Area Metropolitana dello Stretto, il Ponte tra Messina e Reggio Calabria e quel sogno spezzato dai soliti pregiudizi

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Oggi disponiamo di tecnologie avanzate capaci di garantire la costruzione di ponti in maniera sicura e sostenibile anche in zone sismiche. Inoltre l’opera sarebbe una svolta anche a livello ambientale e di inquinamento

di Ivano Nasso – Il ponte sullo Stretto è ritornato al centro del dibattito politico da quando, la riflessione pubblica sulle azioni di rilancio economico che costituiscono la condizione necessaria per ottenere le risorse che l’Europa ha messo a disposizione degli stati, con il Recovery fund, ha chiamato in causa il ruolo centrale della spesa pubblica in infrastrutture strategiche come motore dello sviluppo. Come sappiamo giacciono ingenti risorse, che sono da anni ferme per lungaggini burocratiche, per contrasti tra le aziende partecipanti agli appalti e per veti incrociati della politica, stretta tra la morsa di un ambientalismo radicale e ideologico, gli interessi del ceto politico locale e il mito anticapitalistico della decrescita felice di marca populista.

A questi elementi se ne aggiunge un altro non meno importante che riguarda il rapporto tra le politiche di rilancio infrastrutturale e la questione meridionale, perché è del tutto evidente che sia il Sud il luogo centrale di questo nuovo intervento straordinario, perché non ci potrà essere nessuna politica di cambiamento strutturale dell’economia italiana senza ridurre il divario territoriale che separa le regioni italiane del nord e quelle depresse del sud. A tale fine, si tratta non tanto di sviluppare ed elaborare nuove proposte, quanto piuttosto di dare attuazione a quello che è stato progettato negli ultimi decenni in materia soprattutto di reti infrastrutturali che riguardano metropolitane urbane, la Strada Statale 106 Jonica, gli aeroporti, il collegamento stabile tra la Calabra e la Sicilia e l’alta velocità nelle regioni meridionali e in Sicilia.

Come era chiaro da sempre, nessun collegamento efficace è possibile senza un moderno ponte sul quale possano passare oltre alle auto, i treni dell’alta velocità” che consentano di raggiungere agevolmente Palermo e Catania. E’ ovvio, a tutti, che senza poter raggiungere la Sicilia, con un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia, ogni progetto di estensione delle rete dell’alta velocità nel sud risulterebbe assolutamente inutile. Solo questi interventi già programmati di infrastrutturazione delle regioni meridionali mobiliterebbero miliardi di euro, significando uno straordinario sostegno allo sviluppo delle industrie meridionali e all’occupazione e un prepotente acceleratore di miglioramenti territoriali e ambientali di grande rilievo, ma anche un volano per investimenti privati.

Appare, pertanto, chiaro, che il simbolo di quanto anzidetto, è rappresentato dal “Ponte sullo Stretto” che entrerebbe nel novero dei grandi ponti a livello mondiale creando tra Messina e Reggio una vera e propria area metropolitana. Purtroppo, l’ipotesi che possa ritornare in campo questo progetto ha risvegliato gli animi dei tradizionali sostenitori del “no” a prescindere, che vedono il ponte non come un’opera che può aiutare Calabria e Sicilia ad entrare in relazione più stretta e feconda con il resto del paese e con l’Europa, accelerando il processo di modernizzazione dei trasporti, ma un simbolo del male, che si deve abbattere e dunque combattere, con tutte le armi.

Ha poca importanza se, a livello globale si stiano costruendo decine di ponti che stanno rivoluzionando la mobilità di milioni di persone, se, oggi, disponiamo di tecnologie avanzate capaci di garantire la costruzione di questi manufatti in maniera sicura e sostenibile anche in zone sismiche, ed in ultimo, se, costruire il ponte significa togliere dallo Stretto le navi inquinanti. Quel che importa è imporre a ripetizione il rifiuto pregiudiziale, in nome del solito piagnisteo meridionalista, del solito monito antimafia dei tanti intellettuali che popolano questa nazione, della ricorrente cultura secondo cui appare più urgente realizzare altro senza mai porre l’accento su valide alternative.

Per concludere, sappiamo tutti benissimo che, questi polverosi lamenti non sortiranno alcun effetto e, se il ponte non verrà realizzato dipenderà da altre ragioni, come la tutela di interessi di alcune categorie di soggetti, dell’indolenza della classe politica, nonché dallo spirito conservatore che anima gli stessi. Farebbe bene, una totale ed attenta riflessione che conduca la mente dei più, a porre sul piatto della bilancia i vantaggi e svantaggi che un’opera del genere comporterebbe, valutando, oggettivamente ed oculatamente, l’enorme ricchezza che una tale struttura porterebbe all’economia non del sud, ma dell’intero paese. Il ponte sullo Stretto rappresenterebbe, la crescita e lo sviluppo del nostro Paese che ormai da decenni cammina in bilico sul filo dei continui fallimenti. Basta dunque indugi e false retoriche, bisogna guardare oltre, perché per essere grandi bisogna agire da grandi. Totò disse che alla politica poco interessa del popolo… dunque, meditiamo…

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