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Pensioni: questa settimana sarà decisiva per quanto riguarda la nuova legge previdenziale che sarà votata entro fine anno per essere operativa dal 1 gennaio 2022

Questa settimana sarà decisiva per quanto riguarda la nuova legge previdenziale che sarà votata entro fine anno per essere operativa dal 1 gennaio 2022.
Giovedì, infatti, si svolgerà il Consiglio dei Ministri che stabilirà i contenuti della legge di bilancio il cui testo andrà poi in Parlamento presumibilmente dal 2 novembre. All’interno di questo Consiglio dei Ministri dovrà essere trovata una quadra per determinare le scelte che dovranno essere adottate per evitare il ritorno “tout court” alla legge Fornero. Draghi durante la conferenza stampa a Bruxelles al termine del Consiglio Europeo ha comunicato che quota 100 in scadenza a fine anno non sarà rinnovata e che si sta studiando un sistema per evitare lo scalone di cinque anni da 62 a 67 anni che si creerebbe alla data del 1 gennaio 2022. Questa dichiarazione, che non farà piacere ai più, mette un punto fermo in una discussione infinita e che ha spaccato gli italiani sulla bontà o meno di questa legge voluta dal governo giallo/verde ma che almeno costringerà l’attuale Esecutivo a prendere una decisione sul futuro previdenziale in Italia cosa che fino ad adesso si è sempre rifiutato di fare. La prima proposta che ha fatto il governo, ma che non è assolutamente condivisibile, è quella di quota 102 (38 anni di contributi + 64 anni di età) che sarebbero necessari nell’anno 2022 e quota 104 (38 anni di contributi + 66 anni di età) nell’anno 2023. A suo parere il governo Draghi ritiene in questo modo di ammorbidire lo scalone in modo da tornare con gradualità nell’anno 2024 al sistema ordinario che lui ritiene essere l’odiata legge Fornero.

Questo sistema delle quote non può soddisfare le richieste dei lavoratori perché crea ulteriori ineguaglianze come ha dimostrato quota 100 perché permetterebbe solamente ad alcuni di essi che avrebbero i due requisiti (38 + 64 o 38 + 66) di accedere al pensionamento. Molto più interessante sarebbe la proposta delle OO.SS. che immediatamente hanno contestato il sistema delle quote e hanno chiesto un incontro urgente col Presidente Draghi, che chiedono una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o il pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, del lavoro di cura e delle donne, l’offerta di una prospettiva previdenziale anche ai più giovani attraverso l’introduzione di una pensione di garanzia, la tutela del potere d’acquisto dei pensionati e il rilancio della previdenza complementare. Allo stesso modo la Lega chiede più gradualità nel ritorno alla legge Fornero e più fondi sul capitolo pensioni rispetto ai fondi destinati al RdC ed il PD chiede invece di ampliare l’Ape Sociale con l’estensione dei lavori gravosi e usuranti ad altre categorie di lavoratori in aggiunta a quelle già ora esistenti nonché il mantenimento di Opzione Donna che il governo Draghi vorrebbe interrompere. Come si vede le posizioni sono ancora distanti ed è molto difficile conciliare le varie proposte per giungere ad un testo condiviso da tutti. Sarebbe stato necessario affrontare le varie problematiche alcuni mesi fa e non arrivare all’ultimo momento per risolvere un tema così spinoso che incide notevolmente nella vita e nelle decisioni di tutti gli italiani. Il problema, come sempre, sono i fondi a disposizione, pare che ci sia solamente un miliardo di € per l’anno 2022, soprattutto in un capitolo di spesa sempre sotto la lente dell’Europa che ci ritiene, ingiustamente, troppo spendaccioni in ambito previdenziale.

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