Le riflessioni sulla confusione regnante in casa Reggina dopo il fulmine a ciel sereno di oggi relativo all’esonero di Toscano
Nuovi problemi, vecchi errori. Errori a monte, errori che vengono da lontano e per cui mettere una pezza adesso diventa difficile. E’ un fulmine a ciel sereno l’esonero di Toscano in casa Reggina. In pochi se lo aspettavano, in primis lo stesso tecnico, che con tanto entusiasmo aveva accettato il ritorno in panchina e che proprio ieri aveva affermato di aspettarsi qualcosa dal mercato. Lui, che fino a qualche giorno fa di mercato aveva voluto parlare pochissimo, si è poi forse reso conto – dopo il brutto stop di ieri – che qualcosa serviva. Ma probabilmente quello che serviva a lui (o che chiedeva lui) non era lo stesso per il club, trovatosi sul groppone – nell’ultima settimana di mercato – ancora tutti i calciatori in uscita e probabilmente fuori dai piani di Toscano. E allora, verrebbe da chiedere, di cosa si è parlato un mese fa, al momento dell’accordo? Toscano non avrebbe dovuto accettare e forse se n’è reso conto anche lui. Paga per tutti, o comunque per tanti e per altri, un po’ come Aglietti.
Ma, come detto, gli errori sono a monte, e non si possono risolvere in 15 giorni. Sono gli errori di una società che ha (per scelta) deciso di investire “tutto e subito”, di vincere “tutto e subito”, in C, e di questo bisogna dare atto. Così come bisogna dare atto che gli investimenti della proprietà ci sono stati, e anche tanti. Ma in B non c’è stata volontà (o visione) di programmazione, con un Sant’Agata rimesso a nuovo (è un merito) ma poco sfruttato, tra figure che cambiano in continuazione e figure (brutte) in ambito giovanile. Si sono investiti 20 milioni circa in tre anni, ma tanti di questi sono stati utilizzati per ingaggi spalmati a ultratrentenni che non hanno reso (e che rappresentano ancora un fardello in uscita), con rivoluzioni dell’organico più o meno importanti ogni 6 mesi, ben 8 cambi in panchina e 5 allenatori. In tre anni, un solo giocatore “futuribile”, Rivas, che tuttavia non è stato ancora venduto. Pochi giovani, quasi tutti in prestito, e poche entrate, col Covid a dare la mazzata finale a una società che ha speso tanto e ha incassato poco e che forse solo adesso (ma è tardi) ha capito che è necessaria la politica dei giovani e degli investimenti a lungo termine. Troppi cambi di passo, poca pazienza e, ora, anche molta confusione. La scelta di oggi dimostra che in società si è persa la bussola. La dirigenza vuole trovare una soluzione, pensando però di mettere una pezza ad errori che si sono succeduti nel corso degli anni.
Ora la corsa è a due tra Aglietti e Stellone, con il secondo più avanti. Se il primo tornasse, però, a che condizioni? Adesso, tuttavia, a prescindere da chi arriva, cambia di nuovo tutto. Forse anche le scelte di mercato. L’unica decisione logica dell’avvicendamento è legata ai 15 giorni di sosta con cui il nuovo tecnico può preparare la gara di Terni e il ciclo di gare alla portata. Perché il campo è e resta l’unica strada da cui uscire. Resettare – senza rivoluzioni, perché non è possibile – e ripartire, facendo parlare i fatti e trincerandosi nel silenzio. Nella speranza di salvare la categoria e programmare un futuro diverso.