“Lo spazio della solidarietà”, documento a sostegno di Mimmo Lucano

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“Lo spazio della solidarietà”, documento a sostegno di Mimmo Lucano: “le dimensioni della condanna inflitta in primo grado all’ex sindaco di Riace, che duplicano perfino le richieste della pubblica accusa, hanno destato sconcerto e amarezza in gran parte della popolazione italiana”

La pena inflitta a Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, ha creato una grande bufera: tra coloro che hanno espresso solidarietà all’ex primo cittadino e coloro che hanno difeso i giudici del Tribunale di Locri che lo hanno condannato. Di seguito un documento a sostegno di Lucano.

“Nell’esprimere solidarietà a Domenico Lucano e fiducia negli Amministratori tutti chiediamo che nella valutazione della giustizia si tenga conto del problema vivo di una legislazione che oggi in Italia esclude il diritto di umanità delle e dei richiedenti asilo. Le dimensioni della condanna inflitta in primo grado a Domenico Lucano, che duplicano perfino le richieste della pubblica accusa, hanno destato sconcerto e amarezza in gran parte della popolazione italiana. Sentimenti che scaturiscono dalla percezione che la durezza della condanna inflitta confligga con il sentimento di solidarietà che emana dal Modello Riace. Il ruolo di pubblici amministratori esige il rigoroso rispetto di regole e procedure. L’inchiesta e la successiva condanna ritraggono un amministratore che avrebbe dispiegato, nel suo ruolo, una lunga serie di comportamenti giudicati di rilevante pericolosità sociale. Eppure, tutti i presunti reati si sarebbero dipanati intorno alla missione che sta al fondo della sua attività amministrativa: l’accoglienza dei migranti”.

“Ci pare questo il nocciolo della questione: Lucano, gravato da una condanna pesantissima, non ci sembra appartenere alla schiera dei corrottissimi amministratori locali che i cittadini possono riconoscere nei film di Francesco Rosi o nella quotidiana realtà di tante comunità abbandonate dalla giustizia, bensì a coloro a cui, in quanto animati da un valore di solidarietà, si potrebbe concedere ogni accettabile attenuante. Questo non solo perché l’entità della condanna inflittagli ieri gli attribuirebbe un primato tale da separarlo da una così spiacevole compagine, peraltro spesso capace di sfuggire ai rigori della giustizia. Lucano avrebbe commesso i fatti a lui imputati in modo pressoché esclusivo nel contesto dei fondi per l’accoglienza dei migranti. Quest’ultima trova una prassi all’interno di un quadro normativo per molti versi distante dal sentimento di giustizia e della solidarietà tra le persone”.

“La presenza di un dovere umano, profondo di solidarietà e fratellanza, invero, non esime dall’osservanza delle procedure prescritte, ma è proprio questa discrepanza fra doveri e sentimenti di solidarietà lo spazio in cui si dipana la vicenda di Lucano. È questa discrepanza che deve interrogare la società intera, perché non riguarda solo l’accoglienza dei migranti, ma il rapporto complessivo tra chi si salva, all’interno della nostra società, e chi ne è sempre più ricacciato ai margini. Di fronte a questo dilemma, non è certamente con una gestione che pare si possa presumere benintenzionata, ma naïve, come quella di Lucano, che potremo avvicinarci a una società più inclusiva. Abbiamo bisogno, piuttosto, di un ampio confronto che punti alla modifica di regole ingiuste e di principi iniqui ed escludenti”.

“Eppure, questo confronto non c’è stato: lo hanno evitato i partiti, lo hanno trascurato le parti sociali, la chiesa e persino gran parte del mondo del volontariato laico e religioso che opera in un contesto di regole a volte ingiuste e in molti casi da riformare. Lucano ha allertato, in questi anni, sull’ingiustizia del sistema, facendo appello ai doveri di solidarietà sociale; è stato forse lasciato troppo solo da chi, invece che ergerlo a simbolo, avrebbe dovuto supportarlo in una battaglia per cambiare delle regole che lui stesso non era probabilmente in grado di affrontare, ma non ha deflesso da quelle che le sue convinzioni gli indicavano come doveri”.

“Il pericolo, oggi, è che il tema della solidarietà con chi vive condizioni di svantaggio continui a non essere affrontato. Un sistema c’è, e nelle sue maglie riescono certamente a districarsi meglio una fondazione, una cooperativa, un’associazione improntate a efficienti criteri imprenditoriali che un amministratore ingenuo e istintivo che, oltre ai numeri, sembra avere sempre visto in primo luogo delle persone in difficoltà. Al pericolo di trascurare questo aspetto si aggiunge, oggi, la percezione di un’ingiustizia subita da un individuo che potrebbe essere gravato da una sentenza sproporzionatamente esigente rispetto a degli alti ideali che ha perseguito”.  

“Se non si vuole essere complici di una tecnica astratta e deumanizzata, non è possibile ignorare i principi di cittadinanza escludenti e la cultura della separazione tra le persone, della creazione di confini immaginati, che dovrebbero essere presi in considerazione nel formulare un giudizio. Questi temi, che Lucano ha affrontato attraverso il Modello Riace, rappresentano una questione sociale e politica fondamentale su quale sia il modello di società che l’Italia, in quanto Stato di diritto, vuole rappresentare”.

“Il punto è se sia opportuno accogliere e garantire diritti che siano proprio del genere umano, oltre che di una comunità nazionale equilibrata, e dunque espandere al massimo grado questa vita armonica, piuttosto che respingere e limitare a un ridotto numero di privilegiati questa possibilità. Qualunque società che miri ad un’evoluzione nel senso dell’umanità non può che orientarsi verso la prima opzione. Quale sia lo strumento utile a raggiungere questo scopo è la questione su cui la vicenda di Lucano ci interroga. L’intima aporia di un sistema che demanda alla gestione del “privato” o del singolo un principio di solidarietà che a molti appare fondamentale è lampante”.

“La privatizzazione dell’accoglienza e l’attacco teorico e ideologico alla stessa, o al contrario la mitizzazione del singolo sono due facce della stessa medaglia. È un’Idra a tre teste che si auto cannibalizza. Le tre teste sono quella della blandizie delle istituzioni locali da un lato (tant’è che Lucano le chiama a correità), quella dell’applicazione di principi che restano al fondo escludenti, e la costituzione a simbolo mediatico dello stesso singolo cui si è assegnata la responsabilità di gestire, con mezzi inadeguati, questa aporia. Per questo, lo Stato che mira a una serena vita associata che si compia nella garanzia dei diritti, ma anche in principi di solidarietà e umanità, deve porsi il problema drammatico che ci sembra possa emergere da questa vicenda: come agire in maniera solidale in un quadro di principi e legislazioni che sembrano difettare di una vera riflessione sulle circostanze drammatiche delle migrazioni?”  

“Forse non ha torto chi, riconoscendo che il punto non è se Lucano sia “colpevole” o “innocente”, gravato da troppi anni di pena, o immacolato per superiore diritto morale, dichiara che egli andrebbe “graziato” in un atto di simmetrica risposta alla sua ingenua richiesta di giustizia irrazionale e anomica. Se lo Stato italiano vuole dimostrare che la sua legittimità si basa su principi e valori realmente universali, ha il dovere di non fare cadere senza appello un principio e un sentimento di solidarietà che riteniamo debba essere formulato e discusso in una legislazione maggiormente inclusiva. La vicenda individuale, con tutta probabilità, conoscerà migliore sorte in appello, offrendo altresì una possibilità per questa riflessione. La condanna vera, per la nostra società, arriverà forse se non saremo capaci di cogliere questo momento come l’occasione di rimettere al centro i valori costituzionali di solidarietà e giustizia sociale nei confronti delle sofferenze e delle ingiustizie patite dai cittadini italiani e da chi ci raggiunge in cerca di una speranza”.

Firmano:

Salvatore Belcastro, scrittore; Roberto Calabrò, Direttore Magma; Marco Benoit Carbone, Brunel University London; Rossella Catanese, Università di Udine; Salvatore Cingari, Università per Stranieri di Perugia; Federico Giordano, Università per Stranieri di Perugia; Mauro Francesco Minervino, Accademia di Belle Arti di Catanzaro; Paolo Minuto, Università per Stranieri di Reggio Calabria; Stefano Morabito, Università per Stranieri di Reggio Calabria; Fabio Rossi, Università di Messina; Enrico Terrinoni, Università per Stranieri di Perugia; Pia Tucci, Conservatorio di Cosenza.

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