Jole Santelli e un po’ perchè comunque un certo Salvini l’aveva nominato Vice Presidente di Giunta senza che Spirlì fosse mai stato candidato, e quindi votato dal popolo. A differenza di Lucano, appunto.

Come si può permettere un politico, che è anche alto rappresentante istituzionale, azzardarsi a fare la morale a un libero cittadino che merita rispetto e garantismo, parlando dall’alto di un ruolo che richiederebbe l’equilibrio e la cautela del massimo rappresentante dell’intera comunità calabrese? Sarebbe stato molto più nobile ed elegante non il silenzio, ma un attestato di sostegno e vicinanza a Lucano che in questo momento difficile, a prescindere dall’iter giudiziario, non merita ulteriori gratuite gogne politico-mediatiche. Da che pulpito, poi. Il partito di Spirlì proprio in queste ore sta implodendo per l’inchiesta che ha coinvolto uno dei più stretti collaboratori di Salvini evidenziandone le interne contraddizioni. E anche in quel caso riteniamo la crocifissione mediatica di Morisi sia indegna di un Paese civile e democratico. Ma almeno fino ad oggi le polemiche politico-giudiziarie erano rimaste confinate al mondo degli attivisti di partito, degli esponenti più o meno importanti di questa o quella coalizione, anche dei leader politici che se le cantano di santa ragione nel nome della sana competizione elettorale. Mai, però, un alto rappresentante istituzionale come il Presidente di una Regione (seppur, in questo caso, “facente funzioni”) era intervenuto in modo così duro su una sentenza di un suo concittadino.

Pensavamo di aver toccato il fondo con le dirette social dalla macchina dedicate alle mammine mpanicate per la pandemia, con le scuole chiuse “per non avere i bambini nelle bare” a fronte di una malattia che i bambini neanche li colpisce, e invece Spirlì è riuscito a sorprenderci ancora su un tema ben più delicato che è quello di una vicenda giudiziaria personale come quella di Lucano.

Per fortuna tra tre giorni si vota. E su una cosa Spirlì ha ragione: “la Calabria non ne sentirà la mancanza e non ne patirà l’assenza dalla gestione della cosa pubblica“. Ma per interpretare il sentimento dei calabresi, anzichè rivolgersi a Lucano avrebbe dovuto riferirsi a se stesso.

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