Con Occhiuto commissario la sanità torna ai calabresi dopo 7 anni di disastri di Stato: perché è una buona notizia

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La gestione della sanità calabrese torna nelle mani dei calabresi dopo 7 anni grazie alla nomina di Occhiuto come commissario straordinario da parte del governo Draghi: vediamo perché è una buona notizia

Il neo Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ieri è stato nominato dal Consiglio dei Ministri del governo Draghi come nuovo Commissario della Sanità calabrese. Per la prima volta dopo 7 anni, la gestione della sanità calabrese torna nelle mani dei calabresi tramite il loro massimo rappresentante appena eletto dal popolo in modo democratico: per capire cosa significa questo passaggio storico è opportuno fare un passo indietro e ricostruire la storia, partendo dal contesto. La sanità calabrese si trova in condizioni disastrate che negli ultimi anni sono diventate sempre più disastrose mentre veniva gestita da commissari straordinari mandati in Calabria dal governo centrale. E’ stato un vero e proprio fallimento di Stato testimoniato dal calo di tutti gli indicatori dell’assistenza sanitaria regionale: ma perchè la sanità calabrese è commissariata? Da quanto tempo e con quali intenzioni? E perché dovremmo essere felici che il commissario sia Occhiuto e non più Longo? Non è, ovviamente, una questione personale bensì di autodeterminazione. Da oggi non è più il Governo a gestire la sanità della Calabria, ma è tutto nelle mani del Presidente di Regione appena eletto dai calabresi. Un passaggio non di poco conto.

Iniziamo dal 2005: tutto nasce con la legge finanziaria di 16 anni fa, che fa chiarezza sulla riforma del Titolo V della Costituzione che nel 2001 assegnava la materia della tutela della sanità alla competenza concorrente tra Stato e Regioni. Introducendo autonomia con il Servizio Sanitario Regionale (SSR), il Titolo V della Costituzione andava a cozzare con la legge n. 833 che nel 1978 istituiva il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e con l’articolo 32 della Costituzione secondo cui il diritto alla salute rientra nei diritti sociali la cui determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (che devono essere garantiti allo stesso modo su tutto il territorio nazionale) e compete alla legislazione esclusiva dello Stato. Tale quadro normativo consente di comprendere la ragione dell’intervento statale nella materia della gestione sanitaria dei singoli Servizi Sanitari Regionali (SSR), con il chiaro intento dello Stato di monitorare con grande attenzione la gestione dei servizi sanitari affidata alle Regioni tramite programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione, di potenziamento del Servizio sanitario regionale (successivamente chiamati piani di rientro) nati proprio con la legge finanziaria per il 2005 per evitare gli sprechi e disparità nei trattamenti sanitari tra cittadini di Regioni differenti. I piani devono contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per renderle conformi con gli standard nazionali, sia le misure per garantire l’equilibrio di bilancio sanitario.

Siamo nel 2005 e il Presidente della Regione, Agazio Loiero, nomina per l’ultima volta un Assessore alla Sanità nella Giunta regionale calabrese: è Doris Lo Moro. Ma già nel 2009 il governo Berlusconi rileva anomalie nella gestione della sanità calabrese e paventa il commissariamento. Il governatore Loiero si oppone come lui stesso ha raccontato in una recente intervista all’Adnkronos: “Era il 2009 e fui convocato in Consiglio dei ministri perché il governo riteneva necessario nominare un commissario alla Sanità a causa del debito alto che si era accumulato. Fu un confronto molto aspro, fui attaccato duramente e c’era una chiara ostilità nei miei confronti da parte della Lega, che non avevo esitato a criticare per la sua politica nei confronti del Meridione. Ci fu una discussione lunga e devo dire che Berlusconi ascoltò attentamente le mie ragioni anche perché illustrai un piano di rientro molto particolareggiato, che avevo preparato coadiuvato dai tecnici dell’assessorato e dall’Agenas. Alla fine il presidente del Consiglio propose allora di nominarmi come commissario. Io non accettai nonostante avessi potuto avere una serie di poteri come ad esempio quello di nominare manager di mia fiducia. Di contro però ci sarebbe stato il blocco del turnover e la necessità di aumentare al massimo le aliquote fiscali, con un fardello inaccettabile per i cittadini calabresi. Arrivai a minacciare le dimissioni e così, piuttosto che correre il rischio che passassi per vittima, il governo decise di rinunciare al commissariamento“.

Ma la situazione non migliora e dopo le elezioni Regionali, il commissariamento arriva davvero. Il governo Berlusconi nomina commissario il neo governatore Giuseppe Scopelliti, stringendo così i paletti per il piano di rientro ma lasciando ai calabresi la propria autodeterminazione sanitaria. Scopelliti, da commissario, mette in atto il piano realizzato da Loiero che era approfondito e conciliava le esigenze dei calabresi con quelle di bilancio. Il processo portò all’abbattimento totale dei debiti tramite la chiusura dei piccoli ospedali e il potenziamento della rete di emergenza-urgenza, agendo tramite un processo di razionalizzazione delle risorse e valorizzazione delle professionalità esistenti. L’ex Sindaco di Reggio Calabria si trovò in mano una serie di criticità qualitative: inappropriatezza dei ricoveri (dal costo di 632 euro al giorno) con conseguente bassa qualità, eccessivo numero di ricoveri medici (a fronte di pochi interventi chirurgici), alto tasso di ospedalizzazione in carenza di risposte assistenziali alternative e migrazione sanitaria. Queste problematiche secondo il documento Agenas erano evidenti nei presidi di Cariati, Chiaravalle Centrale, Corigliano Calabro, Oppido Mamertina, Praia a Mare, Rogliano, San Marco Argentano, Scilla, Siderno, Soveria Mannelli e Trebisacce. Altri ospedali sono stati riconvertiti.

Razionalizzando quei centri considerati dal piano di Loiero obsoleti ed improduttivi, che costituivano solo un costo non più sostenibile dal sistema (alcuni dei quali ospitavano pazienti anziani ma in buona salute solo per dimostrare che servivano più posti letto, più medici e più infermieri, eppure i dipendenti della sanità calabrese erano oltre 23mila, in grande esubero rispetto al fabbisogno di 20mila), si è risparmiato qualcosa anche se è ad altre voci di bilancio che bisogna guardare per capire l’entità degli sprechi tagliati. Tutti quei report ufficiali erano a disposizione del governatore e commissario Scopelliti, che seguì semplicemente le linee guida tracciate negli anni precedenti alla sua presidenza ed ebbe la bravura di riuscire a metterle in atto, trasformando in pratica la teoria evidenziata dal suo predecessore Loiero. Scopelliti era di destra, Loiero di sinistra, ma erano entrambi esponenti politici calabresi democraticamente eletti dal popolo che – a differenza dei commissari successivamente inviati dal governo centrale – erano riusciti ad allineare la sanità calabrese con gli standard nazionali.

Poi nel 2014 arrivò la tegola giudiziaria che pone fine all’era di Scopelliti nel momento in cui il debito era sceso (in soli 4 anni) da -230 a -30 milioni e nell’esercizio successivo sarebbe stato definitivamente ripianato con la fine del commissariamento. Ma la caduta di Scopelliti significa anche il disastro della sanità calabrese, con la perdita di tutti i risultati raggiunti. Il ministro Lorenzin (governo Renzi) nomina Luciano Pezzi, dopo appena sei mesi lo sostituisce con Massimo Scura, poi arrivano i grillini e il ministro Giulia Grillo (primo governo Conte) nomina Saverio Cotticelli, generale dei Carabinieri che in piena pandemia non conosceva neanche il numero dei posti letto della Regione. Costretto a dimettersi, il ministro Speranza (secondo governo Conte) prova a nominare il compagno di partito Zuccatelli, quello che “per prendere il Covid devi pomiciare per un quarto d’ora con un positivo“, poi Gaudio, quello che “mia moglie non vuole trasferirsi a Catanzaro“, e alla fine arriva Guido Longo a porre fine alla più drammatica telenovela della malapolitica italiana sulla pelle dei calabresi. Intanto il debito in appena sei anni è piombato nuovamente a -160 milioni di euro. I 230 milioni che la politica calabrese aveva accumulato in decenni di gestione sanitaria sembrano un’inezia. “La guerra che ormai si scatena tra bande, per non dire tra “cosche”, che vogliono impossessarsi della sanità certamente non per fini nobili, è segnale del degrado e della poca considerazione che il Governo nazionale ha per la nostra Calabria”, scriveva nel 2015 il Presidente Scopelliti.

Ma oggi per la prima volta la sanità torna ai calabresi, e non è certo un caso che la nomina di Roberto Occhiuto arrivi da parte del governo Draghi dopo che tutti gli altri commissari erano stati voluti da governi di Centro/Sinistra e l’ultimo calabrese a gestire la sanità era stato Scopelliti nominato dal governo Berlusconi. Oltre alla collocazione politica c’è anche la credibilità che Occhiuto ha potuto giocare agli occhi del Governo, con la consapevolezza che il compito più difficile inizia adesso. E con la speranza che stavolta non intervengano ulteriori agenti esterni a compromettere il percorso di autodeterminazione di una Calabria stanca di essere schiava e vogliosa di ritrovare dignità con l’orgoglio della propria laboriosità.

Ecco perché la nomina di Occhiuto è una buona notizia per tutti i calabresi: è un brandello di speranza che alimenta la fiammella di un futuro migliore.

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