Legge di bilancio: nel ddl molto poco c’è sul fronte previdenziale

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Il disegno di legge sul bilancio 2022 con un ritardo di una decina di giorni sul previsto è finalmente approdato in Senato per cominciare la discussione che porterà alla sua approvazione entro il 31 dicembre 2021

Il disegno di legge sul bilancio 2022 con un ritardo di una decina di giorni sul previsto è finalmente approdato in Senato per cominciare la discussione che porterà alla sua approvazione entro il 31 dicembre 2021.

Gli scogli ancora da superare riguardano il contestato RdC strenuamente difeso dal M5S e osteggiato oltre che da F.lli d’Italia anche da forze all’interno della maggioranza di governo come Lega, F.I. e Italia Viva. Sembra che si stata trovata la quadra inserendo alcune modifiche alla legge stessa come un “decalage” di importo dopo un primo rifiuto di accettazione di un lavoro da parte di un beneficiante e la sospensione definitiva dell’assegno dopo due rifiuti oltre ad un’implementazione dei controlli da effettuare ex ante e non ex post l’assegnazione del reddito stesso.

Ancora nebuloso il firmamento riguardo il taglio delle tasse dove il governo ha messo sul piatto ben   otto miliardi di €. Alcuni vorrebbero che siano messi sul cuneo fiscale così da diminuire le tasse sul lavoro, altri per ridurre l’IRAP, altri ancora per ridurre l’IRPEF principalmente sulla terza aliquota quella da 28.001 a 55.000 € annui e farla scendere dal 38% al 34% per favorire il ceto medio che è stato il più penalizzato in questi ultimi anni.

Sul fronte previdenziale molto poco c’è in questo ddl bilancio. Quota 102 (64 anni di età sommati ad almeno 38 di contributi) in sostituzione della “quota 100” che va in scadenza. Opzione Donna (58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome oltre ad almeno 35 anni di contributi) calcolati però integralmente col sistema contributivo molto penalizzante con riduzioni degli assegni di circa il 30%, implementazione di alcune categorie di lavori gravosi per l’accesso all’Ape Sociale come magazzinieri, estetiste, maestri elementari, addetti agli impianti ecc, un fondo di 550 milioni di € in tre anni per permettere l’accesso al pensionamento ai sessantaduenni di piccole aziende in crisi, e l’estensione dei contratti di espansione anche ad aziende di 50 unità di personale. Tutte queste misure sarebbero valide per il solo 2022 in attesa di una riforma strutturale che dovrebbe partire dal 1/1/2023.

Adesso cominceranno gli emendamenti alla manovra ma il Governo non sembra disposto a concedere molto di più in ambito previdenziale. Lo stesso incontro che si terrà martedì 16 con le OO.SS. non sembra potrà sortire grandi cambiamenti. L’intento del Governo è quello di fare soltanto piccoli interventi lasciando come legge di riferimento la legge Fornero molto gradita all’Europa. Eppure, i fondi necessari ci sarebbero dal momento che “quota 100” anziché venti miliardi di € previsti è costata poco più che la metà ed in più ci sarebbero i quasi 12 miliardi di € in dieci anni risparmiati dall’INPS a seguito degli oltre 132.000 decessi per Covid che ci sono stati in Italia in 18 mesi.

Oltretutto, procrastinare l’intervento nel 2022 nasconde molte insidie perché Draghi potrebbe essere il nuovo inquilino del Quirinale e in quel caso potrebbero esserci le elezioni anticipate che modificherebbero l’attuale quadro politico portando la nuova legge previdenziale su di un binario morto.

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