“Reggio Non Tace” contro Falcomatà: “si sarebbe dovuto dimettere perché l’etica è proprio questo, è essere e lavorare per una piena credibilità e trasparenza, senza se e senza ma”
Dopo molti giorni fa ancora discutere la condanna di Giuseppe Falcomatà nel processo “Miramare”. Il Movimento “Reggio Non Tace” è perentorio: “interveniamo anche noi nel dibattito che si è aperto con la condanna in primo grado del Sindaco e di altri esponenti della sua Amministrazione e con la successiva sospensione dello stesso Falcomatà in ottemperanza alla legge-Severino. Abbiamo preferito far trascorrere un po’ di tempo per vedere quali sarebbero state le conseguenze e le scelte concrete all’interno del mondo politico reggino in tutte le sue componenti, a partire naturalmente dai diretti interessati, e per aggiungere qualche nostra considerazione. Fin dal primo momento vari consiglieri d’opposizione, anche di forze ben diverse tra loro, hanno chiesto a Falcomatà di dimettersi. Hanno anche lasciato intravedere, alcuni di questi consiglieri, la possibilità di dimettersi intanto loro, per contribuire a dare uno scossone forte con un gesto altamente significativo, ma poi non l’hanno fatto. Anche nella maggioranza c’era stata inizialmente una certa maretta, ma poi tutto si è ricompattato. Recentemente “Reggio Futura”, con un’iniziativa pubblica, ha riproposto il tema delle dimissioni, evidenziando come Falcomatà abbia fra l’altro violato in due punti precisi il codice etico da lui stesso sottoscritto nel 2016. Quei due punti prescrivono che, in casi del genere, un’Amministrazione Comunale si costituisca parte civile e il Sindaco faccia un passo indietro”.
“Il nostro movimento – proseguono– è sicuramente di questo parere. Falcomatà avrebbe dovuto dimettersi nel momento stesso in cui è stato condannato. Si sarebbe dovuto dimettere perché l’etica è proprio questo, è essere e lavorare per una piena credibilità e trasparenza, senza “se” e senza “ma”, prima e al di qua di qualsiasi norma, prima e al di qua della sua istituzionalizzazione in un codice. Semplice e lineare: sono stato condannato, mi dimetto. E ciò sempre, e tanto più quanto maggiore è la responsabilità del posto che si occupa nella società. Lo affermiamo con piena libertà perché non ci muove niente di personale nei suoi confronti. E lo affermiamo senza nulla togliere alla presunzione d’innocenza e alla logica dei tre gradi di giudizio, sentendoci distanti più che mai dal giustizialismo tout court, dai processi mediatici e da strumentalizzazioni di ogni genere. Fin da quando siamo nati però, dodici anni fa proprio in questi giorni, abbiamo sempre richiamato l’assoluta necessità di ridare alla politica una coscienza e una dignità ormai smarrita da decenni, in particolare in quella che viene definita “politica dall’alto”, espressione che già di per sé dovrebbe preoccupare quanti l’hanno determinata. Ebbene, questa non è mai stata, a nostro giudizio, la lunghezza d’onda di Giuseppe Falcomatà e del modo di governare suo e dell’Amministrazione da lui guidata. Non solo per questioni come i rifiuti, l’acqua e le strade, che da sole basterebbero e avanzerebbero. Ma per l’incapacità di ascolto, per l’assenza di empatia, per il non sapersi mettere veramente in discussione, per l’atteggiamento di irraggiungibile istituzionalismo e di grande distanza dalle fasce più deboli – pensiamo alle case popolari e ai drammi irrisolti di tanta gente nel bisogno da tanti anni- che hanno polverizzato, in chi l’avesse avuta, l’idea che i giovani siano il cambiamento, e scusate se è poco. La conclusione di quest’esperienza è stata purtroppo del tutto coerente col resto del copione: dall’immediato annuncio del ricorso contro la sentenza al pronunciamento contro la legge-Severino, dalla repentina e brutale esautorazione di una persona come il Vicesindaco Tonino Perna – la cui disponibilità a collaborare con Falcomatà non abbiamo peraltro mai condiviso – all’arrogarsi la facoltà di scelta, quando ormai si andava verso una condanna, di un Sindaco Facente Funzioni a lui gradito, dal presentarsi ancora per qualche giorno come Sindaco Metropolitano al proclamare la sua volontà di girare fra la gente e fra i cantieri per essere presente il più possibile…Con in più voci diffuse su futuri progetti di candidatura in Parlamento (sulla base di quali meriti?)… Niente di illegale in questi colpi di coda, sia chiaro. Ma niente di etico. Solo vecchia politica. L’etica è un’altra cosa”, conclude il movimento reggino.